«L’etica del lavoro, la dignità e la sostenibilità siano al centro delle scelte economiche»

LA RIFLESSIONE. Stefano Remuzzi, Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi: «Tutti ci dobbiamo responsabilizzare per costruire una società più giusta. Il 1° maggio non sia semplicemente un passaggio celebrativo».

Bergamo

Sentendoci tutti responsabili nel dover fare la nostra parte, desideriamo che il momento del 1° maggio non sia semplicemente un passaggio celebrativo, ma possa davvero vederci uniti dentro ad un cammino di custodia e di crescita rispetto a quel grande bene comune che è il lavoro nell’ambito di quella cultura del «fare», che è parte integrante del nostro tessuto produttivo. Abbiamo infatti vissuto la Celebrazione Eucaristica con il Vescovo Francesco nel contesto di una realtà importante del nostro territorio. La Messa è stata celebrata negli spazi del Mercato Ortofrutticolo di Bergamo in Via Borgo Palazzo, luogo di grande lavoro e sacrificio a servizio dei cittadini e delle cittadine della nostra città e della nostra provincia.

Quest’anno il messaggio dei Vescovi italiani del primo maggio ci riporta una serie di riflessioni sulle diverse questioni che investono il mondo del lavoro: il tema dello smart working, che da dopo la pandemia è rimasto un elemento di attenzione, la questione della crisi demografica, che vedrà sempre meno lavoratori nel nostro paese, il tema del mismatch tra la formazione scolastica e la domanda del mercato, la questione di genere e quella del grande problema sempre più presente dei working poor ovvero il tema del lavoro povero. Questa riflessione sulla Festa dei Lavoratori, nel contesto dell’Anno Giubilare, tocca temi fondamentali riguardanti la condizione del lavoro, le sue sfide e la sua rilevanza per il bene comune. In particolare, il testo richiama l’importanza del lavoro come una delle chiavi centrali della questione sociale, sottolineando come esso non sia solo un mezzo per guadagnarsi da vivere, ma un elemento essenziale della dignità umana.

Sono tutti temi molto significativi che vanno affrontati in una logica di insieme o, come piace a Papa Francesco, in una logica integrale. Ognuno di questi elementi infatti non investe solamente ed isolatamente la sfera del lavoro ma va ad intercettare una serie di ambiti di vita delle persone. Il tema dell’abitare e della casa, quello delle relazioni e del bilanciamento dei tempi di vita, la questione dell’immigrazione, il grande tema della formazione e della preparazione dei nostri giovani al mondo del lavoro e allo stesso tempo l’opportunità di formazione continua e permanente ai lavoratori già attivi ed infine il tema generale della costruzione di un futuro; senza tralasciare la grande instabilità geopolitica che stiamo vivendo in questi ultimi anni e che influisce anche sul mercato del lavoro.

«Serve una visione integrale di quello che circonda il lavoro»

Come potete vedere non possiamo parlare di lavoro pensando «solo» al lavoro ma serve una vera visione integrale e una messa a sistema di quello che ci circonda. Solo attraverso una visione «complessa», potremo trovare soluzioni possibili. Le intuizioni di alcuni economisti da cui Papa Francesco ha preso spunto per la su «Economy of Francesco», ci richiamano ad un diverso modello economico che prende il nome di Economia Civile. Una delle caratteristiche principale dell’economia civile e dell’economia di Francesco è proprio quella di mettere insieme le diverse sfere che circondano il tema economico ma anche quello sociale, dove il dono e la reciprocità diventano la chiave per una nuova economia basata non solo sugli aspetti puramente economico/finanziari ma anche su quelli di ordine sociale.

Il messaggio dei Vescovi per il 1° maggio 2025 ci ricorda inoltre che t utti siamo chiamati a responsabilizzarci. Le imprese e i consumatori devono fare la propria parte nella costruzione di una società più giusta, dove l’etica del lavoro, la dignità e la sostenibilità siano al centro delle scelte economiche. La mano invisibile del mercato non basta; è necessaria la nostra mano visibile, la nostra partecipazione attiva per trasformare le sfide in opportunità di speranza e di crescita. In sintesi, il lavoro deve essere visto come un elemento fondante della dignità umana, un luogo di realizzazione personale e di giustizia sociale. La speranza non nasce da un mondo perfetto, ma dalla nostra capacità di lottare per renderlo migliore, partendo proprio dal lavoro, da una visione più giusta e solidale.

*Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Bergamo

© RIPRODUZIONE RISERVATA