Contagi a Bergamo, nuovi e vecchi positivi
Perché i numeri non devono spaventare

Lunedì la provincia di Bergamo ha registrato 69 nuovi positivi, ma da dove arrivano questi nuovi contagi? Proviamo a dare una spiegazione.

I dati dei nuovi casi in provincia di Bergamo diffusi nel tardo pomeriggio di lunedì 15 giugno hanno fatto allarmare molte persone. La Bergamasca ha registrato più positivi rispetto a tutte le altre province lombarde: +69 in giorno con 13.897 casi dall’inizio dell’epidemia. L’Eco lo dice da tempo: sono numeri che vanno presi con le pinze. Non perché non siano veri, anzi, ma perché adesso hanno un significato estremamente diverso rispetto alle settimane clou dell’emergenza.

Prima di cercare di spiegare la portata di quei numeri che fotografano l’andamento giornaliero è meglio essere chiari: gli unici aggiornamenti che contano davvero in questo momento sono i dati dei nuovi ricoverati nelle terapie intensive, degli accessi al pronto soccorso causa Covid-19 e delle chiamate al 118 per problemi respiratori. Oltre, ovviamente, ai decessi. In provincia di Bergamo tutti questi indicatori si stanno azzerando.

Già a fine maggio Luca Lorini, primario del reparto di Terapia intensiva e Rianimazione del Papa Giovanni di Bergamo, aveva chiarito che in tutto il mese non c’era stato nemmeno un nuovo ingresso in terapia intensiva causa per Covid. Anche in pronto soccorso gli accessi per coronavirus sono quasi azzerati. Quindi molti ospedali bergamaschi, come già successo in altre province della Lombardia, presto diventeranno Covid-free.

Altro dato importante: i numeri diffusi da Areu (agenzia regionale emergenza urgenza) che mostrano le chiamate per motivi infettivi e respiratori sono scesi sotto le soglie di gennaio, pre emergenza. Quindi anche su uno dei fronti più esposti nel mese di marzo, quello delle case dove sono morte migliaia di persone, i dati dicono che la situazione è tornata alla normalità.

Ultimo, non per importanza: l’andamento dei decessi. Dopo le settimane tragiche, la curva della mortalità è finalmente scesa in linea con la media degli ultimi cinque anni. Anche il conto «ufficiale» di Regione Lombardia, che comprende solo i decessi di persone con tampone positivo, avanza a un ritmo molto basso. Lunedì, ad esempio, per la seconda volta in due settimane in provincia di Bergamo sono stati registrati zero morti ufficiali da coronavirus. Un’ottima notizia, che fa bene anche al cuore.

La domanda allora è: da dove arrivano questi 69 positivi? Rispondere non è così facile, perché Regione Lombardia, a differenza di altre Regioni, non fornisce una spiegazione precisa sulla provenienza dei casi. E in questo modo, purtroppo, alimenta la preoccupazione quotidiana dei cittadini che possono basarsi solo su una narrazione ormai schematica (e a questo punto fuorviante).

Sono davvero nuovi casi di positivi oppure vecchi contagi? Provengono dalle tante campagne di monitoraggio in rsa e ospedali o, ancora, per accertare la positività dopo il test sierologico positivo? Il dottor Paolo Spada dell’Istituto Humanitas di Milano, che ogni giorno spiega i dati lombardi sul sito ilsegnalatore.info, chiarisce perché la distinzione è importante: «Dopo due settimane dall’esordio dei sintomi, l’infezione da SARS-COV-2 si spegne, e nonostante rimangano a lungo tracce di RNA virale inattivo rilevabili al tampone, il virus non è più isolabile, non si replica, e il soggetto non è più contagioso. Viceversa, la contagiosità è presente a partire da 48 ore prima della comparsa di sintomi, sino a circa 7 giorni, per poi appunto ridursi e scomparire a 14 giorni. Questo vale anche per quelli che non avvertono sintomi, i cosiddetti asintomatici, con il problema aggiuntivo che essi sfuggono facilmente alla diagnosi e all’isolamento (attenzione però, di nuovo, a non confondere questi pazienti con tutti coloro che sono asintomatici al momento della diagnosi, ma la malattia l’hanno superata da tempo, e contagiosi non sono più)».

