Dagli scarti dell’olio un nylon total bio, «prima» mondiale per RadiciGroup

Tre anni di ricerca e 6,2 milioni di investimento per la messa a punto del materiale. Alini, ceo Radici InNova: progetto alla frontiera della scienza ma in linea con i target di sostenibilità.

Un nylon total bio partendo (anche) dall’olio per il fish & chips. Obiettivo raggiunto, dopo tre anni di ricerca e sperimentazioni, da RadiciGroup, multinazionale orobica leader nei business della chimica, dei tecnopolimeri, delle fibre e dei non tessuti, con il progetto «Ulisse». Alla base un investimento di circa 6,2 milioni, 1,7 milioni dei quali garantiti dalla Regione Piemonte in forza del fatto che il centro di sviluppo del progetto «Ulisse» è lo stabilimento Radici Chimica di Novara che realizza i materiali base per la produzione del nylon 66 di tutti gli stabilimenti del gruppo. «Siamo un po’ alla frontiera della scienza - spiega Stefano Alini, ceo di Radici InNova - ma le intuizioni avute tre anni fa si sono rivelate giuste e i risulti raggiunti dal progetto Ulisse pongono il Gruppo, in linea con i target europei per lo sviluppo di un’attività economica a basse emissioni e di un’economia circolare». L’innovazione principale, vera «prima» mondiale, è la messa a punto del processo di produzione di acido adipico, ottenuto da materie prime rinnovabili, tra cui oli di scarto e sottoprodotti dell’industria olearia. Un prodotto quindi totalmente bio creando così da zero una tecnologia alternativa a un processo la cui chimica è immutata dagli anni ’30. Per ora ne sono state prodotte 5 tonnellate grazie anche al supporto di Rynetech Bio, l’azienda americana con una vasta esperienza nel campo delle biotecnologie industriali partner del viaggio «oltre le frontiere della scienza».

«Le biotecnologie non sono una novità - sottolinea Alini -. In campo farmaceutico sono realtà da anni e garantiscono ampi margini di guadagno, ma il loro impiego si sta estendendo ad altri settori, da qui scelta di investire in questo progetto di frontiera che conferma il grande impegno per la ricerca scientifica da parte di RadiciGroup, fortemente sostenuto dagli azionisti del Gruppo». La prossima sfida sarà arrivare al processo di industrializzazione vero e proprio, concretizzando così la possibilità di realizzare un capo moda a partire dall’olio di scarto. «Ci vorrà ancora qualche anno - precisa il numero uno di Radici InNova - per rendere economicamente vantaggiosa questa produzione, l’acido adipico è una commodity oggi venduta sui mercati a 1,5 euro al kg, essere competitivi con valori così bassi non è facile». Una sfida nella sfida, ma l’alleato potrebbe essere il mercato che spinge sempre più i consumi verso materiali con l’anima green.

Prima tappa del progetto Ulisse ha visto la progettazione e costruzione, nello stabilimento di Novara, di una linea di polimerizzazione per avviare l’industrializzazione di una gamma innovativa di poliammidi (nylon) a base bio e ad elevate prestazioni. «In questo modo si è realizzato un sistema su scala semi-industriale, e quindi versatile, in grado di limitare le quantità di scarto e di rispondere contemporaneamente alle esigenze di più settori, tra cui moda, automotive, tessile, contract, industrial, elettrico ed elettronico». Tramite questa linea produttiva, si è arrivati poi alla produzione di poliammidi parzialmente o totalmente biobased, cioè ottenute in modo parziale o totale da materie prime rinnovabili, e poliammidi speciali (ad elevate prestazioni).

Alla fine, l’obiettivo da cui era partita la ricerca di «Ulisse»: un materiale con l’anima totalmente green con le stesse caratteristiche e qualità dell’acido adipico tradizionale ottenuto da fonte fossile, che risponde anche ai requisiti dell’economia circolare grazie alla possibilità di riciclo all’infinito.

Grazie ai processi sperimentati all’interno del progetto Ulisse, RadiciGroup sarebbe tra i primi gruppi al mondo a proporre sul mercato una gamma di poliammidi dalle spiccate caratteristiche di sostenibilità e circolarità, con una stima di capacità produttiva della linea di polimerizzazione di circa 4.000 tonnellate all’anno (a fronte di 4 milioni di tonnellate di acido adipico scambiate ogni anno sul mercato delle commodity).

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