La nuova frontiera dello smart working: in Abb è illimitato

LAVORO AGILE. Possibilità riservata agli impiegati. L’azienda fornisce Pc, telefono e sedia ergonomica.

Quando lo smart working funziona (e non è così scontato). Oggi in Abb, che in Italia conta 5.357 addetti, il lavoro agile è «free», ovvero a discrezione del lavoratore, previa approvazione del proprio responsabile (line manager), ma, in generale, la politica aziendale è quella di concederlo. E Abb, che nella nostra provincia è presente con una sede a Bergamo (circa 400 dipendenti) e una a Dalmine (883 dipendenti, di cui 640 impiegati e 243 operai), è stata pioniera nell’introdurre lo smart working come modalità alternativa di lavoro. Una piccola rivoluzione, perché, come afferma Francesca Gervasoni, Hr manager di Abb Dalmine, lo smart working «è un viaggio, una trasformazione culturale».

Correva l’anno 2014 quando, con una giornata di sperimentazione, Abb ha dato il via al lavoro agile: gli impiegati che lo desideravano potevano svolgere la propria attività da casa. L’adesione tra i colletti bianchi era stata del 28%, con un apprezzamento molto alto e il 99% delle persone coinvolte che voleva ripetere l’esperienza. Nel 2015 arriva il debutto vero e proprio: 25 giorni all’anno di smart working su base volontaria, con un massimo di quattro giorni al mese, sempre da concordare con il proprio manager di riferimento.

Finché poi, nel 2020, è esplosa la pandemìa, «lo smart working è diventato illimitato e per fortuna eravamo pronti», spiega Gervasoni. Che snocciola i dati più recenti: «Nello stabilimento di Dalmine, dove si producono quadri e interruttori di media tensione per uso industriale, aderisce il 47% dei white collar, perché ci sono funzioni che, pur essendo impiegatizie, sono strettamente collegate alla produzione e quindi poco compatibili con il lavoro da casa, mentre a Bergamo, dove lavorano solo impiegati (è il sito di Frosinone il riferimento per la produzione, ndr), l’adesione è di gran lunga superiore». La media è di nove giorni al mese a Dalmine e 10 a Bergamo, contro i 12 giorni di media mensile nelle sedi di Abb Italia.

Oltre alla firma di un accordo individuale, il lavoratore - con contratto a tempo indeterminato o determinato - ha la possibilità di effettuare una sorta di corso di formazione (training). In caso lo smart working sia la normalità e superi i 75 giorni l’anno, il dipendente ha diritto - oltre al Pc e al telefono aziendali - anche all’acquisto, sovvenzionato dall’azienda fino a un massimo di 300 euro l’anno - di accessori come monitor di dimensioni maggiori di quello di un computer portatile e una sedia ergonomica. Abb, quando si lavora da casa, non riconosce il buono pasto e il lavoro straordinario.

«Ogni tre mesi - aggiunge Gervasoni - per i lavoratori della sede di Dalmine organizziamo una call di aggiornamento sull’andamento aziendale e, tra chi usufruisce dello smart working, una delle domande più frequenti è se l’azienda ha intenzione di proseguire con questa modalità di lavoro oppure no. Ma ormai è otto anni che lo abbiamo introdotto: perché dovremmo mettere dei vincoli a qualcosa che sta andando bene? La gestione è consolidata». E soprattutto «non si sono verificati cali di produttività». In più lo smart working è diventato un elemento di competitività per l’azienda nell’attrarre giovani neolaureati: «È la prima domanda che ci fanno i candidati durante il colloquio di lavoro».

È vero che ciò che può mancare in caso di smart working assiduo è il senso di appartenenza: «Dopo la pandemìa è stato difficile riportare le persone in ufficio: la sfida è stata ricreare lo spirito di squadra che si era smarrito durante l’emergenza sanitaria». Abb ha comunque scelto di proseguire lungo la strada intrapresa, nonostante ormai la maggior parte delle aziende stia tornando al lavoro in presenza, abbandonando o limitando lo smart working.

Ma c’è un lato negativo nel lavorare da casa? Secondo Gervasoni «c’è un aumento di stress legato alla difficoltà alla disconnessione». Un conto è stare in ufficio, dove il ritmo lavorativo è spezzato, ad esempio, dalla mensa, piuttosto che da uno scambio di battute con i colleghi o dalla pausa caffè, mentre tra le mura domestiche la giornata scorre più monotonamente. Certo è che il lavoro agile in Abb è apprezzato trasversalmente da uomini - la stragrande maggioranza dei dipendenti - e donne. E la casa madre è ben felice di incoraggiare politiche di conciliazione tra tempi di lavoro e di vita.

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