
Bergamo senza confini / Valle Seriana
Domenica 29 Giugno 2025
Da Chanel a Dolce & Gabbana: a New York Alice crea set fotografici per l’alta moda
LA STORIA. Da Rovetta alla Grande Mela, Alice Martinelli, 37 anni, ormai è cittadina Usa. «In Italia come Partita Iva guadagnavo troppo poco». Ora è designer anche per grandi giornali americani. Raccontaci la tua storia di bergamasco nel mondo.

«Qui ho trovato il mio posto». A distanza di quasi 12 anni da quando è sbarcata a New York, Alice Martinelli, 37enne di Rovetta, non ha dubbi riguardo la scelta di essersi trasferita nella Grande Mela. Dopo aver lavorato qualche anno come interior designer, da una decina di anni lavora come set designer e ha creato una sua piccola società. Nel mese di aprile ha ottenuto la cittadinanza americana, diventando a tutti gli effetti statunitense.
Interior design alla Naba
«Ho studiato al liceo artistico a Lovere – racconta – e dopo il diploma mi sono iscritta al corso di Interior Design all’Accademia di Belle Arti. Un anno, durante la fase degli studi, l’ho trascorso in Inghilterra. Avevo il desiderio di migliorare il mio livello di inglese, ed è stata una bella esperienza. Dopo di che, ho ottenuto la laurea e ho fatto un master in Interior Design alla Naba di Milano, durato un anno. Ero pronta per entrare nel mondo del lavoro: sono rimasta a Milano dove, come libera professionista, collaboravo con uno studio di architettura della città. Mi piaceva, avevo l’occasione di fare progetti anche importanti, e viaggiavo spesso. Il problema era principalmente economico: non ero pagata moltissimo, essendo poi titolare di Partita iva, con tutto quello che ne concerne, e vivendo da sola a Milano, alla fine rimaneva davvero gran poco. Questo mi creava parecchia insoddisfazione, così a maggio del 2013 ho lasciato il lavoro e mi sono presa un periodo sabbatico per pensare riguardo al mio futuro».
La tappa a Barcellona
L’idea di New York era già nell’aria, ma prima Alice si trasferisce per un breve periodo in Spagna. «Pensavo già all’America – prosegue – ma prima, forse per riflettere ancora un pochino sulla cosa, ho trascorso qualche mese a Barcellona. Ne ho approfittato per fare un corso di spagnolo e imparare un po’ anche questa lingua. Conclusa questa esperienza, a novembre dello stesso anno parto definitivamente per New York. Avevo già amici che vivevano lì e anche qualche colloquio da fare appena sarei arrivata. Tant’è che a dicembre già lavoravo come interior designer. Ambientarsi è stato abbastanza facile avendo già conoscenze in città. È stato invece più difficile per tutto ciò che riguarda la burocrazia e la logistica: visto, trovare la casa giusta etc. Ma superato il primo anno, in cui tutto era nuovo, poi è stato più facile, infatti eccomi ancora qui».
Set designer per la moda
«Ho pure cambiato lavoro poi: mi ero stancata di stare sempre davanti al pc, a preparare progetti di cui a volte nemmeno si vedeva il risultato finale. Così mi sono buttata su un settore diverso, ma nemmeno troppo: faccio la set designer per brand di moda, ma anche riviste e giornali. Disegno, progetto e realizzo set fotografici. Alcuni dei marchi con cui ho lavorato sono Dolce & Gabbana, Chanel, Etro, ma nella lista ci sono anche giornali come “The New York Times” e “The Wall Street Journal”. Come dicevo prima, non è troppo distante dalla mia precedente professione, ma è più dinamico, frizzante, stimolante. Il risultato finale è quasi immediato, e mi soddisfa maggiormente».
«Inutile pianificare troppo»
«Per lavoro viaggio spesso: Londra, Miami, Los Angeles – spiega –. Ma anche Italia: lo scorso anno sono venuta cinque-sei volte. Ho creato una mia piccola società con alcuni collaboratori sparsi qua e là nel mondo. Aspettative certamente ripagate: avevo un primo visto di diciotto mesi e non sapevo bene poi come sarebbe andata, non mi sono fatta troppe domande e ho vissuto quello che è arrivato. Trovo davvero inutile pianificare troppo la vita, succede sempre qualcosa di inaspettato che cambia le carte del gioco in tavola. Da poco ho anche ottenuto la cittadinanza americana, superando uno specifico esame: mi sono dovuta rimettere sui libri per l’occasione, chi l’avrebbe mai detto. È stato un momento emozionante, una bella soddisfazione devo ammettere, e ora ho ufficialmente due passaporti, non è da tutti (ride, ndr). Ma davvero è passato così tanto tempo? Sono realmente arrivata alla fase della cittadinanza mi sono chiesta? Forse perché, tra alti e bassi ovviamente, tutto è sempre andato per il verso giusto, mi sono sentita a casa, e senza che me ne accorgessi gli anni qui sono passati in un lampo. Il tempo scorre in fretta quando ci si diverte no?».
New York: bella, frenetica, unica
New York, una metropoli emozionante, bella, frenetica, adorabile, unica. Difficile non innamorarsene. «A mio avviso – confessa Alice – non c’è migliore città al mondo. È frenetica e ci sono sempre moltissime cose da fare e opportunità da cogliere. Difficile annoiarsi, impossibile direi. Qui vivono moltissimi immigrati e questo genera un mix di culture pazzesco e unico nel suo genere. Anche per quanto riguarda il cibo infatti si trova di tutto, e piatti italiani davvero gustosi: ovviamente serve andare nei posti giusti, non quelli prettamente turistici dove la qualità spesso è bassa a fronte di prezzi non troppo moderati. Le differenze con casa sono tante, è tutto completamente diverso. A distanza di così tanti anni, se mi fermo a pensare, sento di aver trovato il mio posto nel mondo. Il mio quotidiano è qui, non mi vedo in Italia o in altri posti per ora».
«Ormai qui è casa»
«In un futuro vorrei però tornare a casa, non nego che mi piacerebbe. Anche se ho avuto la fortuna di creare molti legami qui, e di trovare un compagno anche lui italiano, sento molto la mancanza della famiglia e degli amici più cari che ho lasciato in Valle Seriana. Nonostante la lontananza, riesco però a tornare spesso a trovarli. Se invece dovessi andare via da New York, avrei la mancanza di diverse cose: i tramonti vicino casa - abito a Brooklyn vicino al lungofiume -, le passeggiate, gli spazi grandi e l’intensità di tutte le cose che si vivono qui, il cielo blu e i colori. Ma anche il mio appartamento, lo studio, e tutte le relazioni create in questi anni. Uno dei periodi peggiori vissuti qui è stato quello relativo alla pandemia, senza dubbio. È arrivata un attimo dopo rispetto all’Italia, ma è stata comunque intensa. Siamo stati chiusi in casa per qualche mese, e ovviamente non si poteva lavorare, soprattutto nei settori come il mio c’è voluto diverso tempo prima di riprendere a pieno ritmo».
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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