Bayer, mercoledì sciopero di 4 ore contro la chiusura di Filago. A rischio 46 dipendenti

Il sito bergamasco, dedicato alla produzione di agrofarmaci (da qualche tempo spostata sul confezionamento dei prodotti), occupa 62 dipendenti: sono 46 gli operai che rischiano il licenziamento, mentre i restanti 16 impiegati continueranno a gestire l’attività di logistica per altri stabilimenti europei del gruppo tedesco.

Quattro ore di sciopero in Italia con presidio davanti alla sede della Bayer di viale Certosa a Milano contro la chiusura dell’impianto di Filago (Bergamo), dove rischiano il posto 46 dipendenti delle attività produttive dell’azienda. Il sito bergamasco, dedicato alla produzione di agrofarmaci (da qualche tempo spostata sul confezionamento dei prodotti), occupa 62 dipendenti: sono 46 gli operai che rischiano il licenziamento, mentre i restanti 16 impiegati continueranno a gestire l’attività di logistica per altri stabilimenti europei del gruppo tedesco.

La protesta è stata organizzata dai sindacati, si legge in una nota della Uil della Lombardia, a seguito della «ennesima scelta scellerata di deindustrializzazione del nostro territorio, quello lombardo, che da un paio di mesi sta assistendo alla chiusura e delocalizzazione delle produzioni di diversi settori».

«Lo stabilimento di Filago per Bayer è un sito storico afferma il Sindacato - dedicato da decenni alla produzione di importanti agrofarmaci, che impiega attualmente 62 dipendenti, di cui 46 nelle attività produttive», a cui si aggiungono all’occorrenza «decine di lavoratori stagionali». «Il legame con il territorio è sempre stato forte - prosegue la Uil - e Bayer ha ben rappresentato l’idea di azienda solida e duratura, ma oggi non è più̀ così». «Questa improvvisa chiusura - sottolinea l’organizzazione sindacale - genera drammatiche conseguenze su tutti questi lavoratori e sulle loro famiglie, ma soprattutto abdica al ruolo fondamentale dell’impresa come portatrice di sviluppo, di valore, di responsabilità sociale, di futuro per migliaia di giovani».

«La chiusura di un sito - conclude la Uil - non può̀ essere derubricata a riposizionamento di un business. È un dramma sociale, al quale sindacalmente ci opponiamo. Le rappresentanze sindacali hanno chiesto all’azienda, nell’ultimo incontro, di rivedere questa drastica decisione, ma a fronte della risposta negativa, il coordinamento sindacale del gruppo dichiara lo stato di agitazione».

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