Quota 100, poco più di tremila i pensionati
Turnover lumaca, rimpiazzati solo 4 su 10

Risultati sotto le previsioni: nella Bergamasca avrebbero potuto aderire circa novemila lavoratori. Il precedente governo stimava tre nuove assunzioni per ogni fuoriuscita, coperto invece il 42% dei posti.

È passato solo un anno da quando l’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio azzardò una promessa in vista della partenza di «Quota 100»: «Stiamo facendo una manovra finalmente per trovare nuovo lavoro ai giovani. Mi stanno dicendo tante aziende, anche di Stato, quelle grandi, che per ogni pensionato che ci sarà l’anno prossimo, assumeranno anche tre giovani, quindi 1 a 3».

A dieci mesi dall’avvio della misura, che prevede l’uscita anticipata per chi ha 62 anni di età e 38 di contributi, la realtà è ben diversa. I numeri sono molto al di sotto delle aspettative sia sul fronte delle adesioni, sia su quello più problematico delle nuove assunzioni. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Inps e aggiornati al 21 novembre, in provincia di Bergamo si è superata di poco la soglia delle tremila adesioni. Per la precisione 3.163: niente a che vedere con i novemila nuovi pensionati preventivati a inizio anno. Dopo un’estate avara di uscite dal mondo del lavoro ci si aspettava una ripresa autunnale che però non è arrivata. Anzi, in Bergamasca sembra che l’opportunità si stia velocemente spegnendo. Si è passati dai 2.124 di giugno ai soli 3.163 di novembre. Solo mille uscite in più in sei mesi. Bergamo rimane comunque al secondo posto in Lombardia dietro a Milano (10.335 pensionamenti anticipati) e davanti a Brescia (3.011), Varese (2.111) Monza e Brianza (1.759), Pavia (1.656), Como (1.499), Mantova (1.129), Cremona (926), Lecco (850), Lodi (591) e infine Sondrio (424).

Il dato che preoccupa maggiormente però è quello relativo alle nuove assunzioni. Non solo non è stato rispettato il rapporto di tre assunti ogni pensionato, ma la prospettiva è ancora completamente ribaltata. Secondo gli ultimi dati disponibili, elaborati dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro e relativi al terzo trimestre 2019, il turnover è ancora fermo al 42%. Significa che ogni 10 pensionati vengono assunti circa 4 giovani per rimpiazzarli. L’unica consolazione è che la percentuale è in crescita: al secondo trimestre 2019 infatti il tasso di sostituzione era solo al 37% (soprattutto grazie ai contratti di apprendistato) e non è escluso che l’aumento di assunzioni, comunque sotto i numeri dichiarati un anno fa, sia dovuto anche a Quota 100. In tutta Italia a fronte di una platea di richiedenti stimata in 314 mila pensionati, le domande pervenute, secondo gli ultimi dati Inps, sono poco più di 200 mila e vedono al primo posto i lavoratori dipendenti del settore privato con circa 70 mila istanze.

Basta? Non secondo l’Ocse, che qualche giorno fa è tornato a lanciare l’allarme proprio sulle pensioni ricordando la necessità di aumentare l’età del ritiro effettivo per evitare che tra qualche anno scoppi una vera e propria bomba sociale per i giovani. A parlare di «problema drammatico di adeguatezza delle pensioni» è stato il capo dell’area Lavoro e affari sociali dell’Ocse, Stefano Scarpetta che durante la presentazione del rapporto Welfare Italia ha sottolineato come le nuove generazioni avranno probabilmente carriere discontinue che in un sistema contributivo che lega le prestazioni ai contributi versati significheranno in futuro trattamenti di pensione bassi. Un attacco diretto alla misura voluta dal governo gialloverde: «L’idea che se si mandano in pensione prima le persone si creano posti di lavoro non funziona – ha detto Scarpetta –. Credo che anche in Italia ci sia bisogno di migliorare il sistema scolastico e universitario per aiutare i ragazzi a comprendere quali sono le filiere di studio. L’Italia come altri paesi europei ha disinvestito nella scuola tecnica di qualità e questa va assolutamente rilanciata».

Nonostante il pressing dei renziani di Italia Viva il governo ha deciso di confermare Quota 100 anche per il 2020 in attesa che la misura si esaurisca nel 2021. Nel triennio 2019/2021 la spesa previdenziale totale prevista ammonta a circa 20 miliardi, ma secondo le previsioni dell’Inps si risparmieranno complessivamente almeno sei o sette miliardi se il tasso di adesione continuerà ad essere così basso. Bene per le casse dello Stato, meno per chi aveva puntato tutto su questa misura.

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