Traduttrice a Londra
ora ha la sua casa editrice

Valentina Rossini, 48 anni, è un’affermata traduttrice. Nell’anno della pandemia ha deciso di rischiare tutto e a Londra ha creato la sua casa editrice «Vice Versa Publishing». Una passione smisurata per la lingua inglese e una altrettanto forte per la letteratura. Si potrebbero riassumere così i motivi che hanno portato Valentina Rossini, 48 anni, originaria di Mozzanica, a vivere la sua vita da adulta per lo più all’estero, in paesi anglofoni. «Quando studiavo alle superiori - racconta - scoprii che mi piaceva moltissimo imparare la lingua inglese (allora non era stata ancora introdotta nelle scuole elementari e medie). Poco dopo i 18 anni, tramite un’agenzia specializzata, andai in Inghilterra a fare una breve esperienza di studio-lavoro per praticare la lingua e in seguito ne feci altre, finché non decisi di rimanere a Londra per lungo tempo, dove conobbi quello che dopo diversi anni diventò mio marito, Gabriel.

Dopo aver vissuto a Londra per qualche tempo, decidemmo di trasferirci a Sydney, la città natale di mio marito, dove restammo per qualche anno: l’Australia è un paese molto bello, con scenari naturali spettacolari, e mi ha dato l’opportunità di studiare cose nuove e fare nuove esperienze, ma la sua posizione geografica molto remota, per una persona come me, che ama spostarsi, a volte pesava». Così, a fine 2003, Valentina e suo marito hanno deciso di trasferirsi di nuovo e tornare in Italia.

«Mentre abitavo in Australia ho conosciuto la scrittrice inglese-australiana Helen Hodgman e ho letto le sue opere. Da lì è nata la mia passione per la traduzione letteraria. Ho sempre amato leggere, fin da bambina, soprattutto i classici, e credo che questo abbia influenzato molto la mia inclinazione professionale. Avendo apprezzato uno dei primi libri pubblicati di questa scrittrice, un giorno pensai che forse avrei potuto provare a tradurlo in italiano. Così, una volta tornata in Italia, mi misi al lavoro, anche se all’epoca lo consideravo quasi come un hobby. Nel frattempo, avevo iniziato a svolgere lavori di traduzione di testi per studenti universitari, siti web e articoli di varia natura. Questi lavori mi aiutavano a fare pratica, imparando a tradurre testi letteralmente più complessi, come appunto i libri, perchè l’ottima conoscenza di una lingua straniera e la capacità di usare correttamente la propria lingua, sebbene elementi essenziali, non sono sufficienti a tradurre bene un romanzo, un racconto, o un saggio.

Tradurre un’opera letteraria, infatti, è quasi come scriverne una (non è un caso che la legge regoli il lavoro di traduzione editoriale sotto il regime “Diritto d’autore”) e la sua qualità letteraria dipende molto dal talento e dalla creatività, uniti all’esperienza, dello scrittore stesso». A fine 2009, Valentina iniziò anche un lavoro di co-traduzione in inglese col marito. «Si tratta di un libro che parlava di vivisezione e diritti animali, pubblicato poi da una casa editrice statunitense (Raider International, titolo: Lou, Buc, and all the Others), diventando così il primo libro in commercio con il mio nome come traduttrice. In seguito iniziai a esplorare più seriamente il settore e a contattare le case editrici. Con i primi testi tradotti e pubblicati crebbe la mia esperienza e la passione per questo lavoro, tanto che a volte traducevo libri di narrativa che sceglievo io stessa, su cui potevo lavorare con calma, e che poi cercavo di vendere alle case editrici.

Nei periodi in cui vivevo in Italia (nel corso degli anni siamo tornati per brevi periodi in Australia e abbiamo viaggiato molto in altri paesi) traducevo materiale soprattutto per le agenzie di traduzione, ma il lavoro che mi piaceva fare veramente era tradurre libri di narrativa. La competizione in Italia è altissima, soprattutto per la lingua inglese, essendoci un gran numero di bravissimi traduttori editoriali. Inoltre, il lato economico non era sempre soddisfacente in proporzione alla mole di lavoro e con il passare del tempo ho iniziato a guardare verso altri orizzonti». Poi, nel 2018, Valentina e la sua famiglia decidono di tornare in Inghilterra, dove vivono tutt’ ora. «Non fu una scelta facile o impulsiva. Ormai da tempo volevamo cambiare (siamo fatti così) e provare a migliorare le nostre vite e quelle dei nostri figli (Jessica e Samuel). Ci vuole coraggio per affrontare nuove situazioni geografiche e sociali, anche per persone abituate agli spostamenti come noi, eppure alla fine questa si è dimostrata la nostra strada migliore. Senza sottovalutare l’aspetto linguistico, che ritengo sia importante per le future opportunità dei miei figli, infatti, l’Inghilterra mi ha dato la possibilità di sviluppare ulteriormente la mia passione per la letteratura e la traduzione e all’inizio del 2020 è nata la mia piccola casa editrice indipendente inglese, Vice Versa Publishing, che pubblica testi tradotti e bilingue per bambini e adulti.

Sì, proprio nel famigerato 2020 ho intrapreso una nuova “avventura” lavorativa». Da un anno, quindi, Valentina porta avanti, non senza fatiche e difficoltà, il suo nuovo progetto e non ha intenzione di fermarsi. «Verso la fine dell’estate e a dicembre 2020 sono usciti i primi due titoli della casa editrice, niente di meno che l’edizione italiana di due romanzi australiani che avevo tradotto in italiano io stessa, di cui uno, “Jack&Jill” è quello di Helen Hodgman, e l’altro, “Il canto di Jimmie Blacksmith”, del famoso Booker Prize Winner, Thomas Keneally, autore di “La Lista di Schindler”. Ora stiamo preparando i nostri bilingue per bambini e adulti in diverse combinazioni linguistiche con l’inglese (naturalmente non mancherà la versione inglese-italiano).

Ci tengo a dire che per le copertine di questi due romanzi e per le illustrazioni del primo bilingue per bambini in uscita, abbiamo cercato la collaborazione di un bergamasco, Guido Capoferri, che non fa questo lavoro di professione, ma sa usare i colori con grande espressione». «Non so come andrà a finire - conclude -, ma cerco di essere ottimista nonostante le incertezze che la vita riserva. Purtroppo ho perso improvvisamente mio fratello Ivan a fine gennaio, e non siamo nemmeno riusciti a venire in Italia per il funerale, ma credo che questa sia una triste storia che accomuna moltissime persone in tutto il mondo, sia che abbiano perso una persona cara causa Covid-19, sia per altre ragioni».

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