Energia: coi consumi raddoppiati, in futuro
«nucleare necessario»

IL SEMINARIO. Per gli esperti, il raddoppio del fabbisogno entro il 2050 porterà a dover considerare tutte le fonti «Rinnovabili non più sufficienti: stop vincoli ideologici».

Il mix energetico italiano a breve non potrà più prescindere dall’energia nucleare. Queste le posizioni su cui concordano i relatori del seminario «Politica energetica nazionale al 2050 - Il nucleare come parte del futuro?», organizzato venerdì 6 giugno dall’Ordine degli Ingegneri della provincia di Bergamo. «La decarbonizzazione è il cuore delle nostre politiche ambientali. Decarbonizzare non significa solo rinunciare alle fonti fossili, ma anche verificare che esista un’alternativa per colmare gli spazi lasciati vuoti: le rinnovabili hanno un ruolo centrale nel nostro mix energetico, ma anche il nucleare potrebbe rivelarsi strategico», esordisce Diego Finazzi, presidente dell’Ordine.

Anche la politica è d’accordo: «Dobbiamo affrontare la questione dell’atomo senza vincoli ideologici. Le fonti rinnovabili restano fondamentali, ma ormai l’utilizzo del nucleare è ineludibile», dichiara Ferruccio Rota, Assessori ai lavori pubblici e alle reti del Comune di Bergamo. Gli fa eco Giorgio Gori, vicepresidente della Commissione Itre del Parlamento Europeo: «l’Ue è agnostica sul nucleare: ci sono Paesi che hanno degli impianti attivi, altri che ne stanno costruendo di nuovi, e altri ancora che li hanno messi al bando. Delle posizioni così eterogenee rendono impossibile promuovere l’energia nucleare - che pure è pulita e a zero emissioni - al pari di quanto facciamo con il solare e l’eolico».

La riduzione dei costi

Il nucleare, però, porta con sé dei chiari vantaggi. Il più concreto è la riduzione dei costi dell’energia: le bollette delle aziende francesi sono inferiori dell’87% rispetto alle nostre proprio grazie all’elettricità prodotta dalle centrali atomiche. Poi c’è la questione ecologica:

per Gori, «il concorrente principale del nucleare non sono le rinnovabili, ma i combustibili fossili. Viviamo in un mondo in cui gli approvvigionamenti energetici sono instabili: la guerra in Ucraina ce lo ha dimostrato. Abbiamo obiettivi ambientali ambiziosi, mentre le soluzioni per sgonfiare i prezzi, come i contratti di acquisto a lungo termine, non funzionano: dobbiamo pensare attentamente all’integrazione del nucleare nel nostro mix energetico». I numeri riportati nel corso del convegno da Marco Spolti, Presidente della Commissione Energia e Impianti dell’Ordine Ingegneri della Provincia di Bergamo, sembrano confermare le posizioni politiche: «Oggi, il consumo di energia in Italia è pari a 312 TWh annui. Nel 2050, supereremo i 600 TWh annui», riporta l’ingegnere, che continua: «Attualmente, le fonti rinnovabili coprono poco più del 40% del nostro fabbisogno. Le prospettive di incremento

per il fotovoltaico e per l’eolico sono buone, ma il geotermico e l’idroelettrico continuano a ristagnare. Vogliamo arrivare al 2050 con una produzione di energia raddoppiata, per giunta tagliando i combustibili fossili. Senza il nucleare sarebbe impossibile farlo, soprattutto se aggiungiamo all’equazione l’incognita dei data center per l’Ia: solo quello di Aruba a Ponte San Pietro funziona grazie a cinque centrali idroelettriche e a un’ampia copertura fotovoltaica».

I reattori di nuova generazione

Ma l’integrazione dell’energia nucleare nel nostro mix energetico deve essere portata avanti con cautela. «Il rischio è che sposti l’attenzione del pubblico verso temi diversi dalla transizione energetica, mettendo da parte le fonti rinnovabili», ricorda Gianfranco Benzoni,

presidente della Commissione energia e impianti dell’Ordine degli Ingegneri. «Tocca a noi scegliere il sistema energetico del futuro. E ciascuno porta con sé un mondo diverso. Oggi si parla molto di reattori di nuova generazione, modulari e così piccoli da poter entrare nelle aziende. Ma dobbiamo chiederci di chi sarà il compito di controllare questi impianti. La gestione delle centrali del passato era dello Stato; per i micro-reattori invece sembra che passerà alle imprese. Dei privati dovranno garantire la manutenzione e la sicurezza dei sistemi, lo smaltimento delle scorie, la protezioni da minacce terroristiche e lo smantellamento degli impianti a fine vita. Non è impossibile farlo - conclude Benzoni - ma richiede un sistema industriale iper-sicuro e iper-protetto, che richiede dei pesanti compromessi anche dal punto di vista sociale».

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