«Sostegni economici e regole certe»
Ecco il manifesto dei ristoratori bergamaschi

«A brevissimo io non apro e lo Stato mi sostiene, a breve: io posso riaprire nel rispetto delle regole come in tutti gli altri settori». Ecco il manifesto dei ristoratori e dei pubblici esercizi bergamaschi.

Ascom Confcommercio Bergamo e Confesercenti Bergamo presentano il «Manifesto delle richieste dei ristoranti e dei pubblici esercizi bergamaschi», documento nel quale vengono messe in evidenza tutte le richieste del settore da sottoporre al Governo, compatibilmente con la crisi in atto. Il manifesto, presentato in una conferenza stampa online a cui hanno partecipato anche alcuni parlamentari bergamaschi - Elena Carnevali, Rebecca Frassini, Alessandra Gallone, Simona Pergreffi, Daisy Pirovano, Alberto Ribolla - e i presidenti di categoria, è stato lanciato in concomitanza con la manifestazione «Io Apro», dalla quale le due Associazioni si dissociano, e vuole essere il contributo per la ripresa delle attività, anche in un periodo di pandemia.

«Come premessa doverosa noi crediamo che il Governo debba capire, in primo luogo, che il settore della ristorazione fa parte della cultura di questo Paese: la ristorazione è fondamentale per la capacità di accoglienza nelle nostre città, per la vivacità delle nostre vie, per l’importanza economica che ha nella filiera agroalimentare, essendone il principale sbocco». Inizia così il documento e manifesto stilato dalle associazioni di categoria condiviso e firmato da Roberto Amaddeo, presidente Fiepet Confesercenti Bergamo, Giorgio Beltrami, presidente Pubblici Esercizi Ascom Confcommercio Bergamo e Petronilla Frosio, presidente dei Ristoratori Ascom Confcommercio Bergamo.

«Le nostre Associazioni conoscono bene la rabbia e lo scoramento degli imprenditori che quotidianamente ci chiamano per sfogarsi e avere in cambio spesso solo qualche parola di conforto; il nostro impegno è cercare di tenere canalizzata questa rabbia e indirizzarla verso un obiettivo positivo e comune.Il mondo della ristorazione e tutta la filiera hanno bisogno di programmazione, certezze e investimenti continui. Le aziende del settore non possono strutturalmente accendersi a singhiozzo e, se non possono lavorare, hanno bisogno di essere aiutate a stare in vita».

«Noi riteniamo che questo non sia il momento della disobbedienza e del tutti contro tutti, né quello della facile strumentalizzazione politica. Inoltre, le nostre Associazioni si dissociano per statuto da ogni forma di protesta che preveda come modus operandi l’infrangere le leggi. Quindi vogliamo tenacemente rimanere fedeli a noi stessi e continuare a credere nel duro lavoro del dialogo costante, e speriamo produttivo, con le Istituzioni».

«Vogliamo svolgere il nostro ruolo di rappresentanza fino in fondo e coinvolgere tutti gli imprenditori responsabili in un percorso democratico di ricerca delle migliori soluzioni a favore di tutti. Per scendere quindi nel concreto crediamo che i provvedimenti suggeriti di seguito possano davvero segnare una svolta per la categoria e segnare un piccolo grande passo nella giusta direzione in attesa che le condizioni esogene possano migliorare».

Ecco le proposte
1) Stanziare, nell’immediato, un ristoro significativo perché i piccoli imprenditori e i loro familiari fanno parte del gruppo, ormai grande, dei nuovi poveri; i fondi servono per salvaguardare posti di lavoro altrimenti persi definitivamente;
2) Spostare a fine anno la scadenza della moratoria sui mutui precedenti alla pandemia. La scadenza attuale è il 30 giugno 2021 ma, considerato che la situazione non è migliorata, riteniamo sensato sospendere i mutui fino a fine anno;
3) Raddoppiare il periodo dei mutui concessi con la garanzia dello Stato, in modo da dimezzare la rata e dare più respiro finanziario alle imprese, colte da questa tragedia pandemica nel loro miglior momento di investimento;
4) Ammettere ai ristori (come già accaduto a novembre) anche le imprese con fatturato superiore ai 5 milioni, paradossalmente trascurate dal primo decreto bilancio;
5) Entro breve riapertura delle imprese con regole certe e programmazione a lungo termine. Troppo semplice e insostenibile la chiusura delle attività. Servono regole che superino il concetto di coprifuoco, che è sbagliato, anche perché, nel rispetto delle regole, il virus non si trasmette di notte anziché di giorno. È necessario individuare una modalità di servizio che risolva il problema di discriminazione del settore, rispetto a quello degli altri settori produttivi. Serve ripristinare condizioni che aiutino ad un recupero fisico e psicologico dei cittadini e degli imprenditori, rispetto a quanto stanno subendo da mesi. È necessario il superamento della politica di on/off che da un anno non ha risolto il problema della pandemia e ha impoverito il Paese; non è pensabile che questo metodo possa continuare a lungo;
6) Sgravi sul costo del lavoro per chi, quando si riprenderà la normalità, avrà mantenuto il 60% della forza lavoro rispetto al dicembre 2019;
7) Mantenere i crediti d’imposta per gli affitti, per le spese di adeguamento di sanificazione dei locali e di trasformazione digitale dell’impresa che consentono, tra l’altro, di investire nel delivery;
8) Allungare il periodo della cassa integrazione o consentire i licenziamenti prevedendo indennizzi di disoccupazione.

«Il primo e il quarto punto sono le risorse necessarie per la sopravvivenza delle imprese, soprattutto delle più significative del settore che trascinano con sé gran parte del settore agroalimentare. Il secondo e il terzo invece non comportano spese finanziarie da parte dello Stato, ma aiuterebbero le imprese che hanno investito, dando occupazione e che hanno pagato le tasse. I restanti punti sono per la tenuta del settore di un settore allo stremo fino alla sua ripartenza» spiegano le associazioni di categoria.

 «Non stiamo solo chiedendo contributi e ristori a fondo perduto, ma anzi cerchiamo di costruire un futuro sostenibile per una categoria che in questi anni, grazie anche ai numeri del turismo, è cresciuta in professionalità, ha investito moltissimo e di questa crescita, siamo sicuri, ne ha beneficato tutto il Paese - concludono -.I locali pubblici non sono solo luoghi dove si mangia ma esperienze comunitarie e culturali. Sono la vita di un Paese, il nostro in particolare».

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