Per tutti questi motivi sarebbe fondamentale distinguere tra i contagi «vecchi» e invece le reali nuove infezioni. Negli ultimi giorni sembra che gli screening post campagne di test sierologici stiano alimentando, e non poco, il conto dei positivi. Regione lo precisa ogni giorno, senza però fornire ulteriori dati che contribuirebbero a fare ancor più chiarezza: «Partendo dal dato di fatto che la curva del contagio è in continua discesa, facciamo chiarezza sui nuovi positivi - ha detto l’assessore al Welfare Giulio Gallera -. Sul territorio lombardo è in corso uno screening sierologico ad ampio raggio e a breve partiranno anche i test mirati sia sulla bassa Val Seriana che su Brescia. Come sapete, per ogni sierologico positivo segue un tampone per essere sicuri che la malattia sia pienamente superata. Ciò sta permettendo di individuare anche i positivi asintomatici ma nel monte totale giornaliero implica un numero superiore di riscontri. La maggior parte dei casi riscontrati da test sierologico evidenzia un esito “debolmente positivo”: persone asintomatiche vicine ad essere negative che si individuano proprio grazie al test sierologico. Una situazione che secondo gli esperti può essere determinata dalla presenza pregressa del virus nell’organismo e non a nuove insorgenze. Queste persone sono comunque messe in quarantena fino a tampone totalmente negativo. Tutto ciò è fondamentale per il monitoraggio del territorio, il controllo dell’andamento del virus e a essere preparati in caso di necessità perché si amplia la platea di coloro che possono contribuire alla banca del plasma. Accanto al dato dei ’nuovi positivi’ appaiono in continua crescita i guariti e i dimessi dagli ospedali, nonché il dato degli ’Attualmente positivi’ che è in costante discesa». La frase chiave è «Una situazione che secondo gli esperti può essere determinata dalla presenza pregressa del virus nell’organismo e non a nuove insorgenze».

Sulla base di questa affermazione va considerato l’impatto degli screening sul territorio. In provincia di Bergamo, ad esempio, da lunedì è partita la campagna di monitoraggio promossa dal Comune di Bergamo che andrà a testare 50 mila persone nel giro di poche settimane. Giusto per dare un termine di paragone: dal 23 aprile al 3 giugno, quindi in più di un mese, Ats Bergamo ha refertato 20.369 test sierologici in tutta la provincia di Bergamo. Il Comune ne farà più del doppio, solo per i residenti in città. A questa campagna vanno ad aggiungersi le altre avviate sul territorio: quella, già iniziata, iniziata da Istat e ministero della Salute in 45 Comuni bergamaschi. E soprattutto i test lanciati da Ats per i cittadini di Albino, Alzano Lombardo, Nembro e di tutti i comuni della Bassa Val Seriana a cui «sarà offerta la possibilità di sottoporsi al test su base volontaria». È bene ricordarlo: se il sierologico evidenzia lo sviluppo di anticorpi, segnale che la persona ha contratto il virus, si deve procedere con il tampone nel minor tempo possibile.

Dagli screening, nelle prossime settimane, arriveranno quindi “nuovi” positivi, che in realtà - per usare le parole di Gallera - sono «persone asintomatiche vicine ad essere negative che si individuano proprio grazie al test sierologico». Quanti saranno? È possibile fare una stima sulla base dei risultati ottenuti dall’unico monitoraggio esteso svolto in un paese della provincia: San Giovanni Bianco. Lì solo lo 0,7 % dei cittadini che si sono sottoposti al test sierologico è risultato poi positivo al tampone. Se la campagna del Comune di Bergamo avesse le stesse percentuali, nelle prossime settimane emergerebbero 350 nuovi casi solo in città . Si tratta ovviamente di una stima, perché molto dipende dalle persone che si stanno presentando.

Quindi sono positivi «poco importanti»? No, anzi. Tutte queste persone infatti saranno messe comunque in quarantena in attesa del doppio tampone negativo. In questo modo viene annullata la flebile possibilità che possano trasmettere il virus. È il famoso Testing delle 3T: Testing, Tracing e Treating. Un testing anomalo, perché svolto solo dopo le campagne con i sierologici che non devono avere come obiettivo principale l’individuazione di nuovi casi sul territorio, ma lo studio di come si è sviluppata l’epidemia all’interno di una popolazione.

Nonostante il vero allarme sia ormai alle spalle, come dimostrano i dati di terapie intensive ed ospedali, è bene non abbassare la guardia e mantenere tutti gli accorgimenti che sono stati fondamentali per tenere sotto controllo il virus. In Lombardia la curva del contagio si sta abbassando lentamente per tutti i motivi spiegati, ma solo con l’utilizzo di mascherine e gel igienizzante si può abbattere il rischio che nuovi focolai si sviluppino, ora che tutti i cittadini sono liberi di uscire senza nessun tipo di restrizione. Purtroppo il virus non è magicamente scomparso: la battaglia non è ancora conclusa. Il traguardo degli zero contagi è ancora lontano.

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