Con la Persico il salto nel cuore dell’automotive: direzione Detroit

Rochester Hills, 85 chilometri quadrati, 80.000 abitanti. Un’oretta di macchina e sei a Detroit, il nucleo pulsante del Michigan, già capitale mondiale dell’auto: lì Henry Ford produsse la sua prima vettura, lì trovano sede gli uffici della Fca e della General Motors. Da quelle parti si decidono strategie e futuro del settore automobilistico yankee. E da quelle parti, nel 2013, la Persico di Nembro decise di aprire la sua divisione Usa, rilevando una ditta produttrice di macchinari di finitura per l’industria su quattro ruote. «Si trattava di implementare su quella struttura già consolidata le produzioni tipiche della nostra azienda», racconta Michele Visciglio, «con gli stampi, gli impianti e tutto il resto destinato al settore dell’automotive».

Si trattava anche di destinare a quella sede del personale pronto alla sfida: servivano figure capaci di esportare il know-how bergamasco dall’altra parte del mondo, gente pronta a cambiare radicalmente le proprie latitudini e le panoramiche annesse. Gente come Michele e la sua famiglia, appunto. Michele e sua moglie Silvia Carrara, che ha sposato nel 2001, sono di Albino: nel 2002 è nata Elisa, poi via via sono arrivate Camilla, Vittoria e Matilde, che non aveva neppure due anni quando la famiglia ha dato una precisa sterzata al proprio tragitto. «A Nembro avevo mansioni di tecnico commerciale e mi occupavo del mercato tedesco: detto volgarmente, facevo il venditore». Quando, a seguito dell’acquisizione avvenuta negli States, è sorta l’esigenza di avere in loco almeno una presenza fisica – un punto di riferimento americano a cui la sede orobica potesse demandare le incombenze del caso – la scelta della Persico è ricaduta su di lui: «Dopo una ricerca interna mi è arrivata la proposta: stimolante, certo, anche gratificante, ma quanto mai impegnativa e soprattutto estrema. Non potevo andar là e lasciare qui una moglie e quattro bambine: così la decisione concordata con l’azienda è stata quella di trasferirmi con tutta la famiglia. Chiudere un capitolo essenziale della nostra vita e aprirne un altro completamente nuovo».

Il passaggio è stato graduale: il primo periodo a stelle e strisce Michele l’ha trascorso da solo in una realtà del tutto sconosciuta, mentre in Val Seriana il resto della famiglia preparava armi, bagagli e documenti in vista del ricongiungimento. «Dell’azienda sono stato il primo a essere trasferito e per un certo periodo sono rimasto anche l’unico italiano in mezzo a quasi trenta americani. Poi col tempo da Bergamo sono arrivati altri colleghi, anche perché l’impresa ha avuto una notevole crescita a livello di produzione e dipendenti».

Mesi piuttosto duri, i primi (da luglio a fine 2013), lavorando tutto il giorno a distanza siderale dagli affetti più cari, ispezionando il territorio per calarsi nella sua profondità, cercando il posto migliore in cui andare a vivere e mandare le bimbe a scuola. Giornate ricolme di dubbi, «perché sapevamo che non sarebbe stato semplice lasciare le nostre certezze, staccarci da parenti e amici, dal nostro lavoro che comunque dava soddisfazioni (Silvia è stata maestra di scuola elementare, ad Albino e a Covo, ndr). Si sa come si dice, no? Chi lascia la via vecchia per la nuova… Ecco, due genitori con quattro figlie piccole stavano per imboccare una strada sconosciuta: da spaventarsi solo a pensarlo».

Figuriamoci a farlo, anche se poi Michele e Silvia hanno capito in fretta che quella era stata la scelta giusta: «Ora possiamo dirlo con certezza, ma in realtà è stato chiaro sin da subito: abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria, anche perché questa è una zona in cui sono abituati all’arrivo degli stranieri e dunque si è sviluppata una comunità multietnica e multiculturale. Girando per le strade incroci indigeni, messicani, cinesi e quant’altro: qui convivono senza problemi religioni di ogni tipo, anche grazie a un’apertura mentale che ti consente di sentirti a tuo agio e trovare il tuo posto, la tua dimensione».

Anche le scuole sono strutturate in maniera tale da permettere il graduale e comodo inserimento dei giovani studenti in arrivo dall’estero: il sistema Esl, che sta per “English as a second language”, consente ai ragazzi di integrarsi in un contesto radicato e fornisce tutto il supporto necessario nei loro primi passi. «Il programma è pensato sull’arco dei due anni, poi però basta molto meno tempo e già tutti iniziano a “camminare” per conto proprio: dopo pochi mesi le nostre figlie già capivano la lingua, si esprimevano, si muovevano in un clima di perfetta integrazione». Qui la riflessione si fa introspettiva, le conclusioni positive: «Sono state proprio loro ad aiutare noi a calarci in questa nuova situazione, e non il contrario: entrando in contatto con la scuola, con le famiglie dei compagni, con il contesto cattolico della zona abbiamo scoperto un mondo nuovo e ricco come neppure noi ci saremmo aspettati. Un’esperienza che ci ha insegnato ad aprirci a ogni possibile accadimento, a prendere ogni opportunità che la vita sottopone».

Anche perché la vita, a volte, sa riservare sorprese straordinarie. Qualche settimana fa, proprio su queste pagine, abbiamo raccontato la storia dei coniugi quasi novantenni Gino e Anna Salvi, albinesi anch’essi, che dal 1964 vivono in Ontario: e che nel 1988 ospitarono un giovane Michele Visciglio per una vacanza estiva vissuta come un’avventura. «Non li avevo più sentiti, poi sono arrivato a Rochester e mi sono reso conto che la loro casa era appena al di là del confine con il Canada, così ho provato a cercarli e fargli una telefonata: mi hanno risposto con uno squillante “Hello!”, inconfondibile, perché Gino e Anna sono ancora come allora, pimpanti, ospitali, pieni di vita. Ci siamo incontrati, naturalmente, e far conoscere la mia famiglia, ricordare le nostre valli, parlare dell’Atalanta è stato meraviglioso». E un po’ di Bergamo ha preso vita fra il Michigan e l’Ontario.

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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