Albini, le tinture a tutto green: entra nel vivo l’uso di batteri

LA NOVITÀ. Con i progetti Next ed Exteria l’azienda utilizza microrganismi nutriti con zuccheri e sale: si fissano al prodotto senza sostanze chimiche.

La prima associazione che si fa pensando ai batteri non è di certo con l’industria della moda. Invece il progetto pilota «Exteria» di Albini_next - il progetto di Albini Group che ha casa al Kilometro Rosso - in collaborazione con Kering Mil (Material innovation lab) e l’azienda Colorifix, specializzata in biotecnologie, permette di tingere filati e tessuti grazie all’utilizzo di batteri ingegnerizzati.

«Idea che cambia la tradizione»

Un processo che, presentato a inizio 2023, ora entra nel vivo. «Si tratta di microrganismi che vengono nutriti con zuccheri semplici, sale e sottoprodotti vegetali e che sono in grado di fissarsi al filato evitando l’utilizzo di sostanze chimiche», spiega durante l’evento al fashion hub di Palazzo Giureconsulti a Milano, Giorgia Carissimi, innovation manager e head di Albini_next -. È un’innovazione pionieristica, perché rivoluziona le pratiche tradizionali di tintura dei tessuti che richiedono grandi quantitativi d’acqua: così invece si risparmiano acqua ed energia e si riduce l’utilizzo di sostanze chimiche nocive. Il gruppo Albini ha investito oltre 100 mila euro per dare vita a questo progetto, che ha preso il via nel 2021 e ha richiesto l’utilizzo di un fermentatore per poter «trattare» i batteri, così come l’implementazione di un bio-lab.

La tintura avviene con i macchinari canonici in cui è inserito il «brodo batterico» e il risultato finale è dato da tre colorazioni naturali di filato: beige e viola brillante per il cotone e cammello per la lana. La sfida però è appena cominciata, perché ora «bisogna continuare a lavorare per attrarre l’interesse dei brand in questa tecnologia di tintura e acquisire consenso», puntualizza Christian Tubito, direttore del Mil di Kering, colosso francese del lusso che supporta i marchi della moda nell’adottare percorsi sostenibili.

Oltre a «Exteria», l’innovation hub ha altri progetti in fase di sviluppo come «Argochem» e «Grinp». «Il primo in collaborazione con lo spin-off dell’Università di Bergamo ha l’obiettivo di realizzare un finissaggio idrorepellente che impiega temperature più basse e risulta più performante – dice Carissimi –. Al momento siamo ancora in una fase di test in laboratorio». Con l’azienda torinese Grinp, invece, si lavora per tentare di eliminare, attraverso l’uso di tecnologia al plasma e ultrasuoni, uno dei processi più dannosi in fase industriale: la mercificazione del cotone che richiede l’uso di soda caustica e acqua per dare al cotone il colore bianco.

«Idee condivise con i clienti»

Il richiamo all’innovazione sostenibile è sempre più forte e il gruppo Albini da anni lavora in questa direzione. «La open innovation non è solo all’interno, ma deve essere aperta alla condivisione di nuove idee che si sviluppano fuori in condivisione con clienti, università e start up – dichiara il presidente del Cotonificio, Stefano Albini –. Cerchiamo di far incontrare il team sostenibilità con i designer e il team sales nell’ottica di unire gli intenti e trasmettere la validità dei nostri tessuti».

Lo spirito di Albini_next lo si vede dal team giovane ed eterogeneo. Al momento lavorano nella squadra sette persone: un biotecnologo, un ingegnere chimico e uno tessile e gestionale, a cui si aggiungono due collaboratori (un designer e un agronomo) e due Phd (biotecnologie e ingegneria gestionale). L’incontro con il giusto candidato non è scontato, confessa Carissimi: «Al momento il team è al completo, ma in futuro serviranno nuove risorse». Albini Group - che conta oltre mille dipendenti - ha chiuso il 2023 con un fatturato consolidato intorno ai 175 milioni, in sostanziale tenuta rispetto al 2022.

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