Ore 23, il silenzio si prende la città
Il nostro viaggio dentro il coprifuoco

Bar e ristoranti chiudono prima, cinema quasi deserti. E scattano subito i controlli sulle strade.

«Siete carichi? Pronti per un altro giro di controlli?». A pochi minuti dal coprifuoco in Piazza Vecchia provano a buttarla sul ridere con gli agenti della polizia locale che stazionano in attesa che scattino le 23. In realtà se ne vanno pure prima dopo aver catechizzato gli avventori di un bar impegnati nell’ultimo giro di una serata abbastanza tortuosa a giudicare dal numero di bicchieri sui tavolini e dall’umore (fin troppo) sopra le righe di qualcuno.

Il Campanone ha fatto il suo dovere con i rintocchi di prammatica un’ora prima, come da antica tradizione: nel buio e nel silenzio di un giovedì bagnato da una pioggerellina che va e viene si sentono ancora meglio. Anche in una via Tasso deserta, dove dalle 22 escono gli spettatori dal Capitol, i giapponesi del cinema in città, quelli che non mollano davanti all’avanzata dei multisala. Il coprifuoco ha però colpito anche loro: l’ultimo spettacolo inizia tra le 20 e le 20,15, necessariamente. «Sette spettatori in una sala, sei nell’altra e quattro nell’ultima» ci snocciolano alla cassa. Totale 17 persone, il piatto piange.

Si mangia, ma prima del solito

Intendiamoci, non è che a Bergamo normalmente ci si ammazzi di divertimento un giovedì sera d’ottobre, ma è chiaro che con lo stop anticipato alle 23 quel poco che c’è appare pure meno. Bar vuoti, musica spenta e poca, pochissima, gente in giro. Silenzio ma niente ansia: il lockdown della scorsa primavera ci ha temprati e quasi preparati al peggio. Nessuno che si affretta a tornare a casa, qualche coppietta e l’immancabile teoria di cani a passeggio col padrone, una sorta di clausola di salvaguardia.

Certo, il Sentierone senza anima viva fa una certa impressione nella sua bellezza austera. È come un vuoto che si perde all’orizzonte, rotto solo dai lampeggianti delle forze dell’ordine già in pista un’ora prima del «tutti a casa». Un vuoto che prosegue lungo via XX Settembre fino a piazza Pontida, unica oasi di vita in città bassa.

Alle 22,30 però si comincia a sbaraccare: «Noi alle 23 chiudiamo, come ci dice l’ordinanza: poi ogni cliente si regola da sé per il tempo che gli serve a tornare a casa» ci spiegano. E per regolarsi lo hanno fatto benissimo: «Gente c’è stata, nemmeno poca. Solo che hanno tutti anticipato l’orario e mangiato prima del solito così da non correre rischi» è il bilancio di un ristoratore. Piccoli trucchetti per sopravvivere allo stress del coprifuoco: sui social c’è chi annuncia aperture di locali anticipate alle 19 e terza birra gratis a chi ne consuma 2 entro un paio d’ore.

Il problema semmai è non incappare nei controlli, abbastanza stringenti così di primo acchito: «Chiaramente in questi primi giorni ci sarà un attimo di tolleranza, il tempo di abituarsi» assicurano. E magari di capire le curve dell’ordinanza, a tratti abbastanza scivolosa e interpretabile, soprattutto nella parte del ritorno al domicilio. E gli stessi agenti lo ammettono senza problemi.

La poesia di Città Alta

In Città Alta il sipario comincia a calare poco dopo le 22,30 e se non fossimo di fronte ad una tragedia il quadro sarebbe bellissimo. La Corsarola vuota, le luci che si spengono, un silenzio quasi solenne. Poca voglia di lamentarsi però, da Bernabò escono persino dei turisti: vengono dalla Francia e stavolta stanno meglio da questa parte delle Alpi.

«Hanno mangiato prima, ma ci siamo preparati, non è andata male» raccontano da dietro le imposte, pronte alla chiusura: pochi metri più avanti anche «Da Mimmo» il bilancio è lo stesso. Tutto intorno pian pianino si fa buio, solo qualche rumore dell’ultimo giro di amari, o forse del penultimo. Alle 23 è tutto compiuto, e il silenzio cade su Bergamo. Qualche ritardatario affretta il passo per tornare a casa, il traffico è quasi inesistente. Buonanotte Bergamo, purtroppo non è un brutto sogno, ma passeremo anche questa.

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