Case popolari, 395 richieste per 59 alloggi
Domande solo on line, è polemica

Bergamo, c’è tempo fino al 12 dicembre: per la prima volta le domande vanno inoltrate solo tramite la piattaforma digitale. Comune e sindacati: «I richiedenti non hanno gli strumenti tecnologici». La Regione: «Nessun intoppo, più efficaci».

La domanda si può fare solo on line. Ma chi deve presentarla non ha né computer né smartphone. Sembra strano nell’era digitale in cui – rivisitando una vecchia réclame – «toglietemi tutto ma non il telefonino». Ma chi non ha una casa fa fatica anche ad avere gli strumenti tecnologici, che ora servono per ottenerla. È la realtà sotto gli occhi di Comune e sindacati in questi giorni: centinaia di persone stanno chiedendo aiuto per fare richiesta di un alloggio pubblico. Per la prima volta, con le nuove regole regionali, si può accedere al bando per l’assegnazione dei Servizi abitativi pubblici (aperto dal 14 ottobre e fino al 12 dicembre) solo tramite la piattaforma digitale del Pirellone.

L’assessore regionale competente, Stefano Bolognini, ridimensiona però la questione: «Ci risulta che la procedura informatica stia andando via fluida, senza intoppi particolari». E per provarlo snocciola i dati: «Per quanto riguarda il Piano di zona di Bergamo finora sono state trasmesse 306 domande con una media di 8 al giorno; 50 sono ancora in bozza perché vanno integrate, ma i dati sono in linea con le nostre aspettative». Dopo i test in altre province, la procedura è arrivata in Bergamasca con l’avviso per 139 appartamenti in diversi ambiti (Bergamo, Seriate, Romano, Dalmine e Treviglio), di proprietà sia dei Comuni sia di Aler.

Le graduatorie preesistenti sono decadute, quindi è partita la corsa a presentare la nuova documentazione. Le domande arrivate finora a Palafrizzoni sono già 395. La previsione è che potrebbero salire a oltre 400 a bando chiuso. In totale sono 59 gli alloggi pubblici disponibili nell’Ambito territoriale di Bergamo (di cui 57 in città, una quota ridotta, dicono dal Comune, proprio per verificare il banco di prova). Numeri che parlano da soli: la fame di casa è ancora alta (con 114 nuclei familiari a rischio sfratto), nonostante negli ultimi anni il Comune abbia marciato a ritmi serrati con le assegnazioni (sono state 108 nel corso del 2019, passate dalle 84 del 2013 alle 224 del 2018).

I nuovi criteri introdotti dal regolamento regionale del 2017 e dalle modifiche successive, secondo Palafrizzoni e sindacati, stanno però mettendo in seria difficoltà chi deve fare richiesta, col rischio che alla fine rinunci, aggravando una situazione di partenza già compromessa. «Per il richiedente il problema non è solo possedere un computer, ma anche compilare la domanda in modo autonomo per età, lingua, comprensione dei requisiti, indirizzo email – fa presente l’assessore all’Edilizia pubblica, Marzia Marchesi –, difficoltà che possono portare a una contrazione delle richieste». Visione condivisa da Roberto Bertola del Sicet-Cisl, che parla di un meccanismo «cattivissimo, che genera autoesclusione, con centinaia di persone che non riescono ad accedere non per mancanza di requisiti ma di condizioni».

Il sindacato di via Carnovali è stato preso d’assalto e ha già prenotato appuntamenti fino al 15 dicembre («Oltre la scadenza del bando, ma speriamo in una proroga») per seguire le persone in difficoltà. Uguale situazione sta riscontrando il Sunia-Cgil. «Stiamo verificando quotidianamente che molti utenti hanno difficoltà o non hanno proprio gli strumenti per accedere alla piattaforma. Nel solo ambito di Bergamo sono almeno 80-100 i richiedenti che ci hanno contattato per essere aiutati», conferma la segretaria generale Luisella Gagni, che segnala anche altri fattori critici. In primis la cancellazione delle graduatorie (le domande saranno da presentare ex novo per ogni avviso) e l’abbinamento tra richiedenti e case da assegnare. «Le 1.600-1.800 domande che erano in graduatoria in provincia sono state azzerate con l’esecutività del bando – spiega Bertola –. I cittadini devono rifare tutto daccapo, una corsa all’oro all’insegna “dell’io speriamo che me la cavo”, una ferita sulla pelle di chi ha un bisogno reale come quello della casa».

«Senza graduatorie – aggiunge l’assessore Marchesi – è impossibile leggere un quadro generale del bisogno abitativo. Inoltre il Comune può vedere solo le richieste per le case di nostra proprietà, quindi non riesce ad avere il quadro generale». Bisogno che verrebbe anche «spersonalizzato». «Il sistema abbina automaticamente nuclei familiari ad alloggi solo sulla base della metratura degli appartamenti – spiega l’assessore Marchesi – non tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità delle famiglie richiedenti; è evidente quanto le esigenze di due persone anziane con un figlio adulto, magari disabile,differiscano da quelle di una giovane madre sola con due figli piccoli: il sistema riconosce entrambe le situazioni come simili, 3 persone con pari necessità di alloggio comunale. Così potrebbero generarsi molte rinunce alla casa assegnata, fenomeno attualmente irrilevante in città, con soli tre casi nel 2019».

L’assessore Bolognini, però, è un convinto sostenitore del nuovo sistema. «Le tante domande che stanno arrivando dimostrano che la procedura sta funzionando senza intoppi: la maggior parte delle persone le sta facendo da casa o dall’ufficio, a dimostrazione che è semplice e chiara. Le proteste arrivano solo dai sindacati, né Regione né Aler le stanno ricevendo». L’assessore Bolognini è disposto a valutare una proroga del bando «ma avendolo pubblicizzato anche prima che uscisse, due mesi mi sembrano sufficienti per prenderne visione e compilarlo».

L’eliminazione delle graduatorie, inoltre, per l’esponente della Giunta Fontana «è un vantaggio. In passato una persona rimaneva in sospeso in graduatoria per anni, ora nel giro di 3-4 mesi sa se ha la casa o no e può avere una risposta alle sue necessità in un orizzonte temporale ragionevole. Per la prima volta, inoltre, chi fa domanda può scegliere fino a un massimo di 5 appartamenti tra quelli disponibili. I cittadini potranno così scegliere quello più adatto alle proprie esigenze familiari o lavorative». Il punto su cui ragionare tutti insieme, per Bolognini, «è piuttosto su come aumentare il numero di alloggi disponibili».

© RIPRODUZIONE RISERVATA