“Con radici solide cerchiamo insieme il nostro domani”

Sono numerose le risposte, le idee e i contributi arrivati in queste settimane alla nostra redazione. Ora iniziamo a pubblicarle, a beneficio di tutti

NON LIMITARTI A LEGGERE
PROGETTA CON NOI LA PROVINCIA CHE VORRESTI ABITARE

Ecco alcune delle domande che ci siamo posti e su cui abbiamo ospitato il parere di esperti. Ora chiediamo anche a te di comunicarci il tuo pensiero, di rispondere alle domande che vedi qui sotto.

Scrivi a [email protected]

MISSIONE BERGAMO: su questo sito puoi ritrovare tutti i contributi che ti abbiamo proposto in queste settimane: dal calo delle nascite alla transizione economica ed ecologica, dalla città che educa a come sta cambiando il lavoro, e a come il lavoro cambia il nostro territorio. E ancora i temi ambientali, urbanistici e della sanità, così come la domanda sui valori di fondo che sono alla base della nostra identità e convivenza.

Abbiamo deciso ora di pubblicare i contributi che i lettori ci hanno già inviato, raggruppandoli per singoli temi.

I 4 temi di oggi sono:
Cosa significa essere bergamasco oggi? C’è un’immagine che lo rappresenta?
Se tu fossi paesaggista per un giorno: come trasformeresti il luogo in cui vivi?
Che cos’è per te la “vita buona”?
Sei favorevole al lavoro a distanza? Perché?

Cosa significa essere bergamasco oggi? C’è un’immagine che lo rappresenta?

Mi complimento per la completa e corretta immagine della nostra società e del cosa significhi essere bergamasco oggi. Vi scrivo un aneddoto di vissuto lavorativo. Io sono agente di commercio e mi relaziono con aziende di tutta Italia. Da un paio di settimane sollecitavo la risoluzione di un banale problema, ma non c’era l’attenzione adeguata. Dopo vari solleciti, scrissi una mail al commerciale e per conoscenza al titolare dell’azienda. Lui prontamente rispose di sistemare la questione e mi interrogò: «Massimiliano, a Bergamo come si dice: dai, datevi una mossa?». Io risposi prontamente: «A Bergamo non si dice, a Bergamo si fa!». Grazie a tutti e buone feste.
Massimiliano Burini

Chi è il bergamasco oggi? Volenteroso e generoso
Grazia Vavassori

Bergamaschi: laboriosi, onesti, sintetici.
Maria Colombani

Significa la base del rispetto dei doveri che dovrebbero essere di tutti, politici compresi.
Gaudenzio Rovaris

Parlare di identità bergamasca nel 2023, dopo 60 anni di immigrazione interna da tutte le regioni e, in particolare, dal meridione d’Italia, e con il conseguente rimescolamento demografico, mi sembra assurdo parlarne.
Armando

Un’immagine che ci rappresenta
Se penso ad un’immagine che rappresenti l’essere orobico è veramente la sintesi letta nel vostro articolo: vedo un panorama da sotto un cembro, davanti a me una roccia affiora da un pascolo, un torrente scorre nella valle stretta ed in lontananza si vedono le brume delle basse pianure. Solidità, radicamento e visione: questo per me siamo noi bergamaschi.
Iacopo Bardi

