Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 23 Novembre 2025
«Da Dubai porto i brand americani e giapponesi in Medio Oriente»
LA STORIA. Da Paradise Island agli Emirati Arabi, Mattia Sala, general manager di Soho Group, start up internazionale. «Radici salde nella famiglia, la nostra casa è il mondo».
«Da Albino alle Bahamas, e poi ritorno». Così si chiudeva nel 2016 il racconto – nelle righe della nostra rubrica «Bergamo senza confini» – dell’esperienza di Mattia Sala a Paradise Island, quando la sua vita pareva avviata verso un rientro a Bergamo. Ma chi conosce davvero Mattia sa che l’immobilità non fa per lui: pochi anni dopo quella decisione, le onde lo hanno portato altrove. Non più l’oceano cristallino dei Caraibi, ma un deserto che brilla di vetro e acciaio: Dubai, la città che sembra proiettata nel futuro e che oggi è la sua casa.
Nato ad Alzano Lombardo nel 1984, cresciuto ad Albino, maturità all’Itc Romero e laurea alla Bocconi, Mattia è il ritratto del bergamasco che parte senza paura e con grande spirito di sacrificio. Da studente serviva ai tavoli di Da Vittorio per mantenersi, poi il lavoro nel real estate, l’avventura con Abercrombie & Fitch a Milano e, infine, la moda di lusso alle Bahamas, dove lo avevamo incontrato anni fa. Ma dopo il ritorno in Italia, con esperienze brillanti in Lvmh e McArthurGlen, la sua bussola ha ricominciato a puntare verso est. «Il desiderio di lasciare l’Italia non era mai sopito – racconta –. I motivi sono noti: stipendi più bassi rispetto ad altri Paesi sviluppati, tassazione sproporzionata, servizi carenti, assenza di meritocrazia.
Il Medio Oriente, e Dubai in particolare, erano un obiettivo concreto». Nel marzo del 2022 invia qualche curriculum. Le risposte arrivano subito. Da un lato Lvmh, dall’altro Soho Group, una start-up pronta a portare nuovi brand americani e giapponesi in Medio Oriente. Mattia sceglie la sfida più rischiosa e se ne innamora. «A giugno volo a Dubai, incontro il team, firmo il contratto. In poco più di un mese riorganizziamo la vita dell’intera famiglia e il 28 luglio inizia l’avventura: un appartamento al trentesimo piano con vista sulla Marina, ufficio che guarda il Burj Khalifa, un piccolo gruppo di 16 persone e una grande visione da realizzare».
Tre anni dopo, quella visione è diventata realtà. Soho Group ha aperto oltre 17 negozi tra Emirati, Arabia Saudita, Libano, Bahrein, Giordania, Turchia e Francia, con altre aperture in arrivo. «Siamo già 250 persone, un team multiculturale che cresce senza sosta. Gestiamo brand come Amiri, stilista emergente di Los Angeles, e Alo, marchio di active wear amatissimo dalle celebrities, e %Arabica, una catena di caffetterie nata in Giappone che abbiamo portato anche a Parigi, dentro il Louvre. Il mio ruolo di General Manager prevede la gestione completa degli asset aziendali: pianificazione, budget, sviluppo nuove aperture, operations, prodotto, logistica. La valigia è sempre pronta». Il ritmo è vertiginoso: voli mensili in Medio Oriente, tappe a Milano e Parigi per le collezioni, missioni a Los Angeles per incontrare i brand.
La start up che continua a crescere
Eppure, nella sua geografia personale, il centro resta la famiglia. Ambra, moglie e compagna di viaggio da quindici anni, «instancabile punto di equilibrio», ha rinunciato alle proprie ambizioni professionali per sostenere la crescita del progetto familiare. Le due figlie, Sophie Beatrice e Isabelle Olimpia, 9 e 7 anni, sono l’altra metà della storia. «Quando siamo arrivati non parlavano inglese, non sapevano leggere né scrivere nemmeno in italiano. Dopo poche settimane erano immerse in una scuola internazionale con novanta nazionalità diverse. Ora parlano, leggono e scrivono in più lingue, studiano arabo e spagnolo, fanno coding, arte, musica. Sono cresciute come cittadine del mondo». Dubai, nel frattempo, è diventata casa. Un appartamento a Jbr ristrutturato da poco, la spiaggia a pochi passi, un tessuto di amicizie che ricorda la convivialità italiana.
