Bossetti, i giudici: «Prova scientifica già vagliata a processo, nessun dubbio»

Le motivazioni della Corte d’assise di Bergamo che ha respinto ulteriori accertamenti chiesti dalla difesa sui campioni raccolti durante le indagini.

Più che indagini volte a individuare elementi nuovi e utili a un’eventuale revisione del processo, è stata una riproposizione di «questioni già affrontate e risolte». E così si è piegato «lo strumento di esecuzione a una funzione, non consentita, di quarto grado di giudizio con l’intento di censurare, una volta ancora, la valutazione di merito e di legittimità già operate nel corso del processo e consacrate in un pronunciamento definitivo». Così scrive la Corte d’assise di Bergamo, presieduta da Donatella Nava, nelle motivazioni con cui vengono rigettate le istanze dei difensori di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Gli avvocati Paolo Camporini e Claudio Salvagni chiedevano di poter esaminare i reperti, soprattutto il materiale genetico confiscato. Ma Nava e la giuria popolare in 19 pagine hanno demolito le argomentazioni difensive.

Intanto, nelle varie istanze dei legali «difetta del tutto l’indicazione, da un lato, del motivo per cui gli accertamenti richiesti sarebbero necessari e decisivi e, dall’altro, dell’utilità e del risultato vantaggioso per il condannato che per il tramite di quegli accertamenti si vorrebbe conseguire». Per la Corte, «la connotazione puramente esplorativa dell’istanza può trarsi dalle stesse argomentazioni della difesa che se da una parte afferma perentoriamente che “i campioni di Dna contengono... informazioni che se affrontate in contraddittorio darebbero risposte completamente diverse, completamente opposte”, dall’altra parte omette di specificare quali sarebbero “le risposte diverse o completamente opposte” attese, tanto da essere infine costretta ad ammettere che “l’investigazione è di per sé esplorativa” o che “vogliamo sapere se Bossetti è innocente, è una nostra curiosità”». I giudici sul punto richiamano la sentenza di Cassazione in cui si scrive che «quando non si possono contrastare le evidenze tecniche, diviene inevitabile formulare richieste esplorative, senza riuscire nemmeno a indicare la direzione di tale esplorazione».

Il presunto errore giudiziario nei confronti di Bossetti in cui si sarebbe incorsi in seguito a un’errata valutazione della prova scientifica è una tesi che, per i giudici, non tiene conto del fatto che «nel corso del processo la prova scientifica è stata vagliata in maniera approfondita, nel rispetto del contraddittorio delle parti, dai giudici di merito e di legittimità senza che sia emerso alcun serio dubbio in merito a regolarità, correttezza e validità delle operazioni tecnico-scientifiche compiute».

«Circolare» è il «ragionamento difensivo», che si risolve in «una mera petizione di principio: è stato commesso un errore giudiziario, quindi si rendono necessarie nuove/ulteriori analisi, è necessario svolgere nuove/ulteriori analisi per poter dimostrare l’esistenza, a monte, di un errore giudiziario». Gli accertamenti per la Corte sono stati invece «correttamente e legittimamente svolti»: e le tracce biologiche repertate sul corpo della vittima «riconducono a Massimo Bossetti».

«La necessità di svolgere nuove/ulteriori indagini di tipo genetico - osserva la Corte - poggia sul falso presupposto dell’esistenza di irrisolte anomalie negli accertamenti» finora effettuati. Per i giudici inoltre la difesa ha avuto «costante conoscenza e disponibilità» dei reperti «nel corso dell’intero procedimento penale». Quanto ai 54 campioni di Dna, la loro analisi «è destinata a replicare gli accertamenti già a suo tempo compiuti dagli organi investigativi». Conclude la Corte che sono «rimaste ancor oggi oscure le ragioni per cui tali reperti a detta della difesa “potrebbero essere decisivi”».

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