Sono un insegnante di lingua e letteratura italiana e latina al Turoldo di Zogno. Mi occupo di diversi aspetti legati alla didattica e, ultimamente, mi è stato chiesto di supportare il gruppo che organizza gli open day. Ho pensato, tuttavia, a un lavoro più complesso - ed è qui che mi sono trovato a incrociare il vostro.
Promuovere una scuola non è la stessa cosa che promuovere un prodotto: una scuola è una agenzia formativa, una rete di relazioni, una istituzione che diffonde cultura sul territorio e dal territorio. Ho quindi creduto opportuno anzitutto definire che cosa è il Turoldo per noi insegnanti, per gli studenti, per gli stakeholders: dobbiamo capire chi siamo noi, che idea abbiamo di noi, prima di “portare in giro” l’immagine del Turoldo che vorremmo essere. In tal modo, ho pensato, avremo la possibilità di verificare se l’idea di Turoldo che vige ora ci piace, se corrisponde alla nostra - ed eventualmente intervenire per cambiare qualche aspetto. Considerando il Turoldo non tanto e non solo come “scuola”, ma piuttosto come rete di relazioni.
Conscio che è un lavoro lungo, ma sicuro che sarà di grande utilità, ho cominciato chiedendo ai miei ex alunni diplomati la loro idea - e sono emerse alcune considerazioni che in effetti ci hanno aiutato.
Quanto all’essere bergamasco, per me figlio di papà arcenese e di mamma valtellinese, emigrato per amore a San Pellegrino, un’immagine potente è il panorama che vedo dal crinale del passo della Scaletta. Non tanto perché quella camminata che adoro tanto mi è ormai proibita (la malattia di Parkinson che ho da oltre 10 anni comincia a mettere diversi veti), non solo perché da lassù si ammira la valle di Scais e la capanna Mambretti - che sono terra di Piateda, dove nacque la mia defunta e carissima mamma, ma soprattutto perché là ho capito che il confine è anche una linea che unisce, è anche una linea d’amore. Quel profilato discrimine delle cime è la finestra aperta del Turoldo: ben radicati nelle loro origini, i miei ragazzi cercano il loro domani con più consapevolezza.
Sapere chi sono, è un buon punto di partenza per cercare quello che vogliono essere. Cordiali saluti.
Sergio Ferrari

Se tu fossi paesaggista per un giorno: come trasformeresti il luogo in cui vivi?

Ho letto l’articolo sulla tutela dell’ambiente della nostra provincia. Concordo su molti punti e volevo aggiungerne altri. Partendo dalla montagna fortunatamente negli ultimi anni c’è un afflusso notevole di escursionisti e questo per il turismo è già un passo avanti. Ma mi viene in mente un’altra risorsa importante delle nostre valli, cioè i fiumi e un’attività legata a questi è la pesca. I nostri corsi d’acqua hanno un grande potenziale dal punto di vista piscatorio, ma purtroppo non sono gestiti benissimo. Potremmo sviluppare un modello simile al Trentino dove le acque sono gestite da società locali con controlli e semine più frequenti, tutela delle specie autoctone e di conseguenza un turismo-pesca maggiore.
Il traffico veicolare nelle nostre valli è risaputo e purtroppo in passato si è fatto un passo indietro togliendo la linea ferroviaria che andava in val Brembana: per promuovere un turismo più sostenibile in valle va potenziato maggiormente il trasporto pubblico.
Passando alla pianura il discorso trasporto pubblico è il medesimo, ampliando anche le piste ciclabili e incentivando le persone, nei brevi spostamenti, a farlo con bici o mezzi pubblici!
La cementificazione è un altro grande problema della nostra provincia, sempre meno alberi e sempre più cemento. Noi siamo abituati a veder consumare il suolo a favore di supermercati, strade, edifici, ma mai il contrario. Ho visto immagini di paesi del Nord (es. Utrecht) dove, invece, si è tolto cemento per dar spazio al verde e ridar luce ad un corso d’acqua che era stato soffocato da una strada!
Creare bacini di accumulo idrico in pianura visto l’avanzamento del cambiamento climatico, incentivando anche i privati cittadini nel dotarsi di buche di accumulo d’acqua piovana per autoconsumo (irrigazione di prato ed orto).
Questi sono solo alcuni punti che andrebbero migliorati, partendo soprattutto dalla mentalità della gente che, forse, sta cambiando soprattutto nelle nuove generazioni. Speriamo di essere ancora in tempo!
Davide Rota

Perché tutto è cambiato? Sono nato nel 1945 in una famiglia contadina, di Carvico. Durante la pausa invernale nei campi si pulivano i fossi con vanga e badile, nei boschi si tagliavano tutte le sterpaglie e si pulivano tutte le foglie (con la “scua de bachec”). Oggi è impensabile fare tutto questo, però oggi ci troviamo in queste condizioni disastrose!
Altro enorme attuale problema? Ritorno al 1945: i miei nonni avevano 11 figli, i miei genitori ne avevano 8, io ho tre figli, mia figlia due, i due maschi hanno un figlio: questo è il motivo principale di oggi, specialmente per il futuro di nipoti e pronipoti. Di questo passo dove andiamo?
Francesco Valtulina

Dedicherei un argomento per ciò che riguarda la rumorosità. Tema molto attuale per la tutela della salute, del mantenere un paesaggio o un giardino nel rispetto della rumorosità nativa di quel posto, senza alterare in aumento i db, nel rispetto anche della fauna che in caso di aumento dei decibel può sentire la necessità di lasciare quel luogo. Grazie e complimenti
Paolo Trivella

Che cos’è per te la “vita buona”?

