
Cronaca
Lunedì 25 Agosto 2025
Disastro di Pioltello, le motivazioni dell’assoluzione: «La gestione sicurezza Rfi fu corretta»
IL CASO. Il Tribunale di Milano: dopo tre anni di processo nessuna prova di carenze nel sistema di sicurezza ferroviaria. Ecco le motivazioni della sentenza sul disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018.
Il processo, durato oltre tre anni, non ha «consentito di accertare, al di là di ogni dubbio ragionevole, le ipotizzate carenze nel sistema di gestione della sicurezza ferroviaria imputate» all’amministratore delegato«alla luce del suo ruolo e delle sue prerogative all’interno di Rfi». Lo ha messo nero su bianco il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza sul disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018, che causò tre morti (due le vittime bergamasche) e oltre 100 feriti, mentre un altro centinaio di persone subirono traumi psicologici.
Tre donne persero la vita
Il 25 gennaio 2018 persero la vita tre donne: Ida Milanesi di Caravaggio, Pierangela Tadini di Misano e Giuseppina Pirri di Capralba.
Un verdetto con cui, il 25 febbraio, sono stati assolti otto imputati tra vertici e dirigenti di Rete ferroviaria italiana, tra cui l’ex ad Maurizio Gentile e la società, mentre è stato condannato solo l’ex responsabile dell’Unità manutentiva.
Il disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018 causò tre morti (due le vittime bergamasche) e oltre 100 feriti, mentre un altro centinaio di persone subirono traumi psicologici.
340 pagine di motivazioni
Nelle quasi 340 pagine di motivazioni i giudici della quinta sezione penale, dando conto della «incontestata ricostruzione della dinamica» dell’incidente, «riconducibile esclusivamente alla rottura» del giunto «ammalorato» nel cosiddetto «punto zero», spiegano che la «difettosità» di quel giunto «era stata tempestivamente rilevata dagli operatori della manutenzione». E questo «aspetto, a ben vedere - si legge - comporta già l’irrilevanza di tutte le contestazioni addebitate a Gentile» in relazione alla «politica di gestione della sicurezza».
«Non potevano sapere di quel giunto in pessime condizioni»
I vertici e i dirigenti di Rfi sono stati assolti per «non aver commesso il fatto» dalle accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose. Per i giudici - come era già stato scritto in un comunicato del Tribunale che anticipava e riassumeva le motivazioni, poi depositate in questi giorni - l’ex ad e gli altri manager non potevano sapere di quel giunto in pessime condizioni. E non ci sono prove che da parte loro ci siano state «condotte commissive o omissive» in base agli “effettivi flussi informativi» di cui disponevano. Per i pm, però, anche quel meccanismo di scambio di informazioni interne era inadeguato.
La «colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto» è stata addebitata dai giudici soltanto a Marco Albanesi, ex capo dell’Unità manutentiva, condannato a 5 anni e 3 mesi. Per il Tribunale fu lui a «lasciare» che, «dopo la posa dei giunti nuovi da destinare alla sostituzione», trovati dopo la tragedia vicino ai binari, «non si passasse alla fase dell’effettiva sostituzione, consentendo così che le sue condizioni andassero progressivamente peggiorando sino al suo collasso». I pm Lesti e Ripamonti, con l’aggiunta Tiziana Siciliano, chiedevano altre cinque condanne, tra cui quella di Gentile e della stessa Rfi. E potranno ora ricorrere in appello.
La manutenzione e le responsabilità
Le politiche sulla «manutenzione», che avrebbero dovuto riguardare anche quel giunto, sopra il quale si staccò un pezzo di rotaia facendo deragliare il treno regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi, «sono scelte riconducibili», ha scritto la procura in una memoria, «alla cosiddetta Alta Direzione della società». Omissioni nella «manutenzione» e nella «sicurezza» che i pm hanno imputato ad una politica gestionale di risparmio. Per gli inquirenti, c’era uno sbilanciamento «verso obiettivi prestazionali”: si evitava il più possibile di interrompere la circolazione dei treni per le riparazioni.
I giudici nelle motivazioni analizzano le singole posizioni e parlano, invece, della «adeguatezza, in concreto del modello di gestione attuato in Rfi». Giudici che, ad ogni modo, descrivono il «terrore» vissuto quel mattino nella parte della sentenza con la quale hanno disposto oltre un milione di euro di provvisionali di risarcimento a carico di Albanesi, in solido con Rfi, e a favore di una quarantina di passeggeri rimasti parti civili. Gli altri e i familiari delle vittime (Ida Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri) ottennero, invece, risarcimenti milionari in transazioni fuori dal processo.
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