Maestra dona il suo tempo agli altri
«La malattia ha cambiato la prospettiva»

Da due anni lotta contro un tumore aggressivo. L’impegno con le «Amiche per mano».

«La riva è più sicura/ ma a me piace combattere/ con le onde»: è come un mare agitato la vita di Maria Padovano, ma lei ha scelto di reagire proprio come racconta in questi versi la poetessa Emily Dickinson, senza chiudersi in se stessa, affrontando a viso aperto la corrente contraria.

Maestra in una scuola primaria, vive a Brembate Sopra e da due anni lotta con un tumore al seno molto aggressivo, ma non si è mai arresa, anzi, ha deciso di donare il suo tempo agli altri come volontaria dell’associazione «Amiche per mano», che sostiene con molte attività altre donne coraggiose come lei in cura all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Lo spartiacque nella sua vita

La malattia ha segnato uno spartiacque nella sua vita: «Ho cambiato prospettiva, prima credevo di avere tutto il tempo del mondo, poi invece ho dovuto fare i conti con la mia fragilità. Ora ho deciso finalmente di realizzare progetti e desideri che avevo rimandato troppo a lungo». C’è una data impressa nel suo cuore, ed è il 3 dicembre del 2018: «Non dimenticherò mai quella giornata. Ero a scuola con i miei ragazzi di quinta elementare, sapevo di dover ritirare l’esito di un esame istologico, ma non ero troppo preoccupata. Mi sottoponevo ogni anno ai controlli, avevo fatto come al solito mammografia ed ecografia. C’era un nodulo che si era ingrandito, ma sembrava benigno: per togliere ogni dubbio il senologo aveva fatto un prelievo. In quei giorni Simone, il mio compagno, era a San Francisco per lavoro. Mia madre era a casa in convalescenza dopo un intervento per un tumore all’utero. Sono andata quindi a ritirare quel risultato da sola». Nel giro di un attimo, però, è cambiato tutto: «Ho chiamato subito mio fratello Antonello, a cui sono molto legata. Uscita dall’ospedale non ricordavo più dove avessi parcheggiato la macchina e non sapevo come dare la notizia a mia madre Pina e a mio padre Nando. Solo quando mio fratello è arrivato e mi ha accompagnato all’Ats di Ponte San Pietro per sbrigare le prime pratiche burocratiche sono riuscita a riacquistare il controllo di me stessa. Così poi ho trovato anche la forza di parlare con i miei e con il mio compagno. Hanno accusato il colpo ma si sono comportati bene, mi hanno sostenuto. È una grande fortuna per me essere circondata da persone forti, che non mi compiangono e mi danno coraggio». Maria ha deciso di sottoporsi ad alcune visite di approfondimento all’Istituto dei tumori di Milano, perché in un momento così delicato sentiva il bisogno di un secondo parere, poi su consiglio di un’amica si è rivolta a Humanitas Gavazzeni, dove ha deciso di iniziare le terapie: «La prima visita era fissata proprio per la vigilia di Natale, il 24 dicembre. Ho incontrato uno staff professionale ma anche molto preparato dal punto di vista umano. Era ciò di cui avevo bisogno».

Quell’incidente in acqua

In quel momento Maria si sentiva davvero nel bel mezzo di un mare in tempesta: «Mi sono ricordata di un bizzarro incidente che mi era capitato anni prima in Puglia. Mi sono addormentata su un lettino in riva al mare, sotto il sole, sulla spiaggia, e quando mi sono svegliata mi sono ritrovata al largo, con il vento che mi trasportava sempre più lontano. Mi sono resa subito conto che se mi fossi fatta prendere dal panico sarei annegata, nonostante io sia una buona nuotatrice e abbia anche ottenuto il brevetto di salvamento. Sono scesa dal lettino, l’ho preso sottobraccio cercando di trascinarlo a riva, ma ho capito di non averne la forza. Gridare o sbracciarmi sarebbe stato inutile, ovunque mi voltassi vedevo soltanto acqua. Ho dovuto lasciarlo andare, e provare a raggiungere la riva con calma, contando solo sulle mie forze. Mi sono cimentata con grande determinazione, un po’ a dorso, un po’ a stile libero, in modo lento e costante. Alla fine ce l’ho fatta, ero stanchissima ma incolume».

«Contare sulle proprie forze»

Quando ha scoperto di avere il cancro ha riletto quell’episodio sotto un’altra prospettiva: «In fondo è una situazione simile: ti ritrovi in mezzo a un mare agitato e devi tornare a riva, contando soprattutto sulle tue forze. Gli altri possono appoggiarti, ma sei tu che devi lottare, cercare strategie per affrontare ogni giorno difficoltà nuove e diverse. Non sai come andrà a finire, ma nel frattempo fai del tuo meglio». Come scrive Rabindranath Tagore, «l’onda non riesce a prendere/ il fiore che galleggia:/ quando cerca di raggiungerlo/ lo allontana».

