Ristorazione a Bergamo, uno su tre rischia di non riaprire

«Il settore pronto a ripartire, ma basta chiusure a singhiozzo». Con la pandemia persi 870 milioni di fatturato: limitazioni 6 giorni su 10.

Pronti in tavola, se e quando si potrà riaprire. Forse a pranzo da inizio maggio (ma c’è chi spera ancora in un blitz con conseguente anticipo) e a cena a metà dello stesso mese. Forse. «Noi siamo pronti, ma ora per bar e ristoranti serve un orizzonte a lungo termine» spiega Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti. Posizione condivisa in toto da Oscar Fusini, direttore Ascom: «Il settore ha pagato pesantemente e più di altri le chiusure a singhiozzo per il Covid, non è più possibile procedere così».

Per questo lo schema di aperture delineato dalle Regioni, e che verrà sottoposto all’esame del Governo e del Cts, raccoglie consensi nella categoria: prevede comunque aperture anche nella peggiore delle ipotesi, quella di zona rossa, e quindi dà una visione se non a lungo almeno a medio termine. E dopo 17 cambi di colore da novembre ad oggi è già qualcosa.

Tutti i numeri della crisi

Pronti a riaprire sì, ma purtroppo non tutti. I dati di Confesercenti e Ascom sono sovrapponibili: uno su tre rischia di non farcela tra bar e ristoranti. La chiusura ha pestato duro sul fronte della liquidità: «In molti non hanno la possibilità materiale di pagare i fornitori» rileva Rossi. E quindi non possono aprire. «Senza contare chi, soprattutto nelle attività a conduzione familiare, ha perso un congiunto per il Covid e ora si ritrova solo. Tante piccole realtà che probabilmente non riprenderanno la loro attività nelle prossime settimane».

«Fondamentale è lo spostamento del coprifuoco dalle 22 alle 24, così da consentire il servizio serale. Solo in questo modo il settore potrà tornare a respirare un po’» spiega Fusini. E l’estate potrebbe davvero rivelarsi una boccata d’ossigeno per bar e ristoranti, come già successo l’anno scorso. Ma il quadro generale resta da rosso profondo: «Dalle nostre stime, dall’inizio della pandemia la perdita di fatturato è stata di 870 milioni di euro» spiega il direttore Ascom. A fine febbraio il dato era attestato a 716, il nuovo blocco pasquale si è rivelato un ulteriore colpo di grazia.

In più «stiamo assistendo ad una migrazione di professionalità molto preoccupante: di fronte a chiusure così prolungate e a un’incertezza latente in molti hanno cambiato settore reinventandosi in altri mestieri. Ora rischiamo di trovarci di fronte ad una mancanza seria di personale qualificato, ancora più necessaria per una ripartenza del genere» rileva Rossi.

Oltre 12 mila persone coinvolte

La richiesta principale non è quella di supporti economici - «Che comunque ci sono stati e vari livelli», spiega il vicedirettore di Confesercenti - quanto di un orizzonte chiaro per poter programmare la propria attività. E stiamo parlando di qualcosa come 2.677 bar e 1.468 ristoranti nella Bergamasca per un totale di 12.090 persone interessate.

«Dall’inizio delle restrizioni a ieri sono passati 417 giorni» calcola Fusini: «Nel 2020 ce ne sono stati 115 di chiusura totale più altri 28 giorni dalle 18 in poi. Nel 2021 sono stati rispettivamente 67 e 38». In totale fanno 248 giorni di divieti di varia natura sui 417 trascorsi, il 59,5%: «In pratica dall’inizio della pandemia queste attività sono state chiuse o limitate per 6 giorni su 10. Normale che gli operatori e le loro famiglie siano allo stremo: hanno potuto lavorare meno della metà e i conti ora non tornano più».

«Dobbiamo convivere col virus»

«Mi pare abbastanza chiaro che con il virus dobbiamo imparare a convivere, e quindi da un lato bisogna aumentare l’intensità della campagna vaccinale, ma dall’altro riaprire e nella massima sicurezza possibile» è la sintesi di Rossi. «Bar e ristoranti non possono più resistere, o riaprono o si rischia davvero il disastro. Già il settore aveva avuto qualche problema nei mesi immediatamente precedenti alla pandemia, ora è davvero in ginocchio: manca liquidità ed è sempre più difficile ottenere credito per pagare gli affitti, i fornitori e quindi riaprire» aggiunge Fusini.

Ma sul capitolo sicurezza, beh, c’è poco da aggiungere: le proposte formulate dalle Regioni sono molto simili a quelle già messe nero su bianco l’anno scorso prima dell’estate. Nei locali al chiuso vanno rispettati i due metri di distanza, all’aperto si riduce a un metro: in entrambi i casi va tenuta la mascherina quando non si è seduti. La consultazione on line del menu, il contingentamento degli ingressi in modo che la capienza del locale assicuri il mantenimento di almeno due metri di distanza, l’ingresso preferibilmente su prenotazione.

«Se eravamo in grado di seguirle anche prima? L’abbiamo sempre fatto, ma in questo Paese siamo molto bravi a scrivere le regole...» commenta ironico Rossi. Quelle elaborate dalle Regioni valgono per ristoranti, trattorie, pizzerie, self service, bar, pub, pasticcerie, gelaterie, rosticcerie, compresi quelli che si trovano all’interno di attività ricettive, stabilimenti balneari e centri commerciali, e per l’attività di catering. Per Fusini «è un mondo che attende di ripartire, facciamolo subito».

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