Ricoveri, la curva torna a salire
Crescono anche i dati bergamaschi

Se sia un piccolo rimbalzo momentaneo o invece l’inizio di una nuova mareggiata, lo diranno le prossime settimane. Anche la curva dei ricoveri ha comunque ripreso quota, pur con ordini di grandezza differenti tra Bergamo e la Lombardia nel complesso.

Basta scorrere i dati più recenti, incrociando le cifre fornite dalla Regione con quelle comunicate dagli ospedali locali dove ci si misura col Covid: domenica 10 gennaio, le strutture della nostra provincia ospitavano 249 pazienti positivi al coronavirus, il 4,2% in più dei 239 presenti il 1° gennaio, data che tra l’altro coincide col più basso numero di ricoverati da inizio novembre, quando s’è innescata la prima ondata.

In Lombardia, sempre domenica, i ricoverati totali per il virus erano 4.057 il 5,6% in più dei 3.839 del 1° gennaio. A livello complessivo lombardo, però, è proprio quel che è successo negli ultimi giorni ad aver attivato il campanello d’allarme: se da Capodanno l’allentamento della pressione ospedaliera era proseguito ancora brevemente, sino a toccare i 3.711 ricoverati totali il 4 gennaio, nei cinque giorni successivi i pazienti presenti sono invece aumentati di ben 346 unità.

In meno di una settimana, dunque, la Lombardia ha mostrato un incremento del 9.3% del carico ospedaliero. Il quadro dagli ospedali del territorio orobico è comunque di stabilità, sia nelle Asst sia nelle strutture del privato accreditato. All’Humanitas Gavazzeni, da gennaio i pazienti Covid hanno oscillato tra i 6 e i 10 nel reparto ordinario e i 3-4 in terapia intensiva. Negli Istituti ospedalieri bergamaschi del Gruppo San Donato, dove i numeri sono consolidati, è stato comunque già attivato un «piano di riorganizzazione di riapertura di posti letto in funzione del livello di allerta pandemico», in accordo con Ats.

Il picco di novembre

La Bergamasca certo non ha rivissuto lo tsunami della primavera, quando si sfiorò il picco di duemila ricoverati totali (contemporaneamente) e centinaia di bergamaschi furono curati fuori provincia, ma in certi frangenti lo stress di sistema è stato elevato: i 281 pazienti presenti il 1° novembre sono saliti a 709 il 15 novembre, fino all’apice di 806 ricoverati del 23 novembre (il 50-60% provenienti da fuori provincia); la discesa ha riportato l’asticella a 663 malati il 1° dicembre, calati a 431 il 15 dello stesso mese. Nel suo insieme, la Lombardia aveva iniziato novembre con 4.664 ricoverati, balzati a 8.618 il 15 novembre, quindi a 9.340 il 22 novembre; la discesa è stata però lenta, perché il 1° dicembre i pazienti erano ancora 8.219, scesi però a 5.652 a metà dicembre.

Il doppio fronte della trincea

Ma è un doppio fronte, in realtà, la trincea ospedaliera. Da un lato ci sono i posti letto Covid ordinari e dall’altro le terapie intensive, la frontiera della sopravvivenza. Scomponendo i dati, filtra un segnale di tiepida fiducia: ad aumentare, nell’ultimo periodo, sono soprattutto i ricoverati nei posti letto ordinari, non quelli nelle rianimazioni. Succede a Bergamo e provincia, dove i pazienti in area critica presenti domenica erano 38, in media con le presenze registrate costantemente tra 26 dicembre e 8 gennaio, e accade più in generale in Lombardia: dall’inizio del 2021 e fino a domenica, solo in tre giornate s’è rilevato un aumento del totale delle persone in rianimazione; l’incremento della pressione è dunque dovuto quasi esclusivamente ai degenti nei reparti ordinari Covid.

Il trend delle terapie intensive, però, va letto più in profondità. Qui, a livello regionale, entra in gioco un ulteriore dato, esplicitato da diverse settimane nei bollettini nazionali ma non in quelli delle regioni: è la voce relativa ai nuovi ingressi in terapia intensiva, ossia quante persone effettivamente finiscono ogni giorno in area critica. La Regione (la Lombardia e anche la maggioranza delle altre amministrazioni d’Italia), infatti, comunica quotidianamente la quota totale di persone «presenti» nelle terapie intensive (e così anche per i reparti ordinari); ed è un numero, questo, che varia in base a quante persone vi entrano e anche in base a quante vi escono, o perché trasferite in un reparto ordinario (se le condizioni sono migliorate) o perché – purtroppo – decedute. E sono ancora molti i lombardi che necessitano delle terapie intensive a causa del Covid: dal 1° gennaio al 10 gennaio in 210 sono finiti per la prima volta in area critica. Frenare i contagi, riducendo la platea potenzialmente costretta al ricovero, è peraltro decisivo anche affinché gli ospedali possano dedicarsi appieno a tutte le altre patologie: quando il 23 ottobre, all’alba della seconda ondata, la Regione chiese una riduzione dell’attività ordinaria per affrontare il massiccio ritorno dei malati Covid, i ricoverati erano in tutto 2.197. Poco più della metà di quelli odierni, di nuovo in crescita.

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