Il faggio più grande della provincia
spazzato via dal super nubifragio - Foto

Un pezzo della storia botanica di Bergamo se l’è spazzato via il nubifragio di domenica 26 giugno. Il maestoso faggio del parco Marenzi, è stato abbattuto dal temporale.

Quel «fagus sylvatica» era l’esemplare più grande di città e provincia con i suoi oltre 7 metri di circonferenza, la sua chioma da 18 metri e i suoi 35 metri di altezza. Di lui si può leggere anche nel volume «I grandi alberi. Monumenti vegetali della terra bergamasca» a cura di Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto botanico di Bergamo che ci ha dato qualche informazione in più sull’albero: «Il faggio aveva sicuramente l’età del giardino, perché era cresciuto su un manufatto, un grottone – spiega Rinaldi –. Dalle descrizioni catastali si può vedere come tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 alcuni broli si trasformarono i giardini. Succedeva anche al parco Romilli-Greppi, oggi parco Marenzi. Il faggio abbattuto avrà avuto tra i 150 e i 200 anni, ne sono note la bellezza del fogliame, la maestosità e l’armoniosità scultorea delle forme, sia spoglio che in vegetazione».

Nel volume dedicato agli alberi monumentali, Rinaldi scriveva come «l’esemplare al parco Marenzi dimostrasse una capacità di sopravvivenza straordinaria, considerato che si è sviluppato sopra un manufatto». Il temporale l’ha spezzato, chissà che ora non si pianti un nuovo faggio: «Con la fine di questo albero monumentale la città è più povera – commenta il direttore dell’Orto botanico –. Bisogna ragionare in termini di trasmissione di patrimoni tra generazioni diverse per poter vedere questi esemplari: se piantiamo un faggio adesso, lo godremo nella sua massima magnificenza tra 4 o 5 generazioni».

Per Rinaldi gli alberi sono pezzi di città e ogni volta che uno si ammala e muore, è un fatto da ricordare: «Un altro albero monumentale che purtroppo non c’è più è il cedro del libano che c’era avanti a Porta San Giacomo – ricorda Rinaldi –. Quando è stato decretato che era malato e poi è morto, ha lasciato il segno nel paesaggio di Bergamo». Il nubifragio ha provocato danni anche alla sezione dell’Orto botanico di Astino, la valletta è infatti nell’epicentro del fenomeno che si è registrato in città domenica sera. Ma i danni fortunatamente sono contenuti: «Nelle scorse settimane il problema era la grandine che aveva rovinato pomodori e legumi, abbiamo dovuto ricominciare con le semine – spiega Rinaldi -. In questo caso c’è stata una grande massa d’acqua che ha spostato la ghiaia su percorsi, si è rovinato un po’ il cancello, i danni sono molto limitati per quanto riguarda le collezioni, poteva andare peggio. Ora dobbiamo pensare a regimentare meglio le acque di deflusso, i vecchi sistemi così come erano concepiti nella valletta di Astino, non sono all’altezza di questi picchi di piogge così intensi».

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