Oreste Castagna: «I vaccini? Sono un salvavita. Gli adolescenti lo devono capire»

Continuano le nostre interviste a bergamaschi che si sono vaccinati contro il Covid. È la volta di Oreste Castagna, attore e regista, volto noto della tv e di Rai YoYo che racconta la sua odissea e lancia un appello ai ragazzi.

«Detto da chi, come me, ha trascorso 3 mesi negli ospedali sperando di vincere la battaglia contro il Covid, può sembrare un’ovvietà, ma non lo è affatto: vaccinarsi non è importante, è indispensabile. Lo ripeto: anche se non avessi dovuto affrontare quel dramma che mi ha portato vicinissimo alla morte, oggi urlerei a gran voce: vacciniamoci tutti». Oreste Castagna, attore e regista, voto noto della tv e di Rai YoYo, testimonial di campagne di sensibilizzazione contro il bullismo, il cyberbullismo e altre per informare i bambini sui rischi del Covid, lo scorso anno ha temuto di dover dire a tutto e a tutti. Ha sconfitto il Covid, ma porta ancora i segni di quella che lui chiama «una guerra estenuante della quale non vedevo mai la fine».

Castagna, ci può riassumere quei tre mesi?

«Sono stato ricoverato il 12 marzo 2020 al Papa Giovanni. Ho indossato il casco C-Pap per 10 giorni e 10 notti consecutive, un rumore infernale come quello di una lavatrice. Sono stato intubato per 3 giorni. Sono uscito dall’ospedale dopo 20 giorni trascorsi in terapia intensiva. Poi ho proseguito la riabilitazione al nosocomio di Gazzaniga».

Qual è stato il momento più terribile di tutta questa vicenda?

«Quando il medico ha visto la radiografia dei miei polmoni e senza tanti giri di parole mi ha detto che la situazione era molto grave».
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E l’ha capito quando è entrato in Terapia intensiva…

«Quando mi hanno intubato non sapevo più cosa pensare. I miei figli, Francesco e Chiara, erano disperati come mia moglie Benedetta che ha dormito per notti intere in auto davanti all’ospedale in attesa di notizie».

Dopo 3 mesi è finalmente rinato…

«Ma è un dramma che cambia. Pensi che durante il periodo di riabilitazione, dopo la ginnastica, spesse volte avevo paura di rimettermi a letto, perché il mio corpo ricordava il pericolo e l’avvicinarsi della sensazione di essere vicino alla morte».

Quando ha potuto vaccinarsi?

«Quasi un anno dopo aver contratto il Covid, in quanto avevo una percentuale elevata di anticorpi. Tuttavia non è stata la malattia a convincermi. Avevo già deciso che qualora ci fosse stata l’opportunità mi sarei subito vaccinato».

Da dove nasce questa convinzione?

«In un passato remoto quando sono state introdotte le vaccinazioni polivalenti per i bambini nessuno ha mai obiettato nulla. Occorre avere fiducia nella scienza. Se i bergamaschi non si fossero vaccinati saremmo qui a vedere ancora lugubri fila di camion che hanno impressionato gente di tutto il pianeta. Devo anche aggiungere che il tema delle vaccinazioni è un argomento a me assai caro».

E per quale motivo?

«Come membro di un Rotary vorrei ricordare che in vent’anni i nostri club sparsi in tutto il mondo hanno raccolto fondi con i quali sono stati vaccinati ben 4 miliardi di bambini contro la poliomielite. Vaccinarsi è un diritto e al tempo stesso un dovere, è un gesto di fiducia, un gesto altruistico, di generosità verso se stessi e verso gli altri».

Quindi è favorevole alla vaccinazione anche per i bambini?

«Questo lo deve dire la scienza. È chiaro che ci debbano essere dei paletti riguardo l’età, ma gli adolescenti possono già scegliere di vaccinarsi evitando non solo di contrarre il Covid ma anche di dover rimanere a casa, di perdere ore di scuola, ore di socializzazione con i coetanei costretti alla Dad, la didattica a distanza, che sicuramente è penalizzante. Non comprendo perché da 0 a 16 anni ci siano almeno 10 vaccinazioni obbligatorie, dal morbillo alla varicella e così via e per il Covid ci siano ancora resistenze da parte fortunatamente di una minoranza».

C’è chi nutre dubbi, teme reazioni, conseguenze sulla propria salute…

«A mio parere queste teorie sono senza fondamento. Non comprendo la posizione estrema dei No-Vax, la rispetto, è una loro libera scelta, ma i fatti dimostrano che al momento non ci sono alternative al vaccino. Sono pronto a ricevere anche la terza dos e: è una scelta responsabile».

C’è qualche critica che si sente di avanzare?

«Se lei si riferisce all’informazione o alle tesi talvolta discordanti dei virologi posso solo dire che il Covid inizialmente ha spiazzato e disorientato tutti, ma non mi sento di criticare nessuno. Anzi dopo essere uscito dall’ospedale sul mio profilo Facebook ho voluto testimoniare l’enorme valore umano e professionale di medici, infermieri, personale paramedico. Loro sono gli eroi e le eroine di questa vicenda. Bisogna fare qualcosa di grande per loro. Mi hanno curato e mi curano ancora adesso, consolato, asciugato le lacrime, coccolato, ripreso, sgridato, sono la testimonianza di Dio sulla terra. Certe volte ho pensato che tutti costoro agissero come guidati da una presenza divina. Anche per loro è stata durissima. Per quanto riguarda i media non mi è piaciuto coloro che si sono soffermati sulla parte noir, sulla conta dei morti, dei contagi. Non si è indagato a sufficienza nell’essenza delle cose».

In questi mesi non è mancato l’affetto del suo pubblico...

«Sono stato inondato di disegni in ospedale. C’è chi ha disegnato un virus preso a calci, altri hanno scritto picchiamo il Covid-19 o Gipo vivi. Ora bisogna continuare a stare attenti, evitare che possa ripartire un’altra ondata e per fare ciò bisogna fare solo due cose: vaccinarsi e portare la mascherina in pubblico che non mi pare una tortura».

In cosa di sente ora cambiato?

«Ho un rapporto diverso con la vita, ho imparato che morire è un attimo. Tre ore prima ero disteso su un divano e poi mi sono accorto di avere i minuti contati e che la morte stava già bussando alla mia porta. Ho avvertito la necessità di ritrovare il senso della fede e non ultimo di rivedere il rapporto con la mia famiglia».

Il vaccino è un salvavita?

«Tolga il punto interrogativo e avrà la risposta».

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