Violazioni nella gestione dell’accoglienza
Arrestate tre persone in Bergamasca

Operazione dei Carabinieri di Bergamo: arrestate 3 persone di una cooperativa sociale.

Nella mattinata di martedì 16 giugno i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bergamo hanno dato esecuzione a tre ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari emesse dal gip presso il tribunale di Bergamo Lucia Graziosi su richiesta del Pubblico Ministero Fabrizio Gaverini per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato attraverso l’acquisizione di erogazioni pubbliche non spettanti, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio ed altro.

Le indagini, coordinate dal Pubblico Ministero Davide Palmieri (oggi in servizio presso la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore) e protrattesi dal mese di gennaio 2018 sino al successivo aprile 2019, hanno consentito di raccogliere elementi probatori certi a carico anche di ulteriori 38 soggetti, tutti indagati e destinatari di informazioni di garanzia.

L’input investigativo traeva spunto da una violenza sessuale patita da un’operatrice e verificatasi all’interno di un CAS della Provincia di Bergamo riferibile alla cooperativa, nel settembre 2017, fatto per il quale era stato identificato e poi giudicato un migrante/richiedente. Nella circostanza risultò palese che ci fossero evidenti carenze nella gestione del Centro, a partire dalla mancanza di personale qualificato e nel numero previsto, evidenziando un controllo degli stranieri assolutamente carente ed approssimativo.

Durante l’attività d’indagine - si legge nella nota stampa inviata dai carabinieri di Bergam - ci si è trovati quindi al cospetto di un “sistema” che permetteva l’esistenza di un vero e proprio apparato del malaffare in ordine all’accoglienza, condizione agevolata anche da rapporti disinvolti con alcuni funzionari pubblici.

Proprio nel periodo dell’indagine, come si ricorderà, era stato introdotto l’obbligo di “Rendicontazione” delle spese sostenute per l’accoglienza e tale “novella” risultò immediatamente deflagrante nel citato “sistema” perché obbligava a dover tracciare tutte le spese che prima, evidentemente, erano solo millantate. Infatti divenne frenetica l’attività degli arrestati, al fine di dimostrare spese mai sostenute, a volte con fatture false grazie a commercianti/imprenditori compiacenti, altre volte falsificando vecchi documenti, ancora costruendo falsamente “registri di presenze” di stranieri che in realtà si assentavano e non facevano rientro.

La truffa aggravata ai danni dello stato per il recepimento di erogazioni pubbliche non spettanti è quindi riferibile alla produzione e falsificazione di computi contabili inglobati poi in sede di rendicontazione, falsificazione delle firme dei migrati/richiedenti asilo per attestarne la falsa presenza all’interno del centro, dinamiche anche correlate ai mancati check-out dei migranti che nel corso del tempo si erano trasferiti dalle varie strutture omettendo dolosamente la comunicazione obbligatoria dell’allontanamento dell’ospite all’ente prefettizio di riferimento.

Nell’ambito delle indagini sono poi emerse altre gravi violazioni come lo sfruttamento dei migranti in attività lavorative prive di tutele tra le quali la produzione di guarnizioni, lavori edili per conto della cooperativa e delle attività commerciali da loro controllate, venendo sfruttati e sottopagati non solo direttamente ma anche da commercianti ed imprenditori che ne ricevevano i servigi con paghe assolutamente non regolari.

Ne è stata naturale conseguenza anche verificare che i capitali di cui all’oggetto sociale della cooperativa venivano utilizzati e sottratti per scopi personali o impiegati in altre attività estranee all’oggetto sociale.

Le fonti probatorie acquisite scaturiscono dalla tradizionale attività d’indagine, dalle molteplici operazioni tecniche effettuate quali intercettazione telefoniche/ambientali e telematiche. Tali attività sono state altresì supportate dalle indagini patrimoniali che hanno consentito all’autorità giudiziaria di emettere un primo sequestro preventivo per equivalente di circa 130 mila euro, in attesa di meglio quantificare l’esatto ammontare del guadagno irregolare, con l’analisi dei documenti che nell’operazione odierna sono stati posti in sequestro a seguito di perquisizioni domiciliari e degli uffici.

È tristemente emerso - conclude la nota stampa - che ai migranti/richiedenti asilo in regime di CAS veniva fornito anche cibo scaduto e venivano privati degli essenziali servizi previsti dai bandi di aggiudicazione delle Prefetture, come la mancanza di operatori e di servizi obbligatori, sovraffollamento delle strutture ed in generale tutta la gestione precaria del sistema dell’accoglienza.

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