Lombardia gialla? Si decide oggi
Alta l’ipotesi di restare arancioni

Se un paradosso s’era risolto una settimana fa, quando la Lombardia era stata «scolorita» verso l’arancione dopo sette giorni erroneamente in rosso, qualche cavillo potrebbe intravedersi pure nell’orizzonte di quel che si deciderà nella giornata di venerdì 29 gennaio.

La Lombardia, molto probabilmente, stando a quanto maturato sino a giovedì sera, resterà infatti in zona arancione per un’altra settimana. Dunque, dal ritorno del sistema a differenti colorazioni dopo le feste natalizie la Lombardia s’appresta alla seconda settimana nella stessa colorazione dopo una prima in rosso, ma che sarebbe dovuta essere arancione: quindi, teoricamente, alle spalle ci sono due settimane con valori arancioni; altre regioni che hanno trascorso 14 giorni nella fascia di mezzo, invece, scollineranno al giallo.

Molti indicatori lombardi, tuttavia, sembrano in linea con i valori della zona gialla - che come effetto più corposo avrebbe quello della riapertura di bar e locali - ma l’ulteriore declassamento non pare possibile. Perché? L’ordinanza della zona arancione firmata il 23 gennaio dal ministro Speranza, «sentito il presidente della Regione Lombardia», è infatti efficace «per un periodo di quindici giorni», dunque a coprire tutta la settimana alle porte. C’è un «però». Il Dpcm in vigore spiega che le ordinanze «sono efficaci per un periodo minimo di 15 giorni, salvo che dai risultati del monitoraggio risulti necessaria l’adozione di misure più rigorose». Ma con una postilla, appena un paio di frasi più in là: «L’accertamento della permanenza per 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive, come verificato dalla cabina di regìa, comporta l’applicazione, per un ulteriore periodo di 14 giorni, delle misure relative allo scenario immediatamente inferiore, salvo che la cabina di regìa ritenga congruo un periodo inferiore».

Se la Lombardia avesse alle spalle 14 giorni con solidi indicatori da zona gialla, dunque, si aprirebbe uno spazio di manovra? Oggi se ne saprà di più.

I numeri

Cosa dicono i numeri lombardi? Le valutazioni della cabina di regìa nazionale poggiano su più pilastri. Quello celeberrimo è l’Rt, che sgorga da un algoritmo che si abbevera dai dati che inviano le Regioni. Altri parametri si possono invece abbozzare sulla base di dati pubblici, per esempio l’incidenza: negli ultimi sette giorni (22-28 gennaio), in Lombardia si sono contati 125 casi ogni 100 mila abitanti; la provincia di Bergamo resta quella sui livelli più bassi, 49 ogni 100 mila abitanti (qui, addirittura da zona bianca), e nessuna provincia va oltre i 200, mentre la settimana precedente (il criterio dei 14 giorni...) la Lombardia era a 121. Per fare alcuni confronti: una dozzina di regioni una settimana fa superavano quota 125, e il Veneto, in odor di passare in giallo, ora è a 180 nuovi casi ogni 100 mila abitanti su base settimanale.

Il capitolo della pressione ospedaliera evidenzia invece che nelle terapie intensive lombarde ci sono 371 malati: vuol dire che è occupato il 31% dei posti disponibili, secondo la proiezione dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali sui cui dati (in realtà trasmessi dalle stesse Regioni) si costruiscono stime di rischio. E per le rianimazioni, dunque, la Lombardia è appena sopra la soglia d’allarme del 30% fissata dal decreto che istituisce la cabina di regìa (a livello nazionale, l’occupazione è del 27%). I ricoverati in area medica, cioè nei reparti Covid ordinari, sono invece 3.573: anche in questo caso il tasso di occupazione è del 33% (qui, in linea col dato nazionale), ma per questa voce la soglia d’allarme scatta al 40% di saturazione.

Il fronte politico

Dati e colori. Attorno a questi temi s’annoda ancora il duello politico. «La Regione deve risarcire adeguatamente quelle attività commerciali che sono state costrette a chiudere a causa di un grave errore che ha determinato l’erronea attribuzione della zona rossa – attacca Jacopo Scandella, consigliere regionale del Partito democratico, gruppo che ha presentato una mozione urgente sul tema e che ha annunciato una richiesta di accesso ai dati -. Secondo le stime dei centri studi di diverse associazioni di categoria, la chiusura di due settimane genera potenzialmente un danno economico agli esercizi commerciali coinvolti per 1,2 miliardi di euro, di cui oltre 300 milioni per i negozi al dettaglio che sarebbero quelli maggiormente colpiti».

Al lavoro c’è anche Niccolò Carretta, consigliere regionale di Azione: «Vogliamo sapere, per dovere di rappresentanza nei confronti dei milioni di lombardi che stanno subendo una gestione scellerata dell’emergenza sanitaria ed economica, come Regione Lombardia ha reagito a fronte delle molteplici richieste di correzione da parte dell’Istituto superiore di sanità. Ho proceduto con il deposito di accesso agli atti e con un’interrogazione scritta per ottenere il dossier sulla corrispondenza tra la cabina di regìa lombarda e l’Iss e per conoscere i risultati sul monitoraggio della prima ondata derivati dall’app AllertaLom, che nei primi mesi della pandemia è stata fatta scaricare a milioni di cittadini, per poi sparire dai radar».

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