«A Rotterdam la mia corsa per combattere la leucemia»

Martina Lauto. A 29 anni vive e lavora in Olanda. Specializzata in Biotecnologie mediche viaggia nel mondo per migliorare la lotta alle cellule tumorali.

Dal sognare di diventare maestra d’asilo a diventare una ricercatrice nell’ambito della lotta alla leucemia, il passo non è sicuramente breve. Lo sa bene Martina Lauto, 29 anni, nata e cresciuta a Bergamo, che ha scelto di studiare al liceo Secco Suardo di Bergamo (dove si è diplomata nel 2012) proprio perché spinta dalla voglia di dedicare la sua vita ai più piccoli, salvo poi, nel bel mezzo delle superiori, scoprire di avere una vocazione «da scienziata», come dice lei stessa, e senza pensarci decidere di cambiare strada. Una strada che l’ha condotta in Olanda, dove oggi lavora per la CellPoint, a Leida, usando cellule Car-T per combattere le cellule tumorali.

«Il processo – spiega Martina – prevede il prelievo in aferesi dal paziente, da cui vengono isolati i globuli bianchi. Questi sono poi modificati di modo che vadano a riconoscere e a eliminare le cellule tumorali. Le Car-T vengono usate già da anni come terapia cellulare contro le leucemie e i linfomi, ma vengono prodotte in modo centralizzato, cioè gli ospedali spediscono l’aferesi nel centro di manifattura dove viene prodotta la terapia che viene poi inviata di nuovo al paziente. Il processo è lungo e costoso e noi stiamo cercando di accelerare i tempi e diminuire i costi decentralizzando la manifattura. Io nello specifico mi occupo di ottimizzare sempre di più il processo e viaggio per gli ospedali in Europa (e presto in tutto il mondo) per insegnare ai laboratori in loco come produrre Car-T per i loro pazienti. In questo modo le persone possono ricevere la terapia già sei giorni dopo il prelievo in aferesi».

«Ho una famiglia molto internazionale e multietnica e ho sempre pensato che mi sarei voluta trasferire all’estero anche io, senza però avere mai chiaro dove. Un giorno mi sono imbattuta in un post su Facebook dove si parlava di un paesino olandese, Giethoorn, e lì mi ha fatto click qualcosa in testa per cui mi sono messa a fare ricerche sull’Olanda, di cui non sapevo molto: mi ha incuriosito sempre di più come Paese e visto che l’anno successivo avrei dovuto trovare un laboratorio per fare il tirocinio della magistrale, ho iniziato a cercarne uno nei Paesi Bassi. Il mio istinto mi diceva che era la strada giusta, così ho trovato un laboratorio di ricerca all’ospedale di Rotterdam e 5 anni e mezzo fa ho iniziato la mia esperienza un po’ a metà tra la vita da studente e la vita lavorativa»

Un lavoro, quello di Martina che può davvero fare la differenza. «Ho fatto parlato anche dell’ospedale Papa Giovanni XIII al mio capo – dice con un po’ di orgoglio –, quindi spero di portare presto il nostro prodotto anche lì». Dopo il liceo, Martina ha conseguito la laurea triennale in Biologia alla Bicocca e la laurea magistrale in Biotecnologie mediche e medicina molecolare alla Statale. «Sono sempre stata molto istintiva nelle mie scelte, quindi non ricordo un particolare momento di epifania dove ho deciso che ciò che volevo essere da grande era la scienziata. E in realtà sarei voluta diventare una maestra d’asilo. Poi durante il terzo anno di liceo, quando ho iniziato a studiare genetica e biologia durante le ore di scienze, mi sono sentita più attratta da questi argomenti rispetto alla psicologia e alla pedagogia. Così ho semplicemente deciso che all’università avrei scelto Biologia e non me ne sono ancora pentita».

