«Caro gas, le nostre aziende rischiano di chiudere. Serve un tetto al prezzo»

L’allarme. Ricuperati (Confindustria): «Lockdown energetico, il governo Draghi intervenga». Agnelli (Confimi): «Siamo oltre l’emergenza».

«L’impennata dei costi dell’energia è un’emergenza nazionale, così come lo è stato il Covid. La sola differenza è che allora tutto il mondo era nella stessa condizione, ora invece il problema è a macchia di leopardo. È una situazione gravissima per le aziende, molte delle quali già hanno iniziato percorsi di chiusura a singhiozzo andando alla ricerca dei momenti in cui l’energia costa meno, ma anche così non è sostenibile pagare oltre 300 euro al MWh». Per Giovanna Ricuperati, presidente di Confindustria Bergamo, i prossimi mesi saranno drammatici per le nostre imprese se non si correrà subito ai ripari.

«Ricevo ogni giorno messaggi di fortissima preoccupazione dagli imprenditori, che confermano che il prezzo del gas rende le aziende energivore non più competitive rispetto ai concorrenti cinesi o americani, che non subiscono i nostri aumenti - fa presente Ricuperati -. Per molte di loro, con il metano a questi livelli, non rimane alternativa che chiudere. Come se non bastasse, le aziende fornitrici di energia non sono disponibili a firmare ora i contratti di fornitura 2023, visto il clima di assoluta incertezza, e questo rende impossibile fare previsioni e budget».

«Non possiamo aspettare che sia operativo il prossimo governo, perché con le elezioni di mezzo non sarà operativo prima di un paio di mesi. Sessanta giorni sono troppi per la sopravvivenza di molte imprese: dev’essere il governo Draghi a farsi carico di questa emergenza impegnandosi fino all’ultimo giorno»

Che la situazione sia sempre più grave lo testimoniano gli ultimi dati Inps: a livello nazionale da gennaio a luglio le ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria sono salite del 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. «È sostanzialmente un lockdown energetico», commenta Ricuperati, che rilancia le richieste già presentate al governo dal presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi: «Tetto al prezzo del gas, che se non viene fatto a livello europeo deve essere fatto a livello nazionale; sganciare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas; sospensione temporanea dei certificati Ets e una quota di rinnovabili a prezzo amministrato per l’industria manifatturiera. Ma non possiamo aspettare che sia operativo il prossimo governo, perché con le elezioni di mezzo non sarà operativo prima di un paio di mesi. Sessanta giorni sono troppi per la sopravvivenza di molte imprese: dev’essere il governo Draghi a farsi carico di questa emergenza impegnandosi fino all’ultimo giorno».

«Siamo oltre l’emergenza - tuona anche Paolo Agnelli, presidente di Confimi Apindustria -. Ma non vogliamo abituarci, preparandoci all’idea dei razionamenti. La manifattura, così come tutta l’economia italiana, è al baratro: lo dimostra il crescente e repentino ricorso alla cassa integrazione». Questa settimana le imprese stanno riaprendo dopo la pausa agostana, ma ci sarà chi, a conti fatti, preferirà prolungare la chiusura perché non ci sono alternative. «I dipendenti vanno pagati - sottolinea Agnelli -. Le bollette pure, altrimenti luce e gas vengono tagliati, né si può aspettare a pagare i materiali, perché non arriverebbero più le materie prime dai fornitori. Sta di fatto, però, che dal 2021 a oggi il gas è aumentato di 20 volte, l’energia elettrica di 8 volte. Aziende come la mia pagheranno 20 milioni di euro di rincari energetici. Alle imprese servono mutui con garanzia di Stato».

Impensabile scaricare i maggiori costi sul prodotto finito. «Il governo si decida a introdurre un prezzo amministrato del gas facendosi carico della maggior parte degli aumenti dell’ultimo anno - sollecita Agnelli -. E poi si modifichino le regole di ingaggio per le società che distribuiscono energia facendo utili stratosferici a danno delle imprese e delle famiglie italiane».

«Ci sono 145 miliardi di metri cubi di giacimenti di gas sotto il Mar Adriatico e la Sicilia, ma stiamo ancora aspettando che la burocrazia ci permetta di sfruttarli»

Non si tratta di arginare il «caro bollette», «qui si tratta di rimborsare i danni di guerra - continua il presidente di Confimi -. Così come abbiamo aiutato l’Ucraina e stiamo pensando alla sua ricostruzione, va considerata anche la ricostruzione del nostro tessuto industriale, che altrimenti rischia di sfasciarsi. E la politica deve agire immediatamente, non solo fare promesse elettorali: per una volta capiremo prima, dalle azioni concrete, chi dobbiamo votare il 25 settembre».

Per Agnelli «stiamo subendo un attacco finanziario speculativo da parte di Stati ostili che hanno tutto l’interesse a far del male all’Europa. Che non viaggia compatta, perché Spagna, Portogallo e Francia hanno messo il tetto amministrato al prezzo dell’energia, la Polonia va avanti a usare il carbone e così le imprese di quei Paesi fanno concorrenza a quelle italiane grazie ai costi inferiori. Ci sono 145 miliardi di metri cubi di giacimenti di gas sotto il Mar Adriatico e la Sicilia, ma stiamo ancora aspettando che la burocrazia ci permetta di sfruttarli. Ci sono Stati che hanno avuto politiche più accorte sull’energia. Noi lo diciamo dal 2014, ma il nostro grido d’allarme finora è rimasto inascoltato».

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