L’Università in carcere: potenziata la collaborazione in via Gleno

Ora anche l’Università degli studi di Bergamo potrà vantare il Polo universitario penitenziario, ossia una serie di servizi specificamente rivolti a studenti privati della libertà personale a seguito di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

L’iniziativa si pone l’obiettivo di superare le barriere che la detenzione inevitabilmente genera durante la frequenza universitaria. Quando si è in carcere, ad esempio, pagare le tasse online può rappresentare un problema, così come recarsi a ricevimento da un docente o contattarlo per avere chiarimenti sul programma di studio. Può essere complesso anche ottenere libri per lo studio se non si ha una famiglia alle spalle in grado di garantire un sostegno economico e un supporto pratico-operativo.

Proprio a risolvere questi problemi concreti mira il Polo penitenziario che vuole garantire un supporto specifico nelle attività accademiche. Si tratta di una delle prime iniziative a cui il rettore Sergio Cavalieri aveva posato lo sguardo fin dall’inizio del suo mandato: «La creazione del Polo universitario presenta indubbiamente un alto valore sociale e proietta l’Università di Bergamo fra quei pochi Atenei – 24 ad oggi – che offrono tali servizi. Entrerà così nella Conferenza Nazionale dei Poli Universitari Penitenziari (Cnupp), nata nel 2018 e negli anni divenuta centro di riferimento anche per tutte le attività riguardanti ricerca e terza missione in tema di carcere. Si tratta dunque di un’importante formalizzazione che valorizza l’oramai trentennale impegno dell’Università in questo ambito con numerose attività realizzate in istituto – laboratori di didattica, seminari, convegni, rappresentazioni teatrali – caratterizzando in senso sociale il nostro impegno sul territorio».

Secondo Elisabetta Bani, prorettrice alla Terza Missione e ai Rapporti con il territorio, infatti, «la creazione del Polo penitenziario ci consentirà di valorizzare ancor più le tante attività che da sempre svolgiamo all’interno dell’istituto e le tante collaborazioni in essere, come le attività formative rivolte a detenuti sui temi della giustizia riparativa e, ad esempio, svolte in collaborazione con l’Ufficio di giustizia riparativa di Caritas bergamasca».

Il Polo penitenziario attua dunque il diritto allo studio anche per chi sia privato della libertà, come precisa Anna Lorenzetti, associata di Diritto costituzionale e delegata del Rettore sul tema: «È nella quotidianità che il Polo penitenziario interverrà offrendo sostegno specifico agli studenti privati della libertà personale e inverando il senso costituzionale della pena come orientata al recupero della persona. Potersi iscrivere all’università rappresenta per molti una salvezza, rappresenta la possibilità di riempire il vuoto del tempo, proiettandosi verso un riscatto possibile, verso una vita futura diversa, verso una possibilità di reinserimento una volta riacquistata la libertà, dunque un obiettivo salvifico, in un contesto certamente complesso».

Ma le collaborazioni fra Carcere e Università non nascono oggi. Come ricorda Lorenzetti infatti: “Da oltre trent’anni, si sperimentano modelli pedagogici, in carcere, per formare educatori e operatori del sociale, con l’incessante opera di Ivo Lizzola».

Proprio Ivo Lizzola, ordinario di pedagogia generale e sociale interviene ricordando come «il Polo Universitario è l’ultimo frutto, il più rilevante sul piano istituzionale, di una maturazione del rapporto tra Casa circondariale e Università di Bergamo. Si pone accanto ad un lavoro che dura da molti anni sul piano formativo e di realizzazione di circle riparativi tra cittadini, studentesse e studenti e persone detenute. Che ne costituirà la cornice».

Anche Valentina Lanfranchi, già presidente di Carcere e territorio e oggi garante dei detenuti del Comune di Bergamo, esprime parole di plauso per l’iniziativa:«Mi sembra davvero significativa la creazione di un Polo penitenziario a Bergamo che conferma l’attenzione che il nostro territorio ha sempre rivolto al carcere e alle persone che vi sono recluse. Da sempre, anche il volontariato bergamasco ha svolto un ruolo fondamentale all’interno dell’istituto. Da oltre trent’anni, in particolare, “Carcere e territorio” - di cui sono stata presidente per anni - è stato un attore di primo piano sul tema creando sinergie fra il dentro e il fuori dal carcere. In questo senso, mi sembra che la creazione del Polo di Bergamo confermi la forte attenzione al sociale che l’Università di Bergamo ha sempre avuto sul tema e come Garante comunale non posso che plaudere all’iniziativa, ricordando come la base per un vero recupero degli ospiti della casa circondariale parte dalla scuola, dal sapere, dalla cultura e dalla ricerca».

La già forte e solida collaborazione fra l’Ateneo orobico e l’Istituto penitenziario intitolato all’indimenticato Don Fausto Resmini, si rinsalda ancor di più, come conferma il Direttore dell’Istituto Don Resmini-CC Bergamo, Teresa Mazzotta: «Come direttore dell’Istituto sono davvero lieta che le tante iniziative condotte negli anni dall’Università abbiano trovato un così importante coronamento. Lo studio può davvero rappresentare per molti un’occasione di riscatto e il poter contare su una rete di servizi pensati ad hoc, di certo agevolerà ogni attività per gli studenti detenuti. Posso quotidianamente verificare l’importanza per i detenuti degli incontri e dei dibattiti che organizziamo nell’ambito delle attività trattamentali e ampliare queste possibilità rappresenta un valore sociale straordinario, a conferma dell’attenzione che l’Università ha sempre avuto sul tema».

Chiosa il rettore Cavalieri: «Anche se i numeri dei potenziali interessati sono molto contenuti, tengo a sottolineare l’importanza di questa iniziativa sul piano simbolico, che ancora una volta valorizza il ruolo della nostra Università come soggetto attento e in ascolto dei bisogni del territorio su un tema, quello del carcere, di cui spesso la società libera si dimentica».

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