Da Fontanella a Londra
a caccia di neutrini

«Un giorno, avrò avuto 16 o 17 anni, ero dall’estetista e raccontai di volere studiare fisica delle particelle e poi lavorare al Cern di Ginevra. Le mie amiche mi avevano chiesto, ridendo, se fossi pazza, e ora, quando qualcuno ricorda quella scena ridiamo ancora. Però io fisica delle particelle l’ho studiata. E al Cern ci vado ogni tanto per lavoro».

A raccontarlo è Linda Cremonesi, 30 anni, originaria di Fontanella, che da quasi 10 anni vive e lavora a Londra. La passione per la fisica la accompagna fin da quando era adolescente. «Studiare e cercare di spiegare l’origine di tutto, il Big Bang, mi ha sempre affascinato, fin dai tempi del liceo. Ed è questo che mi ha guidato lungo il mio percorso di studi, prima, e lavorativo e di vita, ora». Linda ha frequentato il liceo scientifico «G. Cossali» a Orzinuovi e si è poi iscritta al corso di laurea in Fisica all’Università degli Studi di Milano.

«Il terzo anno, grazie all’Erasmus, ho studiato alla Queen Mary University of London. All’inizio dovevo fermarmi 9 mesi, ma poi ho deciso di fare la tesi lì e mi sono fermata di più. Ho scritto la tesi in inglese e poi l’ho presentata in Italia, a Milano». Nel 2010, dopo essersi laureata, è tornata a Londra. «Mentre ero in Erasmus e stavo scrivendo la tesi, ho fatto domanda per poter svolgere un master alla University College London e mi hanno presa. Così, a luglio 2010 mi laureavo e a settembre dello stesso anno ho iniziato il Master of Science alla Ucl, che è durato 12 mesi».

La prima volta che era partita per Londra non immaginava che non se ne sarebbe più andata. «Finito il Master, nel 2011 ho, poi, iniziato un dottorato di ricerca alla Queen Mary University of London, che è durato 3 anni e mezzo, finito il quale, nel 2015, ho iniziato a lavorare per la Ucl, dove lavoro ancora oggi, come ricercatrice». Linda, nella vita, si occupa di studiare la fisica delle particelle elementari. «Se prendi la materia e tutto ciò che ci circonda, puoi dividerlo in atomi, l’atomo puoi scomporlo a sua volta, e poi ancora, fino ad arrivare ai quark, che sono le più piccole particelle che si conoscono. Non si possono scomporre. Le chiamiamo particelle elementari perché non se ne conoscono di più piccole. In particolare mi sono specializzata nei neutrini. Sono interessantissimi perché sono simili agli elettroni, ma senza carica elettrica. E non avendo carica elettrica sono difficilissimi da vedere, perché interagiscono molto raramente. Dall’altro lato però ce ne sono tantissimi. Basta pensare che ogni secondo ci sono circa cento mila milioni di neutrini che passano attraverso il nostro corpo, e questi sono quelli prodotti dal Sole. Sono ovunque e affascinanti. Le chiamano anche “particelle fantasma” perché sono molto difficili da vedere. Tramite lo studio di queste particelle vogliamo cercare di capire come tutto ha avuto origine, il Big Bang. I neutrini hanno la chiave fondamentale per capirlo».

Per studiare i neutrini, viaggia spesso e in diversi paesi. «Fisica delle particelle è un tipo di ricerca per cui servono esperimenti molto grandi e collaborazioni molto grandi, che sono quasi sempre internazionali. Per questo passo parecchio tempo negli Stati Uniti, al Cern di Ginevra e sono sempre in giro per il mondo. Una cosa di cui sono parecchio orgogliosa è di essere stata su tutti i continenti, tra viaggi di lavoro e di piacere. Per me è una bella soddisfazione». L’ultimo continente ad aver toccato è l’Antartide. «Alla Ucl lavoro su diversi progetti e per uno di questi, il progetto Anita, sponsorizzato dalla Nasa e dalla National Science Foundation Americana, sono stata mandata, tra novembre e dicembre 2016, in Antartide. È la cosa più strana che abbia fatto. Lì ho studiato i neutrini che provengono dal di fuori della nostra galassia. L’esperimento consisteva nel legare delle antenne radio ad un pallone gigante di elio che poi la Nasa ha lanciato a 40 km di altezza (gli aerei volano a 10 km di altezza). Il pallone, poi, ha seguito il vento polare che soffia in senso antiorario e il rivelatore attaccato al pallone è così riuscito a guardare in basso e cercare i neutrini che vengono dal di fuori della nostra galassia. Eravamo in 15 e abbiamo vissuto a McMurdo Station, una base americana, una delle stazioni più grandi dell’Antartide. D’estate lì ci sono circa 1000 persone, metà che si occupano di ricerca e metà che lavorano per far funzionare la base (dottori, infermieri, cuochi, etc). È come vivere in una base militare, anche se l’Antartide è un continente completamente demilitarizzato. È stato davvero strano».

Linda può dire di aver realizzato il suo sogno, anche se per farlo è dovuta andare lontano da casa. «A Londra sono davvero felice e vivo con Jenni. Certo, vorrei vedere i miei genitori, mia nonna, mio fratello, mia sorella e le mie nipoti più spesso. Mi manca poter vedere crescere ogni giorno le mie nipotine. Però riesco spesso a vedere tutti. Torno ogni due o tre mesi in Italia e loro vengono un paio di volte all’anno a trovarmi a Londra. E siamo sempre in contatto. Ogni giorno ci sentiamo. Al giorno d’oggi è sicuramente più facile. I miei, però, credo non si rassegneranno mai all’idea che io possa non tornare più a Fontanella. E nemmeno mia nonna che ogni volta che mi vede, quando poi devo ripartire, mi dice sempre di restare e che stavolta no, non mi lascia andare via». «Sono sicura, però – conclude Linda –, che tutti facciano il tifo per me, che siano contenti di vedermi felice e realizzata e li sento sempre vicini. Realizzare i propri sogni non è facile. Serve impegno e fatica. Ma basta crederci e fare un passo alla volta, senza mollare mai, nemmeno di fronte alle difficoltà. D’altra parte lo si fa anche per cercare di spiegare l’origine di tutto, il Big Bang».

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