«Serve educare alla pace, coltivarla nei giovani». Mattarella: democrazia è capacità di ascolto, ci vuole coraggio

IL DISCORSO DI FINE ANNO. «Questa sera ci stiamo preparando a festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Nella consueta speranza che si aprano giorni positivi e rassicuranti». Con queste parole si apre il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che saluta gli ascoltatori con: «Care concittadine e cari concittadini».

Parla di «educazione alla pace», rimarca la sofferenza dei conflitti e la violenza che viviamo: in strada, nelle società, nella vita quotidiana. Nel mondo. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in più occasioni nel suo discorso si rivolge ai giovani

«Non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo -parla così il Capo dello Stato -. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana».

«La violenza che ci circonda»

C’è angoscia per la violenza, «anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso; e di quelle evocate e minacciate. Le devastazioni che vediamo nell’Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla. La guerra - ogni guerra - genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti» dice e continua: «La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia. Rifiutando il progresso della civiltà umana. Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore.Alle morti di civili, donne, bambini. Come - sempre più spesso - accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta».

La cultura della pace

Per questo «è indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità - continua Mattarella -. La guerra non nasce da sola. Non basterebbe neppure la spinta di tante armi, che ne sono lo strumento di morte. Così diffuse. Sempre più letali. Fonte di enormi guadagni. Nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini.Dalla mentalità che si coltiva. Dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione, che si manifestano». «Impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola del prossimo futuro. Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone».«Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno.Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà».

«Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno.Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà».

Il messaggio per i giovani

Una parte importante del discorso di fine anno del Capo dello Stato è dedicato alle giovani generazioni: «Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore - quello vero - è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità». Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel consueto discorso di fine anno parlando della «violenza», quella «più odiosa sulle donne».«Vediamo, e incontriamo, la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Quando prevale la ricerca, il culto della conflittualità. Piuttosto che il valore di quanto vi è in comune; sviluppando confronto e dialogo. La violenza. Penso a quella più odiosa sulle donne».

«Penso alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete.Penso - prosegue il Capo dello Stato - alla violenza che qualche gruppo di giovani sembra coltivare, talvolta come espressione di rabbia». Ma Mattarella pensa anche «al risentimento che cresce nelle periferie. Frutto, spesso, dell’indifferenza; e del senso di abbandono».

Dalla sanità al diritto al lavoro

Tra i problemi trattati da Mattarella che affrontano cittadini e famiglie ci sono «le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d’attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi». Ma non solo: c’è «il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato.Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime».

«In una società così dinamica, come quella di oggi - aggiunge il Presidente della Repubblica - vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo».

Il valore del verbo “riconoscere”

«In una società così dinamica, come quella di oggi - aggiunge il Presidente della Repubblica - vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo».E aggiunge: «Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo ’riconoscere”. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare» dice, sottolineando che «occorre coraggio per ascoltare. E vedere - senza filtri - situazioni spesso ignorate; che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare».Tra queste «quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità; rimasti isolati. In una società pervasa da quella “’cultura dello scart”».

«Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana».

Tanti i temi trattati nel discoero: la necessità di rendere effettiva la parità tra donne e uomini: «nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari», un accenno anche all’intelligenza artificiale che si autoalimenta, e che «sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali: ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana».

«Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro».

L’importanza del voto

L’appello, caro a Mattarella: «Viviamo un passaggio epocale.Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social».E quindi: «Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte».

La lotta all’evasione

Fare la propria parte per il Paese, dice anche il Capo dello Stato, «significa contribuire, anche fiscalmente. L’evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico; che ostacola il nostro sviluppo. Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani».

I valori della Costituzione

«Solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace» sono «i valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all’identità stessa dell’Italia. Questi valori - nel corso dell’anno che si conclude - li ho visti testimoniati da tanti nostri concittadini. Bisogna «ascoltare e partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce. Perché la forza della Repubblica è la sua unità».

Nel consueto discorso di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ampio spazio anche alle citazioni. La prima riguarda Papa Francesco, a cui Mattarella rivolge «un saluto e gli auguri più grandi», e che ringrazia «per il suo instancabile Magistero». Mattarella parla poi dell’unità della Repubblica che «è un modo di essere». «Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza». Questi valori Mattarella, «nel corso dell’anno che si conclude» li ha visti testimoniati da tanti nostri concittadini», «incontrati nella composta pietà della gente di Cutro», «riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall’alluvione, spalavano il fango; e cantavano ”Romagna mia”». LI ha letti «negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo. O di quelli che lo fanno a Casal di Principe. Laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura. Tenendo viva la lezione di legalità di don Diana».

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