La forza di rinascere
con «Un litro di lacrime»

«Che problema c’è a cadere? Puoi sempre rialzarti». Lo raccontano piccoli eroi quotidiani che affrontano a viso aperto malattie, fragilità, perdite, e riescono a trarre da queste esperienze risorse inaspettate, in un modo che illumina - attraverso il racconto - anche il percorso di altri. Vale la pena di lottare fino alla fine, come scrive Kitō Aya, quindicenne con una malattia degenerativa in «Un litro di lacrime» (Rizzoli).

Bestseller in Giappone, uscito per la prima volta alla fine degli anni Ottanta ha venduto oltre un milione di copie, e arriva in Italia solo ora. «Anziché inseguire ciò che si è perso, è meglio puntare su ciò che è rimasto» dice Aya e trasforma la fragilità in forza usando l’ironia, la scrittura, l’ascolto.

«Tutto in me splende e vuole andare avanti. Vuole di più, vuole ancora, bramando vuole tutto»: limpida e forte la storia dell’autrice slovena Bronja Zakelj, «Il bianco si lava a novanta» (Bottega Errante), autobiografica e densissima. Ripercorre il senso di vuoto causato dalla morte della madre, come uno spartiacque che «cambia tutto», e poi la lotta contro un linfoma di Hodgkin, fino a una faticosa ma splendida rinascita. Bronja sopporta solitudine e paura, sulle macerie della sofferenza costruisce qualcosa di nuovo, riannodando con pazienza i fili dei ricordi e degli affetti. Il romanzo si inoltra anche nella storia della Jugoslavia negli anni ‘70 e ‘80, mentre si avverte il sentore di un cambiamento imminente.

Lo scrittore triestino Pino Roveredo, infine, in «Ci vorrebbe un sassofono» (Bompiani) racconta a modo suo, appassionato e sensibile, la storia di una donna che veglia per anni il marito in coma, tra dolore, tradimento e riscatto. 

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