È stato sviluppato da un bergamasco il miglior software dell’anno alla Nasa

La storia. Federico Semeraro, dal liceo Sant’Alessandro all’Agenzia spaziale degli Stati Uniti d’America. A 24 anni ha iniziato a realizzare il progetto PuMA.

Una passione sconfinata – e come potrebbe essere altrimenti – per lo spazio e la voglia costante di crescere e migliorarsi sempre. Sono questi gli ingredienti che hanno condotto Federico Semeraro, 28 anni, originario di Torre Boldone, a San Francisco, dove vive ormai da cinque anni lavorando per la Nasa, e a vincere, con il suo team, l’estate scorsa il premio come migliore software dell’anno della Nasa grazie a PuMA (acronimo per Porous Microstructure Analysis). Ma le conquiste di oggi partono da lontano, come insegnano quelle dello spazio.

«Dopo essermi diplomato nel 2013 al liceo scientifico Sant’Alessandro, ho deciso di trasferirmi subito a Londra perché mi avevano accettato all’Imperial College London, dove ho frequentato, fino al 2018, il Master of Engineering “MEng, Aerospace Engineering”. Ho studiato per 5 anni ingegneria aerospaziale, uno dei quali l’ho trascorso facendo un’esperienza in azienda, a Bristol, dove ho lavorato all’Airbus (analizzando le performance delle loro flotte). Durante gli altri quattro anni, inoltre, ho sempre cercato di fare tante esperienze nel mondo del lavoro, per capire veramente cosa volessi fare una volta terminati gli studi. Così ho fatto uno stage a Bagnatica nella BM Plastic Group (azienda di un mio caro amico), dove ho passato l’estate progettando parti per settore automobilistico; e uno stage alla Rolls Royce, a Derby, che fu importante perché proprio qui ho ricevuto il contatto del mio primo supervisor alla Nasa. In quel periodo però non si crearono subito opportunità, così feci un altro stage».

Questa volta Federico decide di lavorare per Earth-i (a Londra), dove scopre il mondo di deep learning (un sottoinsieme dell’intelligenza artificiale che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano). «Facevo analisi di immagini satellitari: il mio progetto era l’analisi di alcune miniere di rame in Cile, per capire se vi fossero degli indicatori che potessero predire quanto rame viene prodotto da una miniera. La cosa bella è che le miniere di rame cilene producono la maggior parte del rame al mondo; quindi, predirne la produzione significa anche avere un’informazione importante sull’andamento del prezzo del rame sul mercato». Poi finalmente la Nasa.

«La mia esperienza alla Nasa comincia 5 anni fa, quando mi fu offerto un progetto per la mia tesi di laurea. Argomento: trovare un metodo numerico per determinare la conduttività dei materiali utilizzati da scudi termici nelle capsule per il rientro atmosferico. Il metodo doveva essere integrato in un codice chiamato PuMA, un software che era stato creato nel mio team pochi mesi prima che cominciassi. Grazie al successo di questo piccolo progetto di tesi, con cui mi sono laureato nel 2018 (e con cui ho vinto il premio Imperial College 2018 come miglior tesi dell’anno accademico), mi fu offerto di continuare a lavorare al software come ricercatore junior»

Dopo un primo periodo di 6 mesi (da febbraio a luglio) in California per il progetto di tesi, quindi, Federico si trasferisce lì di nuovo dopo l’estate (sempre del 2018), per lavorare a Nasa Ames Research Center. «Da allora io e i miei colleghi (io assieme al mio collega Joseph Ferguson siamo i PuMA main developer, poi ci sono altre 5-6 persone che collaborano con noi) abbiamo aggiunto molte funzioni per l’analisi tridimensionale della microstruttura, con diverse pubblicazioni a riguardo, fino a ricevere l’estate scorsa il premio come migliore software dell’anno della Nasa. Al contempo, appena prima della pandemia decisi di cominciare un master (online e part-time) in Computer Science con una specializzazione in Computer Vision, offerto dal Georgia Institute of Technology, dal quale mi laureerò l’estate prossima».

«Guardando indietro a questi ultimi anni, provo un grande senso di gratitudine nei confronti di chi ha scommesso su di me e di orgoglio per aver avuto la tenacia di non abbandonare un percorso in salita, ma anche di grandi soddisfazioni» dice. Federico negli Stati Uniti ha anche trovato la sua compagna. «Qualche giorno prima di partire per l’Italia, alla fine dei 6 mesi trascorsi alla Nasa per il progetto di tesi, ho conosciuto la mia ragazza, Jennifer, ma all’epoca non sapevo se sarei tornato a vivere qui, non avendo ancora ricevuto l’offerta dalla Nasa. Invece poi sono tornato e da maggio scorso ci siamo trasferiti dal sud della baia di San Francisco, dove abbiamo vissuto 4 anni e mezzo, in centro città. È stata la scelta migliore che potessimo prendere; a me il sud della baia non piace molto perché è molto “suburban”, non c’è un centro cittadino come a Bergamo o nelle città italiane. Per andare al supermercato, ad esempio, dovevo prendere l’autostrada per 10 minuti. È molto dispersivo e molto industriale con pochi centri residenziali. Mi mancava avere un centro città avendo vissuto in Italia e a Londra. Qui dove siamo ora, invece, è proprio in mezzo a San Francisco ed è molto bello perché abbiamo i nostri posti preferiti, c’è anche un ristorante italiano molto buono, e allo stesso tempo siamo in collina, quindi è molto verde e abbiamo una bella vista della città e della baia».

«Recentemente – continua Federico – ho conosciuto un gruppo di italiani tramite amici e spesso organizziamo di giocare a calcetto: è bello perché siamo tutti ingegneri, tra i 25 e i 35 anni, e lavoriamo tra Nasa e altre aziende tech, quindi abbiamo un simile background». E il futuro? «Ho mantenuto rapporti stretti e sento quasi quotidianamente i miei amici e parenti; sono ancora molto affiatato con loro e affezionato alla mia famiglia, papà e mamma li sento davvero tutti i giorni. Ora sento il bisogno di essere più vicino alla cultura italiana e bergamasca, alle mie amicizie e alla famiglia. Quindi in logica per il futuro il mio piano sarebbe di ritrasferirmi almeno in Europa, se non in Italia. Con quali tempistiche però non so, perché non sono più da solo a fare i piani. A livello lavorativo, tramite gli studi ho scoperto anche una passione, oltre che per lo spazio, anche per computer vision e machine learning, quindi la mia carriera futura mi piacerebbe avesse questa direzione. Sono ancora appassionatissimo dello spazio ma ho ampliato il range di possibili lavori in futuro. Vediamo cosa succederà».

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