Alla fine di gennaio 2019 Maria ha iniziato le chemio: «Dopo ogni trattamento il mio sistema immunitario crollava, così l’intervallo tra uno e l’altro doveva allungarsi. Dopo i primi quattro ho subìto un intervento. Da lì sono arrivate le prime buone notizie: i linfonodi sentinella erano negativi, perciò non hanno dovuto asportarmeli». Nello stesso periodo Maria ha incontrato per la prima volta le «Amiche per mano»: «Avevo ancora tutti i miei capelli e sono andata alla riunione vestita in modo sportivo e senza trucco, pensando che ostentare eleganza potesse essere fuori posto. Quando sono arrivata, però, mi sono trovata in mezzo a donne bellissime, molto curate, eleganti, che chiacchieravano con leggerezza: una bella sorpresa, che mi ha fatto sentire subito meglio. La presidente Paola Cornero e le volontarie in modo pacato e sereno mi hanno fornito informazioni su ciò che avrei dovuto affrontare, suggerendomi anche qualche strategia per contrastare gli effetti collaterali dei farmaci, come la nausea o la caduta dei capelli. Non capivo come riuscissero a mantenere un atteggiamento così tranquillo e positivo, ho deciso di lasciarmi contagiare».

Le «Amiche per mano» (per contattarle si può usare la pagina Facebook) si incontrano l’ultimo martedì del mese, nel pomeriggio: si confrontano su problemi legati a chemio, farmaci, i cambiamenti del corpo, ma anche su argomenti più «lievi» come il make up. «Poi la sera - racconta Maria - si esce insieme per mangiare una pizza. L’idea dell’associazione è partita da alcune malate oncologiche, per creare un circolo virtuoso di aiuto reciproco. È davvero un’iniziativa importante, così anch’io, che sono ancora in cura, ho seguito un corso per diventare volontaria e restituire ad altre donne come me il bene che ho ricevuto. In questo modo riesco a dare un senso a ciò che mi è successo. Offrire il proprio appoggio è importante: girando per le stanze dell’ospedale si incontrano tante donne in difficoltà, anche molto giovani».

Maria ha un Jack Russell terrier, Bisou: «Mi fa molta compagnia e nei momenti più difficili la sua presenza è stata un toccasana, perché mi ha spinto a sforzarmi di uscire sempre, anche quando non stavo bene. L’aria fresca alleviava la nausea». Grazie all’aiuto delle Amiche per mano non ha trascurato il suo aspetto: «Quando ho perso i capelli ho comprato una parrucca ma l’ho messa in tutto quattro o cinque volte, mi piacevano di più turbanti e cappelli. Il desiderio di continuare ad essere bella, un pizzico di vanità mi ha incoraggiato. Mi piacevo anche senza capelli, mi truccavo e mi sentivo a mio agio».

Ha imparato ad accettare i cambiamenti del corpo: «Mi sento, ovviamente, molto diversa, la malattia indebolisce e forse invecchia un po’ ma sono andata avanti lo stesso. Ci sono momenti in cui penso che ogni anno in più sia un dono, mi chiedo che cosa mi riserverà il futuro, e così capisco che devo reagire al massimo delle mie possibilità».

La sfilata con il senologo

Grazie all’associazione Maria, ha intrapreso nuove avventure: «Il primo evento a cui ho partecipato è stata una sfilata in abiti da sposa al castello di Pagazzano. Le signore del paese hanno messo a disposizione i vestiti, mi hanno chiesto di fare da modella e mi hanno fatto una sorpresa: in passerella con me c’era Francesco Valenti, il mio senologo, lo stesso che mi ha operato. Un segno di quanto sia stretto e cordiale il legame tra medici e pazienti. Nel reparto, infatti, ho trovato una seconda casa».

Amiche per mano raccoglie fondi per sostenere anche la prevenzione e le attività di ricerca su farmaci e strumenti contro il tumore al seno. Con l’associazione «The Bridge for Hope» (thebridgeforhope.it) guidata da Serena Panzeri, e con la collaborazione di alcune estetiste oncologiche specializzate, grazie allo stimolo di una paziente, Elena Mangili, ha introdotto all’Humanitas Gavazzeni alcune attività di trucco, addestramento all’uso del make up e massaggio nell’ambito dell’iniziativa «AccareziAmo la vita». «Iniziative come queste - spiega Maria - contribuiscono a dare una nota di leggerezza a una condizione molto difficile, e a rendere l’ospedale più accogliente, più sopportabile, più simile a un ambiente familiare. C’è davvero bisogno di aiuto e distrazione».

C’è bisogno di aiuto

L’attività è partita in sordina ma poi ha avuto un fortissimo riscontro: «Prendersi cura di sé è un bisogno diffuso ed è fondamentale per il percorso di guarigione». Le estetiste dell’Oti (Oncologic training international) dedicano gratuitamente un giorno alla settimana ai consigli per le pazienti. L’associazione sempre con The Bridge for Hope promuove anche un corso di ginnastica dolce. «C’è chi ha subito l’asportazione dei linfonodi - aggiunge Maria - e deve imparare di nuovo a muovere i muscoli di braccia, schiena e collo, tutti comunque hanno bisogno di un po’ di sport, commisurato alle possibilità fisiche, è anche un modo per tornare alla normalità».

Maria tornerà a scuola a settembre, intanto però i suoi allievi non le hanno fatto mancare la loro vicinanza: «Mi hanno scritto letterine commoventi, le tengo da parte come un tesoro». Anche questi messaggi l’hanno condotta a trovare nella malattia un lato positivo: «Non l’avrei mai immaginato all’inizio, ma ho scoperto un mondo diverso, ho incontrato persone straordinarie, ho sperimentato quanta gioia possa dare mettersi a servizio degli altri».

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