I difensori di Bossetti: «Dna, spiegare
i risultati sulla scorta dei dati grezzi»

Dodicesima udienza venerdì 6 novembre per il caso di Yara Gambirasio, delitto di cui è imputato Massimo Bossetti. In aula Fabiano Gentile e Nicola Staiti, ufficiali del Ris di Parma che hanno svolto le indagini sui reperti biologici.

Staiti e Gentile sono i due capitani che hanno svolto gli accertamenti nei luoghi chiave della vicenda: il cantiere, la palestra e il campo di Chignolo, oltre che sui reperti prelevati durante l’autopsia e sugli indumenti di Yara.

Nella mattinata in aula, interrogati dal pm Letizia Ruggeri, hanno spiegato tra l’altro di aver svolto 18 prelievi su una traccia di sangue repertata sugli indumenti di Yara, traccia che conteneva il Dna di «Ignoto 1» in «quantità importante». I due ufficiali hanno parlato anche della presenza di 5 tracce di sangue della vittima trovate sulle stringhe delle scarpe di Yara.

Staiti ha poi evidenziato che il profilo di Ignoto 1 «è perfetto, non c’è niente da discutere, chi è addetto ai lavori lo sa». Sulla possibilità che il profilo di Ignoto 1 possa appartenere a un altra persona, Staiti ha spiegato che esiste una possibilità su miliardi.

Nel controesame dei difensori di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sono tornati nuovamente all’attacco, hanno chiesto come mai «non sono stati approfonditi» gli accertamenti «sulla traccia trovata sulla manica del giubbotto di Yara», ma solo la traccia che ha portato a Ignoto 1, che tra l’altro «non era visibile a occhio nudo». I legali quindi, che già nelle scorse udienze avevano espresso i loro dubbi sulle indagini, hanno contestato i criteri di scelta delle analisi.

I difensori di Massimo Bossetti hanno chiesto ai giudici della corte d’assise di Bergamo che i consulenti del Ris siano sentiti sui risultati degli accertamenti sul dna sulla scorta dei «dati grezzi», una sorta di fogli di lavoro, in base ai quali hanno eseguito il loro lavoro. Si tratta dei «dati grezzi» che attestano il procedimento mediante il quale il Ris è giunto a stabilire che il Dna trovato sui leggings e sugli slip di Yara appartiene a Ignoto 1 e, invece, quello trovato sulla manica del giubbotto indossato della ragazza apparteneva a Silvia Brena, la maestra di ginnastica ritmica della tredicenne. I giudici si sono riuniti in camera di consiglio per decidere. In aula, nel pomeriggio, è arrivato anche il comandante del Ris di Parma, Giampietro Lago.

«Noi non stiamo facendo un processo alle indagini o a persone che non sono imputate - hanno spiegato i difensori -. Ma per difendere questa persona che è accusata del peggior reato, dobbiamo sapere quello che c’è intorno a quella macchiolina e mettere i nostri consulenti in condizioni di discuterne».

Intanto continuano le polemiche sul filmato dei carabinieri in cui vengono riassunti i passaggi del (presunto) furgone di Massimo Bossetti attorno al centro sportivo di Brembate Sopra. Ecco il commento del giornalista Vittorio Attanà su L’Eco di Bergamo del 6 novembre.

Polemiche che sono rimaste fuori dall’aula del processo a Massimo Bossetti. Leggi tutto qui

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