Silvia, anestesista in Svezia
con Bergamo nel cuore

Da Ponte San Pietro a Malmö, Silvia con il compagno Giuseppe vivono e lavorano in Svezia. Si sono conosciuti ai tempi della scuola, poco più che ventenni, con una passione per la musica e una gran voglia di conquistare il mondo. Nel loro piccolo, un pezzettino se lo sono presi, con la tenacia tipica bergamasca, senza arrendersi davanti alle prime difficoltà. Giuseppe Assolari ha 38 anni ed è originario di Valbrembo, Silvia Marchesi ne ha invece 34 ed è di Ponte San Pietro: da un anno vivono in Svezia, ora a Malmö, dove stanno costruendo il loro futuro.

«Ci siamo conosciuti 14 anni fa proprio a Ponte San Pietro, nel centro di aggregazione Atelier - racconta Silvia -. Era in programma un concerto ed entrambi facevamo parte di due band musicali». Silvia cantante della «Zona Critica», Beppe chitarra e voce dei «Niandra»: «Lui era quello famoso, il suo gruppo era conosciuto e il concerto era organizzato da gruppo Atelier che entrambi frequentavamo, ma senza mai esserci incrociati» spiega Silvia. Fino a quella sera: «Da quel concerto abbiamo iniziato a uscire e intanto facevamo il nostro percorso universitario - racconta Beppe -. Silvia Medicina a Milano, io Scienze della Comunicazione a Bergamo». Intanto Giuseppe dà una mano nel ristorante di famiglia, il «Ponte di Briolo» di Valbrembo, e Silvia, terminata Medicina, inizia la Specialistica di Anestesia: «C’era la possibilità di andare un anno all’estero - spiega la bergamasca -. Non ho esitato e nel 2015 sono partita per Uppsala».

La prima volta in Svezia

Esce subito lo spirito della viaggiatrice, pronta con le valigie in mano per scoprire nuovi mondi: «Non a caso mio padre Ivano mi chiama “puledro impazzito”. Uppsala è stata la scintilla di tutto e se ora siamo in Svezia entrambi tutto è nato qui». Città universitaria a nord di Stoccolma, qui Silvia inizia a lavorare come ricercatrice scientifica: «Stavo ore in laboratorio e mi occupavo di studi sulle infezioni - spiega -. Ho amato moltissimo quella esperienza che ha segnato il mio percorso professionale». Intanto Beppe aveva iniziato a lavorare prima come commerciale per la radio Rtl e poi in un’azienda informatica di Varese: «Andavo a trovarla quando riuscivo, ma nessuno dei due ancora pensava a un trasferimento».

Anche perchè Silvia torna a Bergamo nel 2016, finisce la Specialistica a luglio a Milano e vince un concorso e diventa medico anestesista al Papa Giovanni di Bergamo: «Qui sono stata un anno senza mai abbandonare il mio desiderio di continuare con la ricerca: ero medico anestesista nella Terapia intensiva della Neurochirurgia dell’ospedale di Bergamo. Un’esperienza incredibile che ho lasciato solo per il mio desiderio di voler provare a continuare come ricercatrice, in Svezia, dove ci sono possibilità di proseguire con questa carriera». Ma un pensiero va ai colleghi bergamaschi in questi giorni di grande lavoro e dolore: «In questo momento vorrei essere di nuovo lì, al Papa Giovanni, al loro fianco. La sensazione di essere inutile durante questa emergenza è un sentimento complicato che mi fa dormire male, ma anche in Svezia probabilmente presto avranno bisogno di me in prima linea» spiega Silvia che nel 2018 ha deciso di partire per il Congo: «Ci siamo sposati a maggio, vivevamo ad Azzano San Paolo. Io continuavo a pensare alla Svezia, alla ricerca e alla qualità della vita in questo paese. Prima del “salto nel vuoto” ne ho però voluto fare un altro, da sola: a inizio settembre ho dato le dimissioni e sono partita con Medici Senza Frontiere».

