«Mai stato a Parigi o in uno stadio»: il figlio di Gurrieri smentisce la rivelazione del ministro Dupont sull’ex terrorista Manenti

L’aneddoto riferito dal ministro francese Dupont durante un’intervista a Rtl. Mauro Gurrieri, che assistette all’omicidio, da adulto avrebbe incontrato il latitante a una partita. «Non è vero» spiega il figlio a «L’Eco di Bergamo».

«Non sono mai stato a Parigi né tantomeno in uno stadio - nemmeno in Italia - quindi deve cercare conferma dell’episodio altrove»: Mauro Gurrieri smentisce categoricamente di essere mai stato in uno stadio a Parigi e di aver visto a pochi metri di distanza l’ex terrorista Narciso Manenti, assassino di suo padre, Giuseppe Gurrieri. L’episodio è stato raccontato in un’intervista a Rtl dal ministro della Giustizia francese Eric Dupond Moretti e poi riportato dall’Ansa domenica 2 maggio.

Un «aneddoto» che, afferma il ministro francese, gli era stato riportato dalla sua omologa italiana, Marta Cartabia, a proposito degli ex terroristi italiani in Francia. «Un commissario di polizia – ha detto Dupond-Moretti – fu ucciso in uno studio medico, con cinque proiettili, davanti a suo figlio. Questo bambino (Mauro Gurrieri, ndr) è diventato un uomo e un giorno è venuto a Parigi ad assistere a una partita. È la ministra della Giustizia italiana che me l’ha raccontato: sapete chi c’era alla partita, a qualche metro da lui? L’assassino di suo padre».

L’episodio riportato dal ministro francese si riferisce all’assassinio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri. Fu ucciso il 13 marzo 1979 a Bergamo, in uno studio medico di via Donizetti, in Città Alta, dove aveva accompagnato suo figlio piccolo, da due uomini armati. Si trattava di due esponenti di «Guerriglia proletaria» gruppo vicino a Prima Linea.

Giuseppe Gurrieri, che prestava servizio agli Istituti penitenziari di Bergamo, provò a disarmarli ma rimase ucciso. Successivamente i due furono identificati e arrestati.

Uno di loro, Narciso «Ciso» Manenti, 63 anni, originario di Telgate, è tra i sette ex terroristi rossi latitanti, arrestati nelle ultime ore in Francia e destinati all’estradizione per scontare le pene rimediate in Italia. Manenti nel 1984 era stato condannato definitivamente ai «lavori forzati a vita», in pratica il vecchio ergastolo, per l’omicidio dell’appuntato Gurrieri.

Alle 19 di quel 13 marzo Manenti, appartenente ai Nuclei armati per il contropotere territoriale, con un complice, aveva fatto irruzione con l’intento di gambizzare il titolare dello studio Piersandro Gualteroni, che era anche medico del carcere. Tra i pazienti in attesa c’era Gurrieri che aveva accompagnato il figlio di 14 anni Mauro per una visita. Era in borghese e disarmato, ma non esitò a intervenire. Ne era nata una colluttazione, Manenti riuscì a divincolarsi e a esplodere 5 colpi di pistola calibro 7,65 uccidendo il carabiniere. Poi s’era dileguato, rifacendosi una vita in Francia, a Châlette-sur-Loing, 13 mila abitanti nella Loira. Nel Paese transalpino, dove lavorava come elettricista, giardiniere e idraulico, ha finora potuto vivere da uomo libero.all’ombra della «dottrina Mitterrand», in virtù della quale viene negata l’estradizione chiesta da Paesi il cui sistema giudiziario «non corrisponda all’idea che Parigi ha delle libertà». Manenti è stato condannato a una pena definitiva in contumacia, mentre in Francia i contumaci, una volta catturati o costituitisi, hanno diritto a un nuovo processo. La svolta per l’estradizione di Manenti è arrivata nei giorni scorsi.

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