La tradizione di Sant’Antonio - la storia
Benedizioni e «biligòcc» - il programma

Si rinnova giovedì 17 gennaio, nella chiesa-cappella vescovile dei Santi Marco e Maria in via Locatelli, l’antica festa di Sant’Antonio abate.

Il santo eremita del deserto visse in Egitto tra il 250 e il 356. Intorno alla sua festa si sono cementate tradizioni molto care alla gente, come la benedizione di animali e veicoli e la vendita delle castagne affumicate, note come «biligòcc».

Questo il programma delle celebrazioni: Messe alle 7,30, 10 (solenne), 13, 17 e 18,30. Alle 16 Rosario meditato. All’esterno della chiesa, dalle 7,30 alle 18,30, benedizione di moto, autovetture e animali, con la distribuzione dell’immaginetta. Inoltre, nella zona di piazza Dante saranno allestite le tradizionali bancarelle.

Fino a un passato recente, Sant’Antonio abate era invocato come protettore dei lavori dei campi, degli animali e contro le malattie contagiose, come l’herpes zoster, popolarmente nota come «fuoco di Sant’Antonio».

Un tempo, nel giorno della festa giungevano in questa chiesa persone provenienti anche da paesi distanti per far benedire gli animali e il sale destinato alla loro integrazione alimentare o a scopo terapeutico. Malgrado il dissolversi della civiltà contadina, la devozione a Sant’Antonio si mantiene ancora vivace.

La devozione alla figura di Sant’Antonio ha numerose sfaccettature e tradizioni. Il santo viene presentato come modello per la ricerca di silenzio, preghiera e penitenza. Viene anche invocato per ritrovare oggetti smarriti e un tempo anche dalle ragazze in cerca di marito.

Oggi molti fedeli accendono un cero per invocare la conferma di un lavoro precario o la speranza di trovarlo per chi è disoccupato. Il culto di Sant’Antonio abate fu introdotto a Bergamo nel XIV secolo grazie ai frati Antoniani che officiavano nell’attuale chiesa di via Locatelli, che allora era inglobata nell’ospedale cittadino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA