Da Clusone a Los Angeles per Chanel ed Estèe Lauder

LA STORIA. Filippo Randon dal 2008 lavora negli Stati Uniti: «Sviluppo la presenza digitale dei brand di moda». Ora la sua start up sui trattamenti per la pelle.

«Ho sognato sin da piccolo di partire: volevo girare il mondo, conoscere persone diverse da me, fare esperienze di altre culture». Sono le parole di Filippo Randon, 43enne di Clusone, e residente negli Stati Uniti da quasi vent’anni. Era il 2008 quando è arrivato a New York, mentre dal 2017 si è trasferito a Los Angeles. «I miei genitori mi hanno sempre sostenuto sotto questo punto di vista – prosegue –: “Impara le lingue, dicevano, studia, e poi vai”. È stato un consiglio motivante, che mi ha permesso di sentirmi a mio agio ovunque. Inoltre sia alle scuole medie che successivamente alle superiori, ho trovato insegnanti di lingue straniere superlative, che mi hanno spronato ad amare la materia. Così è stato.

Ora mi servirebbero lezioni di grammatica italiana probabilmente (ride, ndr). Ho studiato Economia per tre anni all’Università Bocconi di Milano, pensando che questa facoltà mi aprisse più strade, e che studiare in inglese mi desse ancora più opportunità per il futuro, non sapendo ancora quale sarebbe stato il mio percorso. Durante il terzo anno, ho cercato uno stage nel settore moda a Milano, ma senza successo non avendo agganci o conoscenze».

«Il fascino di lavorare e vivere in America è sempre stato molto forte in me»

Stage e lavoro da Chanel

«Ho frequentato il biennio di specializzazione a Parigi per la qualità dell’università, e non meno importante, per imparare una terza lingua sperando anche di avere più occasioni di lavoro nel campo moda e lusso, settore che ho sempre amato – ricorda –. Prima di laurearmi, ho ottenuto un paio di stage da Chanel che mi hanno permesso di avere un posto di lavoro subito dopo la laurea specialistica. Era un’offerta che non potevo rifiutare: lavorare per un’azienda iconica, partire per New York e sviluppare la presenza digitale del brand. Il fascino di lavorare e vivere in America è sempre stato molto forte in me».

Così il baradello, senza pensarci troppo, è volato verso la Grande Mela. «Sono atterrato a New York vedendo i fuochi del 4 luglio dall’aereo – ricorda –, e dai primi momenti nelle strade del West Village, ho capito che mi sarei trovato a casa. Poco dopo il mio arrivo nel 2008, è iniziata la crisi economica. Dalla finestra del mio ufficio vedevo i traders delle banche d’affari licenziati, con i loro scatoloni in mano, che lasciavano l’ufficio. Questa situazione mi ha aperto gli occhi, ma ero giovane, entusiasta, idealista e vedevo davanti a me un futuro migliore. Anche con poche risorse e lavorando come un matto: è stato forse uno dei periodi più vividi, positivi ed eccitanti del mio percorso».

A Los Angeles per Estée Lauder

«Dopo essermi trasferito a New York, sono rimasto da Chanel per più di dieci anni, durante i quali ho avuto la fortuna e la possibilità di girare il mondo: tutta l’Europa, poi in Cina, Giappone, Singapore, Brasile, Russia. Viaggi che ho continuato a fare anche quando mi sono licenziato per cominciare una nuova avventura a Los Angeles, come dipendente di Estée Lauder, dove sono rimasto sino al 2021. Attualmente lavoro per una start-up nel settore dei trattamenti per la pelle: il mio ruolo è un connubio tra il marketing e la direzione creativa».

Clusone e la Valle Seriana, un luogo dove non mettere radici. «Ho sempre considerato Clusone una piccola realtà, più come una piattaforma di lancio piuttosto che un luogo dove mettere radici. Tra il mio gruppo di coscritti, sono stato uno dei primi (e dei pochi) a lasciare l’Italia. Venticinque anni dopo, mi ritrovo al contrario, ad apprezzare la semplicità, la tranquillità, e il tempo passato con la famiglia e i vecchi amici. Arrivato alla mia età, dopo aver maturato un’esperienza internazionale sia di vita che professionale, mi affascina l’idea di tornare a casa per ritrovare la mia cultura, la bellezza dei luoghi e soprattutto uno stile lavorativo e un modo di vivere, diverso da quello a cui sono abituato».

«Venticinque anni dopo, mi ritrovo al contrario, ad apprezzare la semplicità, la tranquillità, e il tempo passato con la famiglia e i vecchi amici»

La pensione e l’olio d’oliva

«Sono diventato da poco cittadino americano, quindi il mio punto di vista personale sugli Stati Uniti è quello di un italiano che si sente integrato ormai da anni»

«Il mio sogno nel cassetto dopo la pensione è quello di coltivare un uliveto e creare il mio brand di olio d’oliva: ci sto lavorando, un’avventura imprenditoriale completamente nuova per me, che combina le mie radici italiane con l’intento di commercializzare questo prodotto che tutti ci invidiano sul mercato americano. Sono solo all’inizio di questo progetto, ma sento che mi appassiona parecchio. Sono diventato da poco cittadino americano, quindi il mio punto di vista personale sugli Stati Uniti è quello di un italiano che si sente integrato ormai da anni. Quando si parla dell’America, si parla di “sogno americano” e di un ottimismo che è il fondamento di un punto d’incontro tra culture creato dall’immigrazione. È la culla dell’innovazione, della voglia di farcela, un paese dove si pensa che se lavori duro (magari con un pizzico di fortuna) sarai ricompensato».

«È anche una nazione caratterizzata da contraddizioni ed eccessi, e ultimamente, purtroppo si iniziano a vedere delle falle nel sistema – spiega –. Le tendenze autoritarie, isolazioniste e xenofobe del “trumpismo”, stanno rendendo gli Stati Uniti un paese meno rilevante ed attrattivo di quello che era una decina d’anni fa. Sono molto fortunato ad aver messo radici in entrambi i paesi, e forse per questo motivo sto riflettendo sulla possibilità di tornare in patria, magari per qualche anno o per la prossima avventura professionale».

«L’importante, per vivere Los Angeles al meglio, è amare il bel tempo, avere un gruppo di amici veri e stretti, tenersi in forma e non far caso alle lunghe distanze di percorrenza in auto»

L’America che cambia pelle

Los Angeles, una contraddizione continua. «La definirei proprio così – afferma il 43enne –: è cosmopolita ma estremamente provinciale, costantemente ambiziosa ma anche molto rilassata e amichevole. Direi che la migliore descrizione è la citazione dello scrittore

statunitense Norman Mailer: “Los Angeles è una costellazione di plastica”. Qui la gente tenta la fortuna per diventare famosa, e a volte è difficile trovare autenticità. In questo momento è in corso la crisi dell’industria cinematografica, molti set si sono spostati all’estero. Senza parlare degli incendi dello scorso gennaio. Sono stati deleteri, il quartiere Pacific Palisades è interamente scomparso. Ci vorranno anni prima di ripristinare quello che era un fiore all’occhiello».

«L’importante, per vivere Los Angeles al meglio, è amare il bel tempo, avere un gruppo di amici veri e stretti, tenersi in forma (l’attività preferita è la palestra e le passeggiate nella bellissima natura qui attorno) e non far caso alle lunghe distanze di percorrenza in auto - conclude –. La sensazione di guidare su Sunset Boulevard con il finestrino aperto, e arrivare sul mare verso Malibù è unica».

Bergamo senza confini

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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