«Saranno 15 giorni decisivi»
Lorini: serve un ultimo sforzo di tutti

Il direttore dell’Area critica dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo: «Se vogliamo bene ai nostri anziani, durante le feste dobbiamo tutelarli». E aggiunge un appello a tutti i bergamaschi: «Serve un ultimo sforzo per arrivare alla primavera e ai vaccini. Sulla riapertura delle scuole si decida a gennaio».

Due ragionamenti. Luca Lorini, direttore del Dipartimento Emergenza urgenza e dell’Area critica dell’ospedale «Papa Giovanni» di Bergamo, guarda all’immediato. Perché la partita si sta giocando già adesso. «Il primo ragionamento che dobbiamo fare – spiega il medico – è che fino al 6 gennaio saranno giorni decisivi. Chiunque voglia fare previsioni su come muoverci dal 7 gennaio fa un errore, perché ogni riflessione sulla ripresa delle attività dipenderà dalla circolazione del virus che si avrà una volta arrivati a quei giorni». Potenzialmente, lo scenario è ancora più rischioso di quando s’è innescata la seconda ondata.

Dal suo osservatorio, la frontiera più esposta nella sfida al virus, Lorini pone l’attenzione su altri numeri: «Se la terza ondata parte dopodomani, in Lombardia abbiamo già 600 persone ricoverate in terapia intensiva, e ci rimangono solo 500 posti liberi; diverso è se parte tra un mese, quando siamo scesi a 200. Per questo è importante ritardare il più possibile la ripresa dei contagi».

Anche perché, di qui ai prossimi mesi, vorrebbe dire prepararsi alla sfida «con personale sanitario già vaccinato, col clima della primavera che è migliore rispetto a quello invernale, e con una parte della popolazione che già inizia a essere vaccinata. Se rimaniamo in piedi fino a marzo o aprile…».

La sintesi, se il ragionamento si vuole spostare sulla ripresa delle scuole e delle attività lavorative post-Epifania, dunque è netta: «Dipenderà tutto da cosa succede in questi 15 giorni: il 4-5 gennaio si vedano i numeri e si decida – risponde Lorini -. Se adesso vediamo che ricominciano a salire contagi e morti e se le terapie intensive tornano piene, non si deve riaprire».

Per le feste, l’appello alla responsabilità s’intreccia con la salvaguardia delle persone più esposte, gli anziani. «A ottobre, quando eravamo a 36 mila morti, dissi che 31 mila di questi erano over 65, e che perciò bisognava mettere in atto misure rivolte a tutelare specificamente questa fascia d’età – ricorda Lorini -. Purtroppo questo non si è fatto, e i morti ora sono quasi 68 mila, con la stessa proporzione di anziani. Siccome da 68 mila si può arrivare a 90 mila, bisogna assolutamente evitare che questo succeda una terza volta: se vogliamo bene ai nostri nonni, ai nostri genitori anziani, dobbiamo evitare di incontrarli durante le feste, perché il pericolo del contagio c’è. Anche a Bergamo, pur bravi che siamo, siamo tornati a 200 contagi al giorno: e se 200 giovani contagiano 200 anziani, 150 anziani muoiono».

Un invito alla responsabilità che Lorini ha rivolto, intervenendo al telegiornale di Bergamo Tv delle 12 di venerdì 18 dicembre, partendo dalla panoramica del reparto in cui ogni giorno lotta per la vita dei suoi pazienti. «In questo momento abbiamo 17 pazienti in terapia intensiva al Papa Giovanni e 18 alla Fiera. Vuol dire che siamo al 70-80% dei potenziali pazienti Covid che possiamo ricevere. Ovviamente, la pressione ospedaliera non è quella della prima ondata».

L’avanzata dell’emergenza restituisce un mosaico di considerazioni, con notazioni opposte. «La buona notizia», spiega il primario della Rianimazione, «è che siamo molto vicini, attraverso i vaccini, a superare questa fase, e a trovarci, il prossimo anno, in una situazione molto migliore. In primavera, con i vaccini faremo ancora meglio».

Restano però delle criticità, innegabili. «La prima notizia meno buona è che, seppur la mortalità sia scesa, il gruppo dei pazienti morti è rappresentato prevalentemente dalla popolazione anziana – ha rimarcato Lorini -. Non siamo stati abbastanza bravi nel proteggerli. E poi: ci stiamo abituando tutte le sere ad avere bollettini con 600 o 700 morti nel Paese, questo non va bene». «Se non faremo i bravi in questi 15 giorni – ha aggiunto il medico -, pagheremo un’ondata grave nei prossimi due mesi. Dobbiamo cercare di evitarlo, e se vogliamo partire col piede giusto dobbiamo essere capaci di fare un ultimo sforzo ora. Ho sempre distinto la situazione sanitaria da quella economica, comprendendone le ragioni: ciò che è successo in questi mesi ha prodotto sicuramente perdite molto gravi, e certamente non saranno 10 giorni di ulteriori chiusure a cambiare lo scenario economico. Quello che succede è nel nostro destino, gli artefici siamo noi».

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