Ancora bus stipati e studenti a piedi
La raffica di proteste corre online

Pesanti disagi nelle valli Seriana e Imagna, pochi mezzi e sfasature rispetto agli orari provvisori. Le segnalazione possono essere ancora inviate a [email protected] .

A raccoglierle tutte, ci vorrebbero ore. Quel che è certo è che, stando alle segnalazioni e alle lamentele arrivate attraverso la nostra mail [email protected], il secondo giorno di scuola non è andato poi tanto meglio sul fronte trasporti.

Il copione di lunedì s’è ripetuto con, suppergiù, gli stessi disagi. Studenti che non sono riusciti a salire sui pullman già strapieni e alunni con lo zaino sulla spalla che di bus alle fermate non ne hanno proprio visti passare. Con il solito risvolto della medaglia, un classico dei classici: cellulare alla mano, si chiama mamma o papà – pure se sono al lavoro – e ci si fa portare a scuola. Ed ecco la pioggia di segnalazioni e proteste. Proteste che si levano un po’ da tutti gli angoli della provincia.

«Nel tratto Pradalunga - Alzano il bus delle 8.36 non è passato – è il racconto di ieri di una mamma residente in Valle Seriana -. Mio figlio di 14 anni, a cui ho raccomandato di non arrivare mai alla fermata all’ultimo minuto, si è presentato alle 8,20 e c’è rimasto fino alle 8,50. Ma il bus non è arrivato. Una sua compagna ha chiamato il padre che li ha accompagnati a scuola, riempiendo l’auto di altri compaesani nella stessa situazione. L’altroieri stesso episodio, ma nel tratto Pradalunga-Gazzaniga. Non è possibile andare avanti così».

E le fa eco un altro genitore: «Ieri i pullman per la Valle Imagna lasciavano a piedi i ragazzi già ad Almè. Erano tutti strapieni». Non è andata meglio a una giovane studentessa di Clusone. A segnalare l’accaduto il fratello: «Mia sorella si è vista passare davanti alla pensilina di Clusone due bus diretti ad Albino. Peccato che gli autisti non l’abbiano fatta salire, perché entrambi erano pieni zeppi». Ma non è solo, o non tanto, una questione economica. Il disagio di questi primi due giorni di scuola coinvolge a pieno le famiglie, a cui tocca intervenire per sopperire alle difficoltà del trasporto pubblico. Difficoltà dovute anche ai nuovi orari delle scuole, che si sono organizzate su doppi turni di entrata e uscita per evitare assembramenti». «Mio figlio quest’anno dovrebbe entrare a scuola a Sarnico alle 10 – scrive una mamma residente nel Basso Sebino - ma il pullman parte alle 8,25 da Adrara e arriva a Sarnico alle 8,37 circa. Quasi un’ora e mezza prima del suono della campanella».

E secondo qualche genitore non sarebbe colpa dell’orario provvisorio, che ha mandato in tilt le aziende dei trasporti in questi primi giorni: «Gli orari della scuola di mio figlio, prima superiore, sono definitivi. Il risultato? Quando l’entrata sarà alla 10 mio figlio arriverà a Bergamo alle 8,20 non essendoci altri pullman successivi a quello che passa da Serina, dove abitiamo, alle 7,16. Quando uscirà alle 15,15 tornerà a casa con quello che parte da Bergamo alle 17».

Le preoccupazioni, però, riguardano anche e soprattutto un altro tema. Un nodo nuovo, con cui mai s’erano mischiati i soliti problemi del trasporto scolastico. Quello della salute pubblica. La questione dei trasporti, infatti, è stata uno dei punti cruciali della ripartenza in sicurezza dell’anno scolastico, risolto fissando all’80% il limite della capienza dei mezzi. Ma un conto è la norma, un conto è il rispetto della norma stessa. «È assurdo iniziare la scuola quest’anno con il solito problema del sovraffollamento – si lamenta la madre di uno studente dell’istituto Serafino Riva di Sarnico -. I primi giorni i mezzi sono già strapieni e il distanziamento imposto per prevenire il contagio appare davvero inesistente». «È inutile che s’imponga il distanziamento in classe, magari indossando anche la mascherina ai banchi, se poi i ragazzi sono stipati sugli autobus – è la preoccupazione di un genitore residente in Valle Imagna, di professione medico di base –. Mio figlio lunedì ha trascorso il viaggio Bergamo-Sant’Omobono in piedi, stipato fra i compagni, per più di un’ora. Succede tutti gli anni? Vero. Ma adesso è un problema di salute pubblica».

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