Colgo questa opportunità per esprimere una mia semplice idea a riguardo di “vita buona”: innanzitutto, a livello individuale, una vita buona è sinonimo di ben-essere su vari piani, fisico, psichico, spirituale, comprendente anche momenti di difficoltà e/o disagio, purché superabili...
A ciò, aggiungo la possibilità di condivisione familiare e/o amicale per attraversare i momenti più cruciali, da cui nessuno è esente, con la sensazione di non essere completamente soli, soprattutto in quest’epoca dove indifferenza, ritmi accelerati e cambiamenti epocali stanno avvenendo, al di là della propria volontà (vedi la IA che ci viene prospettata come grande passo verso un domani migliore, e in alcuni campi lo sarà pure...). Concretamente, una Vita buona per tutti, significa maggior senso di socialità, responsabilità e ritmi più consoni, a partire dai più piccoli ai più anziani, permettendo ascolto, rispetto reciproco e scambio d’esperienza; mentre per coloro che si sono assunti l’onere di governare, comprendere ed agire nella soddisfazione dei bisogni delle persone e non solo di un’economia che risponde alle imposizioni della finanza.
Isabella Vitali

La vita buona non può essere perfetta. Ma può essere costellata di piccoli momenti di felicità o perfezione: sta a noi saperli cercare e godere di essi.
Omar Mazzoleni

La vita buona nella logica del Signore Padre Nostro è, resta perfetta nella “logica del mondo creatasi dalla “libertà” di uomini e donne”. Non è forse il mondo che deve cambiare? Il cristianesimo con la forza dell’Oltre (“visibile” nell’invisibile con la Parola ...) ha le proprie barriere da abbattere con le proprie armi acquisite dallo Spirito Santo e mai smette! La Grazia è radicata e l’Amore si espande con amore materno. Caterina Marchesi
Quando l’essere umano metterà in campo sempre il grande valore dell’onestà, raggiungerà uno dei livelli più alti di evoluzione e perfezione.
Sergio Gibellini

La mia città ideale
Per me la vita buona non può essere perfetta, visto che la perfezione non fa parte della natura umana, ma la pulsione al meglio per ognuno di noi non può risolversi con pensieri egoistici o di guadagno individuale, anche se penso che ognuno dovrebbe fare la sua parte. Ma anche qui le diversità non possono essere eliminate, e mi torna alla mente “a ognuno a secondo del suo bisogno e da ognuno a secondo delle sue capacità”.
La mia città ideale, a differenza di questa, dovrebbe essere per l’uomo, ma mi sembra che sia piuttosto per l’automobile alla quale tutti noi ci siamo schiavizzati.
Quindi: pochissime macchine, pochissimi parcheggi, molti mezzi pubblici e biciclette, nessuna cunetta per limitare la velocità ma multe e ritiri di patente a chi supera i limiti di velocità (...). Panche al posto dei parcheggi e abituare al rispetto dell’ambiente e del prossimo con sanzioni che potrebbero essere di impegno sociale, meno centri commerciali e più un ritorno alla vita di vicinato; un tetto alla ricchezza che oggi evidenzia un inaccettabile allargamento della forbice sociale, trasparenza nella gestione del bene pubblico, con l’impegno dei gestori dello stesso a rendere conto e abolizione dei superpremi e super buoni d’uscita di gestori indipendentemente dal risultato...
Un progressivo passo in avanti per quanto riguarda i diritti, protezione delle fasce deboli, una spinta ad una morale laica, l’educazione al rispetto e un contrasto alla violenza verbale e non solo a quella fisica.
Il mondo sta prendendo una china inarrestabile, spinta da poteri forti che ci mostrano il mondo con i loro occhi, e come al solito ci fan credere di cambiare tutto per non cambiare niente. Grazie per l’opportunità di un sogno e di uno sfogo.
P.S. Rileggendo sembra lo scritto di un pessimista, ma in realtà io posso dire che mi reputo fortunato, nato in un contesto geografico e storico favorevole, quindi una persona che non può che ringraziare per quello che ha avuto e che lo circonda, sostenendo la bellezza della vita.
Erardo Capelli