Vita di altissima qualità
«La vita qui è di altissima qualità, più di quanto immaginassimo. Una città sicura, pulita, rispettosa, con servizi eccellenti. Non potrei pensare a un luogo migliore per crescere le mie figlie» racconta. Eppure l’Italia resta nel cuore. «Ogni estate torniamo a Bergamo, vediamo i nostri genitori e gli amici, facciamo scorta di prelibatezze locali da riportare in valigia. La lontananza pesa, soprattutto dopo la perdita recente di mio suocero. Ma quando mi concentro su quello che stiamo costruendo qui, so che la scelta è stata giusta». C’è spazio anche per riflessioni più ampie. «Spesso ci sentiamo dire che siamo “fortunati”. Io credo che la fortuna sia una compagna utile, ma la differenza la fa il coraggio. Lasciare casa, famiglia, amici, quotidianità implica uno sforzo enorme. Il cambiamento è sempre un enigma, ma anche un’opportunità. All’estero non ci sono solo vantaggi: c’è competizione, stress, adattamento continuo. Eppure il merito viene riconosciuto, e questo fa la differenza».
Dubai resta la base
Guardando al futuro, Dubai sembra destinata a restare la base. «Abbiamo appena comprato casa qui, ed è il segnale che ci sentiamo davvero a “casa”. Questo Paese ci offre ciò che difficilmente potremmo trovare altrove: qualità della vita, stabilità sociale ed economica, opportunità di crescita. In futuro forse Singapore o Hong Kong, chissà. Ma oggi il presente è qui». E intanto la famiglia scopre l’Oriente: India, Sri Lanka, Bali, Oman. «Vogliamo regalare alle nostre figlie un bagaglio culturale ampio. Poi saranno loro a scegliere dove vivere o studiare. Per noi, “casa” non è un luogo fisico ma una sensazione: quella serenità che provi quando hai accanto le persone giuste».
I contrasti di Dubai
Passeggiare per Dubai significa immergersi in un caleidoscopio di contrasti. Da un lato i grattacieli che sembrano toccare il cielo, dall’altro i souk tradizionali delle spezie e dell’oro. È una città che non dorme mai, in cui si può sciare al chiuso nel cuore di un mall o fare un picnic nel deserto al tramonto. «Ogni weekend è diverso – racconta –. Ci sono parchi divertimento tra i più spettacolari al mondo, moschee, musei, gite in barca. E poi gli Emirati vicini: il mare cristallino di Ras Al Khaimah, le montagne di Hatta, le isole di Abu Dhabi. Per le bambine è una scoperta continua». Eppure, nella frenesia della metropoli, Mattia ritrova anche la dimensione intima di una famiglia bergamasca che sa replicare rituali antichi: una tavola condivisa con amici, molti dei quali italiani, un piatto di pasta cucinato la domenica, la nostalgia dei casoncelli che diventa racconto.
«In fondo – confida – portiamo sempre con noi un po’ di Bergamo. La nostra identità è una radice che non si spezza». Il futuro resta aperto, come sempre nella sua vita. «Forse un giorno cambieremo ancora continente, forse torneremo in Italia. Ma oggi quello che conta è vivere con intensità. Abbiamo energia e voglia di esplorare, e questo è il regalo più grande che possiamo fare alle nostre figlie». Così la storia di Mattia si allunga come l’orizzonte che ogni giorno guarda dal suo ufficio, con il Burj Khalifa che si staglia sul cielo di Dubai. Un orizzonte che non è un punto d’arrivo, ma un invito a ripartire. Perché, come ripete, «casa non è un indirizzo, ma la sensazione di serena soddisfazione che si prova accanto alle persone giuste».
© RIPRODUZIONE RISERVATA