«DisabilmenteMamme»: non c’è ostacolo all’amore di chi dona una vita

La storia L’esperienza di alcune donne diventa fonte di sostegno. «Condividere è un modo per aiutare gli altri».

«Non è possibile essere una madre perfetta - dice Jill Churchill, scrittrice statunitense - ma ci sono milioni di modi per essere una buona madre». Si può esserlo «anche se il mondo ci vede come diverse e fragili», come racconta Antonella Tarantino, 32 anni, mamma creativa e piena di energia di Ismaele, un bimbo di 7, una delle fondatrici di «DisabilmenteMamme». «La disabilità - sottolinea Antonella - è solo una caratteristica, e non ciò che ci definisce». Il gruppo è nato proprio per superare gli stereotipi su questa condizione e offrire sostegno alle donne che decidono di vivere l’avventura di una gravidanza anche in presenza di una disabilità come quelle che derivano dalla paralisi cerebrale infantile: «Se ne parla poco, ci sono tanti pregiudizi, mancano sensibilità e appoggio concreto».

La storia di Antonella

Antonella vive a Modena ed è arrivata a Bergamo per sottoporsi ad alcune terapie al Policlinico San Marco di Zingonia, dove, grazie al suo carattere socievole ha stretto subito nuove amicizie, prendendo contatto con associazioni locali: «Sarebbe bello accogliere fra noi anche mamme bergamasche».La disabilità per lei è arrivata come conseguenza di una nascita prematura: «Pesavo solo 500 grammi - ricorda -. Sono stata sul confine tra la vita e la morte, ho avuto una paralisi cerebrale infantile da cui è derivata una diplegia spastica “gonna stretta”».

La sua infanzia non è stata facile: «Entravo e uscivo dall’ospedale - racconta -. A scuola avevo un’insegnante di sostegno. Mi sono stati diagnosticati tanti disturbi di apprendimento: disgrafia, disortografia, dislessia e discalculia. I miei insegnanti mi elogiavano sempre per i contenuti dei testi che producevo e a volte mi criticavano per la grafia poco comprensibile. Inventavo poesie e racconti, ho vinto anche dei premi. Fortunatamente ho trovato insegnanti che hanno creduto in me. Il mio sostenitore più importante, però, è stato mio padre. Quando sono nata era giovanissimo, aveva solo 17 anni, abbiamo instaurato un legame molto forte, purtroppo interrotto dalla sua morte. Mi portava in moto con lui e mi diceva sempre “tu vali”. Mi spingeva a puntare alla stella più alta, a credere sempre nei miei sogni, e io ce l’ho messa tutta. Dopo le scuole secondarie di primo grado ho frequentato l’istituto professionale per i servizi sociali, dove ho acquisito la terminologia operativa, la conoscenza dei casi e delle leggi, che oggi mi risultano preziose nelle attività dell’associazione. Poi, però, ho continuato a studiare frequentando corsi di giornalismo, che è sempre stata la mia passione. In seguito ho iniziato a scrivere per disabiliabili.blog. Mi hanno aiutato molto i progressi della tecnologia: sono stati messi a punto diversi programmi che compensano le difficoltà dei dislessici come me».

Antonella ha subito diversi interventi ed è stata sottoposta a terapie riabilitative anche in età adulta: «In quel periodo ho conosciuto mio marito, impegnato come volontario. Siamo diventati amici e poi il nostro legame si è approfondito e rafforzato, finché abbiamo deciso di sposarci. Mi è stato sempre vicino, facendo anche dei sacrifici e qualche piccola follia». Hanno deciso di sposarsi, lasciando da parte dubbi e inquietudini, come nella canzone dei Negrita «Brucerò per te»: «Amica cara, amica speranza/ Parti da qui, dalla mia stanza/E vola, sali più in alto della paura». Le ultime prove dell’abito da sposa Antonella le ha fatte nella palestra della struttura di riabilitazione di Imola, a Monte Catone.

«Poco dopo il matrimonio - sottolinea Antonella - sono rimasta incinta. Nei primi tre mesi le mie condizioni di salute mi hanno costretto a riposo e immobilità, ma poi sono stata bene e ho viaggiato molto con mio marito. Mi sono accorta che i consultori spesso non sono attrezzati per accogliere mamme con disabilità. Già allora mi era venuta l’idea di avviare un’attività di sensibilizzazione. Quando è arrivato il momento del parto mi hanno fatto il taglio cesareo, perché temevano complicazioni. Nel primo anno di vita di mio figlio ho dovuto adattarmi a controlli costanti da parte degli assistenti sociali, perché volevano assicurarsi che andasse tutto bene».

Nasce «DisabilmenteMamme»

Sono passati gli anni, il figlio di Antonella è cresciuto, lei ha proseguito la sua attività giornalistica: «Un giorno mi è venuta l’idea di chiedere attraverso un articolo se tra le lettrici ci fossero altre mamme con una storia di paralisi cerebrale infantile. Così ho incontrato Samanta Crespi, che si è unita a me nel creare il progetto “Disabilmente Mamme”. Abbiamo iniziato con un gruppo WhatsApp, poi i contatti e le partecipanti sono aumentati, così abbiamo dato vita a una pagina su Facebook. Ci siamo poste l’obiettivo di mostrare la nostra esperienza di mamme e di donne. Abbiamo raccolto le nostre storie in un libro, che sarà presto pubblicato da Pav edizioni, per aiutare altre persone come noi e suscitare attenzione sulla nostra situazione. Abbiamo contattato altre associazioni e col tempo da questo lavoro di relazioni è nata una grande rete, con un intenso scambio di energie e iniziative. Attraverso i social abbiamo instaurato rapporti con tantissime persone, e trovato un ascolto, una risonanza che non ci aspettavamo».