Quando una vita è dignitosa
Una vita che ti permetta di godere degli anni di lavoro, anche umile, che con dedizione, ogni giorno, hai portato avanti per te, la tua famiglia e per la comunità.
E che tu non debba essere costretto alla povertà da un sistema che premia gli speculatori e fannulloni che si insinuano in una filiera produttiva sino a minare il tuo potere d’acquisto. Uno stato che non tutela chi sta lavorando e chi ha lavorato per tutta la vita creerà solo cattiva vita. Hai voglia a prenderla con filosofia quando a metà mese lo stipendio o la pensione è già finita. Forse a Napoli può anche non funzionare nulla e malgrado ciò la vita funziona lo stesso, come diceva l’amico tedesco, ma non al Nord, dove devi pagare tutto e la legge e le tasse sono applicate come in Svizzera. Per me non serve una vita perfetta perché sia buona, ma un sistema diverso quello sì che aiuterebbe ad avere una buona vita.
Alexar 1965

Sei favorevole al lavoro a distanza? Perché?

(dalla chat della community di Radio Alta)

• Sono a favore, se possibile, al lavoro da casa: meno auto sulla strada, meno inquinamento, risparmio carburante e si può anche gestire contemporaneamente qualcosa in casa.
Armida

• Alcune considerazioni. Al principio del Covid ho cambiato operatore telefonico per avere una copertura di rete che mi permettesse di lavorare altrimenti “ero fuori”, causa gestione files pesanti incompatibili con la vecchia linea. Vero che non abbiamo perso il lavoro, questo è da dire, e senza smart working alcuni posti sarebbero saltati.
Serve però anche una casa minimamente adeguata. Io ad esempio non ho né uno studio né spazio riservato, utilizzo il tavolo della cucina che è aperta sul soggiorno con i disagi sia per me che per gli altri membri che non possono accedere alla Tv o quant’altro mentre lavoro. Penso sia stata una soluzione salvavita e che aiuta a conciliare tempi di lavoro e famiglia, ma preferisco le relazioni con i colleghi in ufficio.
(...) Concludo dicendo che ci vorrebbero maggiori tutele per i lavoratori, le aziende risparmiano con meno lavoratori in ufficio ed è stata dimostrata maggiore produttività, i dipendenti non sempre hanno la meglio. Le condizioni di casa non sempre sono ottimali anche per le sedute/postazioni/schermi (non tutti a casa hanno il desktop, dopo un’intera giornata su tabelle e numeri sopra lo schermo misura laptop vi assicuro che la vista ne risente parecchio). Scusate la “delegata” sindacale dentro di me…
Veronica

• Credo che sia buona cosa, ma non mi piace del tutto. Manca la socializzazione, il vivere la “vita da lavoratore”. Sono passata da un’amica che ormai è in smart working e l’ho vista trasandata, con quella frase “tanto sono a casa” che non mi piace... E come sono le condizioni all’interno della casa ? Su un tavolo da cucina? Su una piccola scrivania in camera da letto? Hanno tutti un posto dedicato? C erto meno traffico, smog, etc.., e se si facesse un po’ e un po’ e si investisse meglio su queste ultime tematiche in modo da bilanciare?
Miriam

• Ecco Miriam, hai colto in pieno il senso dei miei pensieri. Io personalmente sento forte il bisogno di comunicare e quando sono a casa capisco che inevitabilmente divento irritabile e triste. Uso la possibilità dello smart solo quando ho bisogno, magari per conciliare impegni vicino casa . E prendo mezza giornata di ferie, perché un giorno intero non riesco a reggere. Ho anche proposto alla mia azienda di devolvere le ore di chi come me non usa appieno lo smart working per chi ne ha più bisogno. Ci stiamo lavorando.
Veronica

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