Il Congo

Tre mesi in Africa: «Ho fatto l’anestesista nelle condizioni più incredibili, scoprendo un mondo di povertà, umanità e solidarietà che mi hanno definitivamente spinto a scegliere: dovevo cambiare rotta e dovevo lasciare il percorso già tracciato - spiega Silvia -. Avevo paura, ma era il momento giusto per cambiare percorso». Beppe la sostiene e si mette in gioco: «Da quando la conosco ho subito capito che Silvia non era da tenere legata, è una donna che ha bisogno di esplorare opportunità, cercare nuovo stimoli - spiega lui -. Per il mio lavoro sapevo che potevo ricominciare da zero e dopo la sua esperienza in Congo siamo partiti: dovevamo provarci».

Beppe lo dice con la consapevolezza della fatica di questo salto: «Perchè non è così facile come può sembrare e noi siamo stati l’esempio che non bisogna demordere». A marzo del 2019 Silvia e Beppe sono a Uppsala: «Abbiamo sfruttato i contatti che avevo creato e abbiamo iniziato a cercare lavoro - spiega Silvia -. Se non parli svedese in ospedale però non puoi fare il medico e quindi, mentre abbiamo iniziato a studiare, io ho cercato un impiego nelle aziende, per fare ricerca scientifica in ambito farmaceutico o nel settore dei dispositivi medici».

Silvia spedisce oltre 120 curriculum e finalmente arriva un’offerta a Lund, vicino a Malmö: «E così ripartiamo e ci fermiamo qui dove ci stiamo radicando». Entrambi studiano svedese e poi c’è il lavoro e la scoperta di un nuovo mondo: «Lavoro per un’azienda che ha creato un dispositivo medico per fare le compressioni toraciche automatiche durante l’arresto cardiaco. Il prodotto è già sul mercato e mi sto occupando degli studi sul dispositivo. Nel frattempo collaboro con l’università a titolo gratuito e sto cercando fondi per fare ricerca. Il mio sogno è tornare in ospedale». Beppe ha iniziato subito a lavorare a una ventina di chilometri da Copenaghen: «La mattina prendo il treno che collega la Svezia alla Danimarca: lavoro per una piattaforma online di recensioni dei consumatori per il mercato italiano: analizzo i comportamenti dei consumatori dando dei feedback alle aziende».

«Ne è valsa la pena»

E nonostante le fatiche iniziali, la tanta burocrazia, i problemi con la lingua e il trasferimento da Uppsala a Malmö dopo pochi mesi, ora la vita della coppia bergamasca si sta stabilizzando: «Ne è valsa la pena, qui siamo felici e stiamo creando il progetto di vita che volevamo» dicono. Con delle piacevoli scoperte: «Prima di tutto la meraviglia della natura - spiega Beppe - e una comunità che sa accoglierti se crei legami». Hanno fatto rete con gli italiani e hanno sfruttato le loro passioni per avviare relazioni: «Io con la pesca e mi sono subito integrato. Un grande aiuto ce l’ha dato una pagina Fb di italiani a Malmö». E poi c’è il bosco a pochi passi da casa, parchi ovunque, il mare a un chilometro e mezzo. «Il freddo? Ci stiamo abituando, anche al vento del Nord - sorridono -. Malmö è ricca di stimoli e Copenaghen è vicinissima».

E mentre Silvia gira Malmö in bicicletta, Beppe si immerge nella natura: «Dalle amate montagne bergamasche ai boschi. In cinque minuti dalla città qui finisci in mezzo a branchi di caprioli, volpi, tassi, centinaia di aquile». Certo che Bergamo manca: «La famiglia, gli amici. Ci manca il patrimonio storico italiano e la meraviglia della nostra città». In questo periodo più che mai, con la preoccupazione per chi non sta bene: «Ci immergiamo nei ricordi: i casoncelli de “Il Ponte di Briolo”, le giornate trascorse con gli affetti,». Ma ora casa è qui: «Impareggiabile la qualità della vita, la flessibilità degli orari, la crescita professionale e meritocratica che è alla base della vita». La fiducia nel futuro che, in questi giorni, li porta a pensare all’Italia: «Il nostro cuore e il nostro pensiero sono con Bergamo».

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