Istat: a Bergamo morti quintuplicati
Ecco i dati Comune per Comune

Il 7 marzo è il giorno in cui i decessi hanno iniziato ad impennarsi in quasi tutti i Comuni della provincia. Ora la curva sembra tornare verso i livelli di un anno fa. Negli ultimi giorni in città una media di «soli» 9 morti.

Il 7 marzo. È il giorno del non ritorno per la provincia di Bergamo. Sì, l’emergenza c’era anche prima, ma da quella precisa data la situazione ha iniziato a precipitare verso la tragedia collettiva che ha toccato quasi tutte le famiglie bergamasche. Dal 7 marzo la curva dei decessi reali ha iniziato a impennarsi in modo tanto veloce quanto anomalo. Un dramma raccontato ogni giorno da L’Eco, che ha deciso di lanciare un’indagine tra i Comuni per svelare la cifra esatta delle morti avvenute nel mese di marzo. Sono 5.700, di cui 4.800 riconducibili al coronavirus. Quasi sei volte in più di un anno fa. I numeri ufficiali invece dicono al 31 marzo erano 2.060 i decessi certificati positivi al Covid-19. Oggi sono 2.835.

Dal giorno in cui sono stati svelati i numeri reali tutta Italia ha preso coscienza che in provincia di Bergamo il virus ha colpito in modo devastante, più che in tutte le altre province italiane. Ora la conferma arriva anche dall’Istat, che ogni giovedì da tre settimane pubblica l’aggiornamento della mortalità nei primi tre mesi dell’anno. I dati pubblicati dall’istituto nazionale di statistica riguardano solo i Comuni che da inizio 2020 hanno registrato più di dieci decessi e dove la mortalità è cresciuta di almeno il 20% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Non ci sono tutti i Comuni italiani, solo 1.689, e nemmeno tutti i Comuni bergamaschi, anche se la provincia è tra le più rappresentate. Per tutti questi limiti è quindi impossibile misurare l’impatto effettivo del coronavirus a livello nazionale, ma questi dati sono molto indicativi per cercare di capire cosa è successo nelle province e nei singoli Comuni.

A Bergamo, ad esempio, nel 2019 le persone morte tra marzo e la prima settimana di aprile erano state 141, mentre nel 2020 sono quintuplicate, fino a diventare 729. Allungando il periodo di analisi dall’inizio dell’anno invece il divario scende anche se è comunque molto evidente: dai 398 morti di un anno fa ai 983 di quest’anno. Più del doppio, tenendo conto che nel monitoraggio rientrano anche più di due mesi «normali». Lo stesso distacco si può notare in tutti i Comuni bergamaschi che rientrano nel database Istat, con i picchi maggiori - fino a venti volte il dato del 2019 - registrati in Valle Seriana e Brembana, mentre in molte realtà della Bassa sembra che il coronavirus abbia inciso meno sulla mortalità.

La curva che fa ben sperare è invece quella relativa all’andamento giornaliero. All’impennata di decessi di inizio marzo è seguito il picco nella terza settimana e la linea poi ha iniziato a scendere fino a (quasi) i livelli di un anno fa. Lo dimostrano anche gli ultimi aggiornamenti dall’ufficio anagrafe di Palafrizzoni: negli ultimi giorni la media è di 9 certificati di morte al giorno, ieri 13. Niente a che vedere con i 93 di meno di un mese fa.

Allargando l’analisi alla Lombardia e al resto d’Italia emergono dati molto interessanti, come evidenzia l’analisi realizzata da Lorenzo Ruffino di YouTrend: le dieci province più colpite si trovano in gran parte in Lombardia. La prima è Bergamo, al secondo posto c’è Cremona con una crescita di 1.201 decessi, il +352%, e al terzo posto Lodi, dove tutto è iniziato, con una crescita del 306%. Ma a quadruplicare i decessi c’è anche la provincia di Piacenza in Emilia-Romagna, una delle più colpite secondo i dati della protezione civile, che nei 25 comuni considerati passa da 255 a 1033 decessi (+305%). Guardando alla distribuzione geografica a livello regionale, si nota che nei 622 comuni lombardi considerati da Istat ci sono stati 12.576 decessi in più rispetto allo scorso anno, un aumento del 174%. In Emilia Romagna, dove sono presi in considerazione 173 comuni su 328, l’incremento di mortalità è pari a 2.818 (+92%). In Piemonte, dove i comuni sono 201 su 1181 (e manca la città di Torino), si passa da 2.010 a 3.518, una crescita di 1.511, +75%. Qui in provincia di Bergamo non ce n’era bisogno, ma questi numeri confermano che il coronavirus non è nemmeno lontanamente paragonabile a un’influenza.

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