Carezze e abbracci reali, non più virtuali
Nella casa di riposo tornano i familiari

Sono riprese le visite dopo mesi di contatti via Skype. Dalla 90enne che ha sconfitto il virus al marito che ritrova la moglie alla vigilia del 50° di matrimonio.

Sono tornati i contatti, le carezze, le premure, i sorrisi sotto le mascherine e gli occhi lucidi sopra. Grazie tante Skype, surrogato tecnologico utile a lenire la distanza, ma adesso è tutt’altra cosa, qui, nella quiete del giardino della Fondazione Carisma Casa di riposo Santa Maria Ausiliatrice (ex Gleno) di Bergamo. Mesi dopo, rispuntano i volti in carne e ossa dei parenti, visite scaglionate per ragioni di profilassi, un familiare per ospite, 5 persone per ognuno dei sei turni giornalieri. Niente più sguardi costretti a rimbalzare sul vetro di una finestra o su plexiglass protettivi, niente più baci fatti volare sulla punta delle dita. Si sta uno accanto all’altro, stavolta.

E fa tenerezza vederli passeggiare mano nella mano. Commuovono le attenzioni di Emilio Scarpellini, 85 anni, ex tappezziere di Borgo Palazzo, per la moglie Camilla, 81, a due giorni dal loro 50° anniversario di nozze. I loro passi incerti sono comunque una vittoria. «Vuoi sederti qua?», le chiede indicandole una panchina lui, che la rivede per la prima volta 20 giorni dopo che è stata ricoverata a tempo pieno. Il signor Emilio la fa accomodare con un garbo d’altri tempi, le accarezza i capelli, le stringe la mano. Cinquant’anni insieme e adesso lui confessa che «da solo a casa è dura». Non tanto per le faccende domestiche da sbrigare (è lui che porta a casa e lava la biancheria della moglie), ma perché «mi manca». Qui Camilla ci veniva anche prima. «La portavo il mattino e venivo a prenderla nel tardo pomeriggio – racconta il marito -. Poi, con la storia del coronavirus, dal 3 marzo non è stato più possibile. È rimasta a casa, continuava a camminare nell’appartamento, non stava mai ferma. Poi è crollata all’improvviso e 20 giorni fa l’hanno presa fissa qui al Gleno». Al signor Emilio non vengono le parole per descrivere lo stato d’animo con cui ieri mattina ha varcato il cancello dell’ex Gleno; lo raccontano meglio le sue lacrime. La prima parola che gli ha detto lei è stata «papà». Lui allarga le braccia, come a giustificarla. «Io invece l’ho salutata dicendole “Camillotta”», aggiunge. «Eh, ma só mia isé gròsa», non sono così grossa, protesta ora la moglie.

Poco più in là, su una sedia a rotelle, ci sta Giacomina Colombo di Bergamo, che a 90 anni ha sconfitto il Covid-19. «È qui dal 2016 - racconta il figlio Antonio Carli -. Si è ammalata, ma della forma più lieve del virus. Non ha mai avuto problemi respiratori, ma aveva rallentato parecchio: non si muoveva e non parlava più, non riusciva più nemmeno a bere dell’acqua. Ora sono contento di averla ritrovata più attiva. Ha fatto i tamponi, sono negativi. Non mi sono mai preoccupato più di tanto perché quando mi hanno detto che si trattava di Covid, mia madre era già in fase di miglioramento. Tra marzo e aprile mi hanno autorizzato a farle visita, proprio perché era malata. Nella camera dove l’avevano isolata entravo tutto bardato, con tuta, mascherina, guanti, occhiali e sovrascarpe. L’ultima volta l’ho vista il 27 aprile. Poi ci siamo sentiti per telefono e 4 volte via Skype, ma non è la stessa cosa, anche perché le persone anziane non hanno dimestichezza con la tecnologia. Io credo che il personale sia stato importante: nei mesi in cui i parenti non potevano fare visita è diventato un po’ la famiglia di ciascun ospite».

Del periodo più buio, quando era costretto a entrare vestito come un marziano, Antonio ricorda «l’atmosfera di grande professionalità e di grande attenzione ai bisogni degli ospiti». La signora Giacomina nel frattempo s’è appisolata. Questione di un paio di minuti e si risveglia: «Sono contenta di aver visto mio figlio. Io? Ho perso un po’ l’udito, ma per il resto tutto bene. Qui mi trovo benissimo, sono bravi a far da mangiare e non mi fanno mancare nulla nell’assistenza». Antonio dice che la mamma via Skype si informava sullo stato di salute dell’altro figlio Maurizio che vive a Capri e dei nipoti, «ma anche dell’Atalanta».

Fernanda Zanoni, 82 anni, da tre all’ex Gleno, ieri ha potuto riabbracciare il figlio Claudio per la prima volta dopo più di tre mesi. «È una fortuna ritrovarla - sorride lui -. Con il tasso di mortalità che si registrava nelle Rsa ho temuto che potesse accaderle qualcosa di grave. Invece, non ha contratto il Covid. Per prima cosa le ho chiesto come ha trascorso le giornate nel periodo in cui non ci siamo visti. Ma lei non è molto loquace». In effetti, la signora se ne sta in silenzio anche ora. Apre bocca solo per reclamare il figlio, impegnato a rispondere alle nostre domande: «Allora, è ancora lunga?». Ha ragione e togliamo subito il disturbo: dopo più di tre mesi senza potersi vedere, anche un minuto pare un’eternità.

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