Insieme si sono attivate per offrire informazioni e servizi dedicati alle mamme con disabilità, in particolare derivate da paralisi cerebrale infantile: «Abbiamo contattato alcuni specialisti per capire se la diplegia spastica peggiora con il tempo, e tra essi una neurologa, fra l’altro mamma con diplegia, che è entrata nel nostro gruppo».

Antonella nel tempo ha imparato a scuotersi di dosso gli stereotipi sulla disabilità coltivando la propria autonomia: «Anche per questo ci stiamo impegnando a scrivere alcune storie per bambini per raccontare loro diversi volti della disabilità: disturbi alimentari, cecità, sordità, difficoltà motorie. Accanto al testo ci sono supporti multimediali e video con la traduzione nel linguaggio dei segni per rendere questi contenuti accessibili a tutti. Mio figlio ha capito che ho una disabilità ma non se ne preoccupa e quando mi disegna non include le stampelle».

Solidarietà e aiuto reciproco

«DisabilmenteMamme» è prima di tutto un gruppo di amiche, che hanno stretto un’alleanza sulla base di solidarietà e aiuto reciproco. «Ognuna - aggiunge Antonella - ha contribuito in uguale misura a far crescere il progetto».

La storie di Samanta e Laura

Samanta Crespi vive a Varese e ha una bimba di 5 anni: «Conosco Antonella da tre anni e insieme ci siamo impegnate in questo progetto per mostrare che disabilità e maternità sono parole conciliabili, nonostante le numerose opinioni contrarie. Basta poter contare su un’assistenza adeguata e mirata sulle nostre esigenze. Attualmente secondo la mia esperienza ci sono tante carenze nel supporto alla genitorialità per le donne disabili. Sono stata la prima delle mamme dell’associazione, per esempio, a partorire naturalmente ma per riuscirci ho dovuto cambiare città e struttura, mi sono rivolta all’ospedale di Como. Mi auguro che in futuro questa scelta diventi più semplice per altre mamme».

Laura Coccia, nata con tetraparesi spastica, ex parlamentare, dopo essersi impegnata attivamente a sostegno dei diritti delle atlete italiane, ha scelto di rendere pubblica la sua gravidanza, raccontandola sui social: «Non è stata una scelta facile - spiega - è un momento che dovrebbe restare privato, ma ho capito che era importante condividerlo per aiutare altri ad aprire lo sguardo sulle situazioni come la nostra e per ribadire che si può diventare madri anche se si deve affrontare una disabilità. Ho pubblicato i miei post sui social con l’hashtag #diversamentemamma. Questa campagna, condotta con mio marito, ha ottenuto molta attenzione anche sulla stampa nazionale. È nata sul web una rete di contatti e di amici che mi aiutavano e mi davano consigli, allo stesso tempo ho percepito quanto fossero radicati i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità, soprattutto delle donne, perfino negli ambienti che si dedicano alla cura, dove sarebbe invece importante trovare la massima accessibilità. Parliamo spesso di inclusione, ma nella realtà forse non siamo così pronti a metterla in atto». Laura nel suo percorso ha incontrato le amiche di «DisabilmenteMamme» e ha deciso di proseguire insieme, unendo gli sforzi, le attività di sensibilizzazione.

La disabilità, come dice l’esperienza di queste donne, è «una caratteristica», una delle «diverse facce della normalità», e come tale può essere vissuta, affrontando un ostacolo alla volta, anche in modo creativo.

DisabilmenteMamme ha creato contatti con figure professionali come ginecologhe, assistenti sociali, medici, avvocati. «Alimentare una rete - sottolinea Antonella - è molto utile, permette di ampliare le possibilità di aiuto reciproco».

La disabilità, come dice l’esperienza di queste donne, è «una caratteristica», una delle «diverse facce della normalità», e come tale può essere vissuta, affrontando un ostacolo alla volta, anche in modo creativo. Samanta, per esempio, ha inventato dei ganci artigianali per assicurare le stampelle al passeggino: «Non sapevo mai dove metterle quando portavo fuori mia figlia - sorride - così ho inventato questo piccolo accessorio artigianale, che volendo potrebbe diventare un portaombrelli. Abbiamo proposto le nostre idee alle aziende di puericultura, ma per il momento non ci hanno ascoltato». Il gruppo «Disabilmente mamme» si può contattare su Facebook, Instagram, oppure scrivendo a [email protected]. «Spesso organizziamo incontri online - conclude Antonella - ci piace condividere esperienze e ci impegniamo a fondo per offrire un punto di riferimento. Il primo nemico da sconfiggere è la solitudine. È importante sapere che con pazienza e tenacia i sogni si possono realizzare».

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