«Non respiro più: così Zina è morta tra le mie braccia»

La sorella di Zinaida Solonari, uccisa dal marito reo confesso, parla al processo: «Lui la teneva a terra con una mano sul collo».

«Mi ha detto “non respiro più”, e poi non l’ho più sentita. Quando l’ho vista a terra e ho visto il sangue sono svenuta». Oxana Solonari, sorella di Zinaida, dal banco dei testimoni racconta tra le lacrime quella terribile notte del 6 ottobre 2019 in cui ha assistito all’omicidio di sua sorella. Non solo, lei ha riportato alla luce ricordi impossibili da cancellare: hanno testimoniato il marito di Oxana, Lucio Carlo Di Dio con il fratello Alessandro, i primi ad accorrere, il vicino di casa Riccardo Pasini e la sorella maggiore Tatiana.

Ieri è stato il giorno in cui Zinaida Solonari, detta «Zina», ha potuto parlare attraverso le voci dei sui familiari e di chi, quella notte, l’ha vista morire accoltellata dal marito Maurizio Quattrocchi, reo confesso. Nel processo in Corte d’Assise che vede imputato il muratore di 49 anni, difeso dall’avvocato Gianfranco Ceci (parti civili la figlia adottiva Vitalia di 18 anni e le due di 9 e 13, per cui c’è un tutore, avvocati Gigi Villa e Cinzia Sansolin) il pm Letizia Ruggeri ha ricostruito quella notte chiamando per primo il capitano Giuseppe Romano, comandante dei carabinieri del Norm di Treviglio, che ha raccontato lo svolgersi delle indagini a partire dalla chiamata al 112 «arrivata alle 2,13 che segnalava una lite in strada a Cologno al Serio in via Giussano» fino a quando Quattrocchi «alle 18 si è presentato alla caserma di Martinengo ed è scattato il fermo».

Riepiloga le telefonate tra marito e moglie («588 contatti in un anno»), quelle tra la vittima e D. B., l’uomo che aveva iniziato a frequentare da giugno 2019 («203 contatti tra il 28 luglio 2019 e il 5 ottobre 2019, e il 27 settembre aveva attivato una nuova linea per parlare solo con lui»), informazioni importanti perchè la scoperta della nuova relazione di Zina (è la domanda del presidente Giovanni Petillo), potrebbe essere stato il movente del delitto.

Quattrocchi, interrogato dal gip dopo il fermo, disse di avere agito accecato dal «mostro della gelosia». I familiari hanno raccontato delle continue minacce, della mania di controllo e dei rapporti tra i coniugi che si erano fatti sempre più difficili tant’è che Zina aveva presentato due denunce per maltrattamenti ai carabinieri di Urgnano il 23 settembre e il 3 ottobre 2019, quando lui l’aveva presa per il collo. In quell’occasione era svenuta in caserma, portata in ospedale e dimessa con 3 giorni di prognosi e aveva deciso di trasferirsi a casa della sorella Oxana, dove è stata uccisa tre giorni dopo.

Il 5 ottobre Quattrocchi era stato più volte a casa di Oxana chiedendo di vedere le figlie, aveva pranzato con loro ed era tornato anche nel pomeriggio, ma Oxana lo aveva mandato via. Zina era rimasta in casa fino alle 19,30, quando era uscita «per andare a lavorare come cameriera» ricorda Oxana, in realtà per vedere D. B., che ha confermato: «Ci siamo visti alle 21 e parlando del marito mi aveva detto “quello mi ammazza, non mi dà il divorzio”. Le avevo proposto di accompagnarla a casa ma aveva rifiutato. Le avevo anche mandato due messaggi per sapere se era andato tutto bene ma sono rimasti senza risposta». Il vicino di casa Pasini ricorda di aver visto la Peugeot 206 azzurra di Quattrocchi («solo dopo ho collegato che era la sua») parcheggiata sotto casa alle 23,50. Evidentemente la aspettava. Poco dopo le 2 è stato svegliato dalle urla di Zina.

«Ho sentito un verso come quello di un gatto, perchè stava soffocando – ricorda Oxana in lacrime – poi ho capito che era lei. Siamo usciti a piedi nudi, l’ho vista a terra con lui che le teneva una mano sul collo, Lucio si è gettato su Quattrocchi e io sono andata da Zina, ma non riusciva a camminare. Quattrocchi è tornato, mi ha spinta via e ha preso Zina dalla testa e l’ha buttata giù sulle scale, lei ha fatto un urlo profondo e in quel momento ho visto il coltello e ho gridato a mio marito, che si era buttato di nuovo sopra Quattrocchi. Il coltello è caduto e io sono andata da Zina, mentre lui mi ha guardato con gli occhi cattivi ed è andato via». Sul coltello a serramanico, con lama lunga 8 centimetri, il Ris di Parma troverà sulla lama il sangue di Zina e sul manico il Dna di entrambi. Lucio e il fratello Alessandro hanno raccontato di essere intervenuti per fermare Quattrocchi «che le stava dando dei pugni, delle spinte e la tirava per i capelli, non abbiamo visto subito il coltello». «È arrivato anche Pasini ed eravamo al telefono con il 118 che ci diceva di cercare la ferita e tamponarla – ricorda Alessandro –. Zina respirava a malapena, poi l’ho vista diventare bianca e penso che sia morta in quel momento».

Il medico legale Matteo Marchesi, che ha eseguito l’autopsia, ha spiegato che Zina è stata colpita con 18 coltellate, 3 al volto, 8 al collo (tra cui quella mortale alla giugulare), 5 alla mano destra e 2 alla sinistra (da difesa). La sorella Tatiana ha ricordato le liti frequenti tra Zina e il marito: «Una volta le ha detto “se sento qualcosa (su un altro uomo), tua madre troverà la tua testa nella borsa vicino alla porta”».

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