Una bergamasca all’Europarlamento
«L’Unione europea colpita al cuore»

Cristina Castagnoli, bergamasca e funzionario del Parlamento europeo a Bruxelles, vive e lavora nella zona colpita dagli attentati. Ecco la testimonianza che ci ha inviato.

Sirene, elicotteri, cellulari che non funzionano. Così si è svegliato ieri il quartiere delle istituzioni europee. Io stavo per accompagnare mio figlio Alessandro in aeroporto, destinazione Bergamo, per le vacanze di Pasqua dai nonni. Alessandro e la tata sono riusciti a partire, ma al ritorno nel quartiere comunitario, un inferno.

Hanno colpito non solo l’aeroporto di Zaventem, in pieno periodo di partenze pasquali, ma hanno voluto sfregiare per la prima volta le istituzioni europee al cuore. Le stazioni di Malbeek, Schuman e Arts-Loi sono quelle dei funzionari, e a quell’ora l’intento era colpire proprio noi. Al telefono una collega vede persone ferite che scappano dalla buca del metro in fiamme, brandelli di carne dappertutto. La Dg Mare, con sede proprio sopra la fermata di Malebeek, accoglie i feriti. Colleghi sono in ospedale, o feriti o sotto choc. Il presidente del Parlamento manda un messaggio di restare in ufficio per chi c’è, e per gli altri di restare a casa. I bambini sono bloccati nelle scuole. Girano richieste di sangue negli ospedali e di passaggi a casa per chi abita fuori Bruxelles. Si organizzano gruppi Facebook di car sharing. Un’amica dice di non aver preso il metro grazie al mio messaggio di Facebook. Ma perché sta succedendo questo inferno?

Il Belgio per 40 anni ha avuto una bellissima politica di apertura, in cui tutti arrivavano e potevano ricreare il proprio ambiente a Bruxelles. Ed è una cosa che fa onore al Belgio. Nessuno si sente immigrato a Bruxelles, la cosmopolita. C’è il quartiere degli expat parigini, quello dei funzionari europei, quello dei borghesi belgi, quello dei congolesi, quello turco e quello di Molenbeek. Peccato che questa politica di tolleranza si è trasformata negli ultimi 20 anni in politica dello struzzo, di non voler vedere quello che stava succedendo a Molenbeek.

Una specie di «pax» non detta e non negoziata per cui le autorità non andavano a impicciarsi di cosa succedesse a Molenbeek. Qualcuno ricorda che il Comandante afghano Massud è stato assassinato il 9 settembre del 2001 da due finti giornalisti di Molenbeek? Quindici anni fa! E guarda caso negli attentati degli ultimi anni in Europa c’era sempre Molenbeek di mezzo.

Il fatto che il ricercato numero uno europeo Salah Abdeslam se ne sia stato per 4 mesi a 500 metri da casa sua la dice lunga su come sia la situazione a Molenbeek. È la Corleone di Totò Riina, con omertà e solidarietà per i terroristi.

Solo che il Belgio non ha esperienza di antimafia o di terrorismo come l’Italia e non ci sono le misure minime per salvaguardare i cittadini. Ancora ieri il mio stagista ha potuto comprare una carta telefonica prepagata senza dare la carta di identità. E l’intelligence non funziona, gli stati europei non si passano ancora le informazioni riservate.

Ora il Belgio è stato obbligato ad agire dopo Parigi, con una fortissima pressione internazionale, in particolare dalla Francia. Ora ci sono centinaia di fanatici disperati, pronti a farsi saltare in aria nelle nostre case, nelle nostre scuole, nei nostri metro, nei nostri uffici. Sono qui e sono cellule dormienti ed ora, a differenza del passato, sono braccati. E reagiscono e reagiranno.

Come vivere così? Con la vita itinerante che facciamo, dovremo avere fortuna. Io dovevo essere a Zaventem domani mattina alla stessa ora degli attentati. Malbeek è la mia fermata di metro, Schuman la mia fermata per 8 anni ! Ci sono colleghi in ospedale e forse altri morti. Per la prima volta colpiscono volutamente le istituzioni europee. Prima pensavamo di essere tutelati e al di fuori, ora siamo un obiettivo facile e indifeso. Ed io, cosa rispondo a mio figlio di 6 anni che mi chiede perché?

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