La coscienza non resiste
alla potenza dello sguardo

Ho raccolto questa testimonianza, senza la possibilità di verificarla, che mi ha particolarmente toccato. Si tratta di un episodio che vede protagonista Agnes Heller, allora bambina ungherese di famiglia ebrea, diventata poi filosofa riconosciuta, morta lo scorso anno. La sua famiglia viveva nascosta in una casa non lontana dall’uscita del ghetto di Budapest, circondato da tutte le parti. Agnes era poco più che una bambina: le retate delle SS si susseguivano e le ore che separavano lei e i suoi cari dalla tragedia, sembravano contate. Fu allora che, spiando dalla finestra, si accorse che dei due soldati tedeschi di guardia all’uscita del ghetto, uno si era allontanato. Tra sé pensò: se mi avvicino ora al soldato e lo guardo negli occhi, avrà pietà di una bambina, perché in assenza di controllo d’altri, la sua umanità non avrà paura a manifestarsi.

Fu questione di attimi. Il soldato, fissato negli occhi da una bambina, spuntata dal silenzio del terrore, dopo un attimo di esitazione consentì a lei e ad alcuni dei suoi cari di uscire indisturbati dal ghetto. Fu la loro salvezza. Da questa vicenda aveva tratto la convinzione che «c’è un’umanità in tutti noi, una coscienza morale che quando può manifestarsi nella libertà, non resiste alla potenza dello sguardo umano, dello sguardo altrui, dello sguardo innocente». In questi mesi abbiamo riconosciuto sguardi così: abbiamo guardato le persone con uno sguardo così, capace di mobilitare e dove ci fosse stato bisogno, di risvegliare la nostra coscienza più intensamente umana. In qualche modo, la mascherina che ci protegge, ma anche nasconde il nostro volto, esalta gli sguardi, cercati e donati come finestre del cuore, della determinazione, del coraggio e della dedizione.

Il tempo della prova si prolunga e insieme a quella che ha toccato la salute di tanti, assume sempre più i tratti dell’incertezza economica per molte famiglie, dello svuotamento delle prospettive di lavoro per molte persone e specialmente per alcuni settori, delle novità nel mondo della scuola, particolarmente per coloro che sono maggiormente esposti a limiti e povertà. Per non pochi, la prova è stata ed è connotata da una condizione di solitudine, che sembra rappresentare un agguato o un destino al quale molti non possono sottrarsi. L’annuncio dell’individuazione e della distribuzione del vaccino, alimenta speranza, ma non riesce a guarire desolazione, inquietudine, rassegnazione.

Nella Lettera di quest’anno ho invitato a nutrire la virtù della pazienza: «Ora avvertiamo la necessità di individuare luci e segnali; di non dividerci, di condividere la “meta”; di mettere a frutto l’esperienza accumulata, di rallentare, di verificare la solidità della terra su cui si posa il piede, di non perdere la calma, di pregare… di non sprecare il patrimonio di dolore e di amore che abbiamo accumulato. Abbiamo bisogno di esercitare la pazienza, come virtù. Perché, come dice Papa Francesco, questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai».

Abbiamo ancora e sempre bisogno di uno sguardo che suscita le nostre energie umane, quella disposizione ad un’eccedenza di generosità, determinazione e anche di intelligenza della realtà, che non possiamo consegnare soltanto alle situazioni di emergenza.

È questo lo sguardo di Gesù che dalla mangiatoia apre al futuro, perché ha la potenza di aprire il cuore. Il mio invito e il mio augurio è che possiamo incrociare questo sguardo, che sappiamo riconoscervi la potenza non solo dell’innocenza, ma dell’amore: lo sguardo di un Dio così. È lo sguardo che possiamo donarci, gli uni gli altri, che possiamo raccogliere ed offrire a chi ha più sofferto e soffre: uno sguardo che non si spegne la sera di Natale e che nessuna mascherina riesce a velare. Buon Natale.

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