Export, Russia giù ma Bergamo si rifà con i Paesi ex Urss

L’ANALISI . C’è una crescita «anomala» verso otto Stati In Kazakistan esportazioni orobiche raddoppiate. «Si sospetta l’elusione delle sanzioni verso la Russia».

D’accordo che il made in Italy è apprezzato in tutto il mondo, ma il recente boom di esportazioni di prodotti nostrani verso alcuni Paesi che orbitano intorno all’ex Unione Sovietica è quantomeno sospetto. L’ipotesi è che si possa trattare di un modo per eludere le sanzioni verso la Russia, scattate dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il fenomeno di un’impennata dell’export verso Paesi filorussi è sia nazionale - l’Italia ha registrato una crescita dell’82% - sia regionale, con le vendite di merci lombarde che hanno segnato un più 77%.

Il raffronto, oggetto di un’analisi della Camera di commercio di Bergamo, riguarda i primi sei mesi del 2021 e lo stesso periodo di quest’anno. E anche Bergamo vede aumentare le esportazioni verso otto Paesi in particolare: Armenia, Azerbaijan, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Un flusso che ha fatto lievitare il commercio verso questi territori del 67%, portando nelle casse delle aziende della nostra provincia coinvolte negli scambi commerciali 25 milioni. Di contro, le esportazioni bergamasche verso la Russia, che nel primo semestre 2023 ammontavano a 56 milioni, mostrano un calo del 24% rispetto al periodo gennaio-giugno 2022 e di un pesante 50% rispetto agli stessi mesi del 2021. L’effetto sanzioni si è fatto sentire soprattutto sui macchinari, che costituiscono circa un terzo del totale esportato, e che hanno subìto una flessione del 76%.

Boom di caffè e pasta

A intercettare il maggior flusso di prodotti realizzati nella nostra provincia è il Kazakistan, con un raddoppio delle esportazioni bergamasche, passate dai 14 milioni del primo semestre 2021 ai 30 milioni del primi sei mesi del 2023. Bergamo è così diventata la seconda provincia esportatrice italiana verso questo Paese dopo Milano, guadagnando una posizione rispetto al 2021. Le merci più gettonate sono i metalli di base e i prodotti in metallo (più 940%), che rappresentano oltre la metà dell’export verso questo Paese, e prodotti alimentari come zucchero, tè, caffè, pasta, piatti pronti e omogenizzati, passati da un valore dell’export di soli 6 mila euro a oltre 4 milioni. Per quanto i prodotti destinati al consumo - nella fattispecie quelli alimentari - non siano soggetti a restrizioni per non danneggiare la popolazione russa.

Rispetto all’Uzbekistan, Bergamo conserva il quarto posto tra le province italiane dopo Udine, Milano e Firenze, ma i valori sono cresciuti del 35%, superando la soglia dei 10 milioni. Per quanto riguarda la Georgia, a contribuire maggiormente all’aumento del 97% sono stati i macchinari e apparecchi (più 42%), i metalli di base e prodotti in metallo (più 139%), le sostanze e i prodotti chimici (più 114%) e gli articoli in gomma e materie plastiche (più 281%). In Armenia il valore dei macchinari esportati è sette volte quello precedente, mentre sostanze e prodotti chimici sono triplicati.

Le esportazioni bergamasche verso i Paesi filorussi non hanno completamente sostituito i flussi venuti meno verso la Russia, ma ne hanno comunque coperto circa la metà. E secondo il presidente della Camera di commercio, Carlo Mazzoleni, «pesa l’interrogativo se tale fenomeno rappresenti di fatto e almeno in parte una forma di elusione delle sanzioni». Per quanto l’Unione europea abbia implementato alcuni strumenti per arginare l’elusione delle sanzioni e Paesi come il Kazakistan si siano recentemente impegnati a vietare il successivo transito in Russia delle merci europee importate.

Bene medicale e tessile

Ora la Russia per Bergamo rappresenta solo una quota dello 0,5% delle esportazioni provinciali e in tre anni il nostro territorio è passato dall’ottavo al dodicesimo posto della classifica italiana, con una quota del 2% sul totale nazionale. Oltre all’importante calo dell’export di macchinari, variazioni meno significative hanno toccato i prodotti chimici (meno 1%), i metalli di base e prodotti in metallo (meno 6%) e gli articoli in gomma (meno 4%). A compensare parzialmente queste diminuzioni hanno contribuito gli strumenti per l’irradiazione, apparecchiature elettromedicali ed elettroterapeutiche e tessile e abbigliamento.

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