Paola Turani: «Senza aiuti chi soffre di disturbi alimentari sarà ancora più solo»

L’INTERVISTA. L’influencer: «A 20 anni più ero magra e più lavoravo. Ma grazie alla mia famiglia ho capito che la vita è più di una taglia 38».

«Ricordo la solitudine di quegli anni, la decisione di mangiare sempre meno per riuscire a entrare in taglie sempre più piccole. Per vivere il mondo della moda che mi voleva magrissima: io a 20 anni, a Parigi da sola e lontano da casa, mi sentivo svuotata, sempre più isolata dalla realtà. Poi ho capito che era il momento di dire dei no, ma i disturbi alimentari lasciano un segno indelebile, non si dimenticano».

Paola Turani, 36 anni, bergamasca, 2 milioni di follower su Instagram, è una delle influencer più amate sui social. Modella e testimonial di brand internazionali, non ci sta con la decisione del governo di tagliare i fondi destinati ai disturbi del comportamento alimentare (Dca). Lei, una bellezza mozzafiato, ha fatto un appello su Ig e per sottolineare l’importanza delle cure specialistiche, «per non «ignorare un problema che sta aumentando negli ultimi tempi».

Ti sei messa a nudo con la tua storia.

«L’anoressia è un tema per me molto importante: ci sono passata per quasi tre anni della mia vita. Molte persone che mi seguono sui social mi chiedono sostegno. In particolare mi ha fatto riflettere Serena, una mia follower che mi ha chiesto aiuto. Prima ho ripostato la sua storia, poi ho deciso di metterci la faccia con un post: i disturbi del comportamento alimentare sono la prima causa di morte tra i giovani, escludendo gli incidenti stradali».

Hai pubblicato i tuoi scatti di 20enne, modella a Parigi.

«Magrissima. E i ricordi sono tanti, ancora mi fanno soffrire».

Da qui il tuo appello contro il taglio dei fondi deciso dal governo.

«Senza sostegni finanziari non apriranno nuovi ambulatori destinati a questi disturbi. Altri chiuderanno per mancanza di fondi; vecchi e nuovi specialisti non potranno fornire supporto. È inammissibile se si pensa che di conseguenza verranno licenziati professionisti: molti pazienti e le loro famiglie si ritroveranno da soli ad affrontare situazioni difficili senza supporto L’anoressia non è un capriccio, è una malattia, serie a dolorosa».

Che porta all’isolamento.

«Questa decisione di non fornire sostegno agli aiuti aumenta il vuoto che già colpisce chi soffre di queste patologie».

I disturbi del comportamento alimentare nel 2023, in Italia, hanno registrato 1.680.456 di casi.

«Sono tantissimi adolescenti e giovani, il dato è in crescita dopo il Covid: per questo è giusto denunciare questi tagli ai fondi, sensibilizzare l’opinione pubblica e far capire a chi sta male che non è solo. Sulla mia pagina Ig si racconta di moda, di vita familiare, di leggerezza. Si ride, ma si parla anche della vita, a tutto tondo. Per me è stato doloroso ricordarmi, ma so che può essere di aiuto per molte persone».

Come per Serena, una tua follower.

«Mi ha raccontato la sua anoressia, la sua solitudine. Nelle sue parole ho ritrovato pezzi di me. Ho ripensato alla mia vita a Parigi, modella 20enne: mi dicevano che non era abbastanza magra per sfilare e così mangiavo pochissimo, non mi allenavo per paura di “ingrossare”. Finii per mangiare solo una mela al giorno: più ero magra, più piacevo e lavoravo. Ero in un circolo vizioso pericolosissimo innescato nella mia testa, ma io amavo troppo il mio lavoro: dovevo lavorare per pagare l’affitto ed ero circondata da colleghe che spesso stavano peggio di me. Mi ero isolata da tutti, perché la malattia questo fa: ti toglie tutto».

Come non finire nel baratro?

«Dopo Parigi sono stata a Milano, sempre come modella. Ho iniziato a isolarmi sempre di più, a evitare le cene e i momenti conviviali. Il cibo era una nemico, una lotta sedermi a tavola. Ho capito che stavo perdendo il senso della realtà e sono tornata a casa: con la mia famiglia, mia madre: incontrando poi Riccardo, ho capito che la mia vita contava molto di più di una stupida taglia. Ho re-imparato a vivere e condividere: a mangiare insieme agli altri, sono tornata a sorridere e a sentirmi bene. Con me stessa e gli altri».

Non sarà stato facile.

«Ho iniziato un lavoro di auto-accettazione e ho avuto il coraggio di fare delle scelte. La moda voleva la taglia 36? Io ero una 40, una 42. Bisogna saper dire dei no, trovare la tua soluzione, le giuste alternative: bisogna farlo per se stessi. Io amo la moda, è il mio lavoro, ma ho dettato le mie regole».

Il sistema è cambiato?

«Non completamente, vedo ancora modelle troppo magre e riconosco le fatiche di un tempo in molte ragazze, in canoni sociali ancora sbagliati».

Anche sui social?

«Spesso mi chiedono consigli su cosa mangiare, che dieta o allenamento fare. Su questo voglio essere molto chiara: servono medici, dietologi, alimentaristi. Non ci si improvvisa specialisti, purtroppo il Web ne è pieno».

Un ultimo messaggio.

«Bisogna imparare a dire dei no nella vita: per le donne è ancora più difficile. “No” a chi ci vuole diverse, a chi ci porta a isolarci. A non essere quelle che siamo o vogliamo essere. La vita è più di una taglia 38».

© RIPRODUZIONE RISERVATA