Notti magiche al «campo base»
Non è l’Himalaya, ma pare di sì

Boom di iscrizioni per i racconti alla luna di Simone Moro che incanta con le sue avventure sulle vette del mondo.

«Di fronte al rischio meglio la prudenza, perché un eccesso di prudenza ti fa perdere la vetta, ma ti salva la vita. L’audacia, invece, abbinata alla spavalderia, può essere mortale». Così Simone Moro, l’altra notte, tra venerdì e ieri, al primo dei «campi base» allestiti a Foppolo nell’ambito di Mountain 360°, il progetto di rilancio della montagna voluto dalla Devil Peak-Foppolo Ski. Un boom di adesioni, oltre la cinquantina, che ha costretto l’organizzazione a fare il bis la notte scorsa e a programmarne altre. Quindici i primi partecipanti, arrivati da Bergamo e Milano. Per provare l’emozione di un «campo base» con l’alpinista recordman per numero di ascensioni in prima invernale sugli Ottomila. Foppolo come una piccola Himalaya, allestita in località Convento.

I 15 alpinisti «in erba», dagli otto anni in su, raggiunto il campo base intorno alle 18,30, hanno prima montato le tende, quindi l’accensione del fuoco e i racconti di Moro, 50 anni lo scorso ottobre e prossimo (il 22 gennaio) al tentativo di conquista della vetta più alta della Siberia orientale (3.003 metri). Qui ai 1.700 metri di Foppolo l’avventura è più soft e aperta a tutti: c’è un grado sopra lo zero, inizia a nevischiare, siamo in località Convento. Ci si mette intorno al fuoco e i ragazzi iniziano a fare le prime domande: i rischi di un «lavoro» tra la vita e la morte, ma anche curiosità pratiche, cosa si mangia, le caratteristiche della tuta, come si fa a montare una tenda in una bufera di neve, come si fa dormire in una mini tenda in tre o quattro persone. Moro mostra scarponi, imbrago, ramponi, corde, tuta e piccozza che ha portato con sé sul Nanga Parbat, il suo ultimo grande Ottomila. I ragazzi se li passano come oggetti preziosi. E lo sono. «Questo scarpone è leggerissimo, pesa 900 grammi – spiega l’alpinista -. Pensate che nel 1954 chi arrivò sul K2 aveva scarponi di quattro chili. Questi non hanno lacci, perché con i guanti non si riuscirebbero a maneggiare. Allora ho progettato io un sistema unico per la chiusura, fatto di rondelle». Monta una tenda, simile a quella del Nanga Parbat. E spiega: «Se c’è una bufera il compagno deve buttarsi dentro mentre la monti, perché se questa se ne va col vento sei finito». Ancora: «Il contenitore della tenda non è solo un contenitore. Va riempito di blocchi di ghiaccio, serviranno poi per avere acqua e cucinare.

Sembrano cose banali, ma ti possono salvare la vita». Arriva al «campo base» anche Deedar Al, pachistano, dal 1998 cuoco di Moro nelle spedizioni, in questi giorni in servizio al rifugio Montebello di Foppolo. E si parla di cibo e cucina in alta quota, in condizioni estreme. Un po’ di neve da sciogliere, un dado e dei tortellini e del grana. Il pranzo è fatto. «Integratori? Barrette? - dice Moro – Vanno bene, ma meglio ancora di tutto polenta, gulasch e un uovo. Ogni giorno arriviamo a consumare anche 10 mila calorie». Si parla di sicurezza in montagna: di Artva, pala e sonda. Da portare sempre con sé quando si va in montagna in inverno. «Fatevi regalare un Artva – dice Moro – vi può salvare la vita». Quindi i valori in una spedizione, che diventano anche insegnamenti per i ragazzi: «Giusto non arrendersi alla prima difficoltà ma non vergognatevi se vi dicono che siete fifoni. La prudenza paga e ti salva la vita, la spavalderia può essere mortale». Un’escursione in baita per un thè caldo, il rientro e poi la notte in tenda.

«Moro è ormai una leggenda, un orgoglio per Bergamo – commenta Simone Mainetti, 26 anni, di Dalmine – . Io sono appassionato di montagna, ho iniziato a fare arrampicata e mi sto avvicinando all’alpinismo. Era un’opportunità che non potevo farmi sfuggire». Moro parla anche delle iniziative del rilancio di Foppolo, di come sviluppare un turismo estivo, con le bici ma anche con speciali monopattini sui sentieri di montagna, come avvicinare i turisti alle esperienze in canoa o rafting, e del progetto di un parco avventura nel bosco del Convento di Foppolo. E poi a potenziare già i «campi base». Magari, per i più grandi, allestendoli al lago Moro. Per poi puntare, all’alba, ai 2.621 metri del Corno Stella, «l’Everest» di Foppolo. Al campo base del Convento sono le 7. Piove, poi la neve rientrando in paese. Per tutti nessuna vetta da conquistare ma insegnamenti e un racconto prezioso da portare tra i ricordi.

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