Vaccini a Bergamo, incognita terza dose a fine anno per una platea di 110 mila persone

Cambiano gli hub, si ragiona sulla campagna d’autunno. Marinoni: «I medici di base continueranno a dare il loro contributo».

Il risiko si giocherà tra l’autunno inoltrato e l’inizio d’inverno, ma i primi ragionamenti della partita inizieranno ora. Quale fisionomia prenderà la campagna vaccinale anti-Covid dopo ottobre, quando sul tavolo ci saranno nuove sfide e incognite? E saranno tante: la terza dose, le sedi, le risorse umane, l’antinfluenzale.

«Fino a settembre-ottobre non cambierà nulla – premette Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo –. Dopo quell’orizzonte, al momento è difficile fare previsioni: il punto principale è l’eventuale terza dose». Mentre la geografia dei centri vaccinali inizierà a mutare già da agosto, con la chiusura dell’hub alla Fiera di Bergamo, lo sguardo oltre l’estate vedrà ancor più protagonisti i medici di base. «I medici di base sono in campo da tempo, hanno un ruolo importante anche negli hub gestiti dagli ospedali, e continueranno a dare il proprio contributo», rimarca Marinoni.

I numeri
Ma è appunto la terza somministrazione la variabile che condiziona la strategia, in un periodo in cui i grandi hub potrebbero (o dovrebbero) avviarsi alla chiusura. «Le ipotesi in campo sono diverse – ricorda Marinoni –: c’è chi dice che sarà fatta solo ai fragili o agli immunodepressi, e agli operatori sanitari che si sono vaccinati per primi. Così sarebbe più facilmente gestibile. Se invece sarà un richiamo di massa, lo scenario cambia radicalmente». Sono i numeri, d’altronde, a descrivere i diversi pesi delle ipotesi. La campagna vaccinale è iniziata a gennaio con la fase 1-A dedicata a operatori sanitari degli ospedali pubblici e privati, ai lavoratori delle Rsa e agli anziani ospiti, ai dipendenti dell’Ats, ai medici di base e ai volontari delle «croci» del soccorso sanitario: in sostanza, circa 30 mila adesioni. E il calendario non è secondario: si è usato Pfizer e Moderna, con richiami inoculati a 21 o 28 giorni dalla prima iniezione, dunque chi si è immunizzato a inizio gennaio ha avuto la seconda dose sostanzialmente a inizio febbraio; e se il Green pass vale nove mesi (perché quest’arco di tempo, evidentemente, è quello su cui si ha la certezza della durata degli anticorpi), già a novembre 2021 i «pionieri» arrivano a scadenza. Da febbraio 2021, tra l’altro, poi si erano aggiunti oltre 10 mila altri aderenti alla fase 1-bis, riservata al resto dei lavoratori della sanità e alle altre comunità residenziali. Altre categorie ipotizzate per la terza dose «ristretta»: gli over 80 – oltre 65 mila quelli che hanno aderito in Bergamasca – hanno ricevuto le prime dosi dal 18 febbraio, dunque i nove mesi scadono da fine novembre; gli «estremamente vulnerabili», categoria prioritaria per patologie pregresse o in corso (malati oncologici, diabetici, trapiantati, etc), sono circa 35 mila. Sommando i tasselli, si arriva a una platea di almeno 110 mila persone che potrebbero essere coinvolti con la terza puntura entro fine anno.

Le strategie
«Se i numeri restano contenuti – ragiona Marinoni –, si può replicare il modello delle vaccinazioni antinfluenzali, quindi con dei mini-hub diffusi sul territorio e la possibilità di somministrazione negli studi dei medici laddove ci siano le condizioni di sicurezza». Altra variabile, tra l’altro, è proprio la vaccinazione antinfluenzale, che solitamente cade nello stesso periodo dell’anno in cui potrebbe scattare la corsa all’eventuale terza dose, e lo scorso anno sono stati circa 218 mila i bergamaschi che hanno ricevuto questa profilassi.

Ma sono conciliabili le due vaccinazioni? «Si potrebbero fare le due iniezioni insieme, ma servirà un ok dalle autorità sanitarie, Cts in primis – specifica il presidente dell’Ordine dei medici –. Nell’ultima campagna, viceversa, era previsto un distanziamento minimo di 15 giorni tra le due inoculazioni. Se va distanziata l’iniezione dell’uno rispetto all’altro, si raddoppia il tempo». Il capitale umano sarà fondamentale, e per i camici bianchi della sanità territoriale si prevede un ulteriore carico di lavoro. Tra l’altro, aumentato in questi giorni con una mansione puramente burocratica: stampare il Green pass ai propri assistiti che non riescono a farlo da sé. «Già siamo alla disperazione per trovare i medici che coprano gli ambiti carenti. La campagna anti-Covid è in gran parte sulle spalle dei medici di medicina generale, caricare i medici di un lavoro da copisteria è ulteriormente gravoso. Dopodiché, chiaramente non abbandoneremo nessuno», sottolinea Marinoni. Tra le possibili novità in vista per i medici di base, l’istituzione di una «premialità» per chi convince i propri assistiti ultrasessantenni non ancora vaccinati. «Ma i medici è dall’inizio della campagna che stanno convincendo i cittadini sull’importanza della vaccinazione – ricorda Marinoni –. E probabilmente ci sono anche riusciti, visto che l’85% degli over 60 è vaccinato: sono risultati tutt’altro che disprezzabili. Certo qualcuno ancora manca: il Green pass può essere un incentivo, ma su chi è contrario ideologicamente ai vaccini si può fare ben poco».

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