Da 10 anni l’emergenza passa dal 112
«In Bergamasca 3,7 milioni di chiamate»

Il numero unico consente di organizzare al meglio tutti gli interventi di soccorso. Garzena, responsabile della centrale: «Per il coronavirus abbiamo fatto uno sforzo sovrumano»

La «rivoluzione» è squillata dieci anni fa, oggi. Erano le 14,15 del 21 giugno 2010 quando partiva ufficialmente la centrale del 112 (inteso come numero unico di emergenza, acronimo Nue) di Varese, la prima in Italia, su impulso di una direttiva europea. Attorno a quelle tre cifre, che prima tutti associavano solo ai carabinieri, passo dopo passo si è avviato un servizio che ha concentrato tutta la rete dell’emergenza, ottimizzandola: Varese poi smista le chiamate alle centrali di secondo livello – cioè i soccorsi sanitari, le forze dell’ordine o i pompieri – territorialmente competenti. È dalla centrale unica di risposta (Cur) 112 di Varese che passano le chiamate relative alla provincia di Bergamo, oltre che quelle di Como, Lecco e Monza.

«Non dimenticheremo mai la prima chiamata, un’emergenza sanitaria. Era tutto nuovo, ma alle spalle c’era un grande lavoro, a partire dalla solida base del 118 della Lombardia, in particolare grazie all’impegno del direttore generale Alberto Zoli», racconta Guido Garzena, medico anestesista-rianimatore, responsabile della centrale di Varese. Da quel giorno, di chiamate ne sono arrivate 15 milioni. La media di attesa alla risposta è inferiore ai 5 secondi. L’azione di filtro, cioè la quota di chiamate non inoltrate perché non pertinenti, è del 61%. Da Bergamo, le cui telefonate al 112 hanno agganciato la centrale varesina il 6 novembre 2012, il totale delle chiamate è di 3,7 milioni di «squilli»: il 40% ha riguardato l’emergenza sanitaria, il 40% l’intervento delle forze dell’ordine, il 20% i vigili del fuoco. Il valore aggiunto di un’unica centrale, spiega Garzena, va letto in una duplice ottica: «Da un punto di vista pratico, l’azione di filtro è fondamentale: permette di inoltrare al secondo livello solo le chiamate “concrete”, per gestirle al meglio. L’altro aspetto è organizzativo: è stato messo a punto un sistema efficiente di localizzazione e di presa in carico. Questo sistema pubblico è in grado di dare sempre risposte, e di raccogliere l’esigenza del cittadino senza mollare l’osso sino a quando qualcuno non risolverà il suo problema».

Il decennale cade in uno scenario inimmaginabile. Il segno lasciato dalle settimane più critiche del Covid resterà impresso nelle menti di tutti. Dalle 4 mila chiamate quotidiane di media, si è balzati a 15 mila: «È stata evidentemente una situazione di emergenza straordinaria, che ci ha portato a rimodularci sui più alti livelli da un punto di vista procedurale e tecnico, per dare garanzia di risposte. Abbiamo formato in tempi rapidissimi nuovi operatori, abbiamo fatto uno sforzo sovrumano per dare risposte a tutti, o per tentare di dare risposta a tutti: sono stati giorni di estrema difficoltà, non lo nascondo, soprattutto all’inizio – ricorda Garzena -. Non dimenticheremo mai tutte le chiamate ricevute. Ciò che abbiamo sentito. Chiamate che non si cancellano. L’eredità positiva è però quell’insieme di procedure e tecnologie che ci ha portato a strutturarci per essere pronti a qualsiasi altra catastrofe analoga». Il futuro è sempre più votato alla tecnologia: «Where Are U», l’app che permette di chiamare il 112 inviando automaticamente la geolocalizzazione e altre informazioni, è oggi uno strumento fondamentale; si sta sperimentando anche l’eCall, ovvero quel dispositivo («scatola nera») inserito nelle macchine di nuova immatricolazione in grado di inviare alla centrale unica di risposta una serie di dati che consentano di dare le prime informazioni utili per i soccorsi in caso di incidente.

«Questa ricorrenza per tutti noi particolarmente significativa – conclude Alberto Zoli, direttore generale di Areu, l’Azienda regionale di emergenza-urgenza -. Il pensiero va al 21 giugno di dieci anni fa, che rappresentava un traguardo inimmaginabile fino a pochi anni prima. Eravamo riusciti a far partire un servizio unico, così come l’Europa ci chiedeva. Da allora quanto impegno, quanto lavoro, quanta fatica ma anche quante soddisfazioni. Non posso che ringraziare i responsabili del servizio, il dottor Guido Garzena anzitutto, ma anche Gabriella Somaini e tutti, ma proprio tutti, gli operatori, cui va la mia profonda stima. Oggi possiamo contare su un servizio di eccellenza, e il merito è di tutti loro».

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