Proprio durante gli studi universitari, Martina è partita per la prima volta per l’Olanda, nel 2017. «Ho una famiglia molto internazionale e multietnica e ho sempre pensato che mi sarei voluta trasferire all’estero anche io, senza però avere mai chiaro dove. Un giorno mi sono imbattuta in un post su Facebook dove si parlava di un paesino olandese, Giethoorn, e lì mi ha fatto click qualcosa in testa per cui mi sono messa a fare ricerche sull’Olanda, di cui non sapevo molto: mi ha incuriosito sempre di più come Paese e visto che l’anno successivo avrei dovuto trovare un laboratorio per fare il tirocinio della magistrale, ho iniziato a cercarne uno nei Paesi Bassi. Il mio istinto mi diceva che era la strada giusta, così ho trovato un laboratorio di ricerca all’ospedale di Rotterdam e 5 anni e mezzo fa ho iniziato la mia esperienza un po’ a metà tra la vita da studente e la vita lavorativa».

Il tirocinio all’ospedale di Rotterdam ha convinto ulteriormente Martina che la sua strada la conduceva dritta in Olanda. «Come anno è stato meraviglioso. Avevo anche un sacco di tempo libero per esplorare il paese e farmi molti nuovi amici. Rotterdam è una città molto moderna e la metà della popolazione è composta da internazionali, quindi fare amicizia è davvero semplice. L’anno dopo mi sono laureata a Milano e sono venuti con me la mia tutor e altri tre colleghi del laboratorio dall’Olanda. Ha significato molto per me che fossero lì a sostenermi. Dopo un mese dalla laurea sono tornata a Rotterdam a cercare lavoro. Per qualche tempo ho lavorato in un ristorante pugliese in centro e in una gelateria. Alla fine sono stata assunta in un’azienda farmaceutica a Maastricht, quindi mi sono trasferita lì».

Nel 2021, poi, Martina si trasferisce di nuovo a Rotterdam, dove risiede tuttora. «Dopo poco che sono arrivata a Maastricht è iniziata la pandemia e quindi le mie interazioni sociali sono drasticamente calate. Per fortuna avevo dei vicini di casa favolosi, una coppia di ragazzi tedeschi e una coppia italo-inglese, tutti e quattro della mia età, con cui ho passato lunghe serate guardando film e cucinando insieme. Quando il lockdown non era troppo rigido mi trovavo spesso anche con un’altra coppia di italiani, due ragazzi bresciani: ci siamo sempre sostenuti durante un periodo duro per tutti. Dopo due anni a Maastricht, però, ho deciso che era arrivato il momento di tornare a Rotterdam, così ho trovato un altro lavoro e mi sono trasferita. Per fortuna avevo ancora quasi tutti i miei amici e quindi mi sono sentita subito come se non me ne fossi mai andata. E anche il lavoro che faccio ora è molto più gratificante».

«Ovviamente mi manca Bergamo e io raccomando sempre a tutti quelli che incontro di andarla a visitare. Anche il cibo mi manca, soprattutto i biscotti della colazione, i casoncelli e la polenta taragna»

Bergamo e l’Italia mancano a Martina, ma, almeno per ora, la sua casa è Rotterdam. «Ovviamente mi manca Bergamo e io raccomando sempre a tutti quelli che incontro di andarla a visitare. Anche il cibo mi manca, soprattutto i biscotti della colazione, i casoncelli e la polenta taragna. Anche se grazie alla globalizzazione posso trovare quasi tutto anche qua facilmente. In un’ora però posso essere a Bergamo e sono in contatto telefonico con la maggior parte degli amici che ho lasciato 5 anni fa e con la mia famiglia e mi sono venuti tutti a trovare almeno una volta. Persino mia nonna ha deciso di prendere il primo aereo della sua vita per venire a trovarmi». «Per il momento mi piace vivere qui, mi sento stimolata dall’ambiente internazionale e da una mentalità diversa. Sto anche imparando l’olandese, che di certo aiuta a integrarsi e farsi amici tra i locali. Quest’anno poi ho anche comprato casa vicino a Rotterdam, quindi sto cercando di convincere la famiglia a fare un Natale olandese per inaugurarla come si deve. Per quanto riguarda il futuro, non ho programmi. Ma non si sa mai cosa la vita ci riserva. Per ora sono felice qui e se qualcosa cambierà seguirò ancora il mio istinto per decidere cosa fare».

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